Fora Italia in rivolta tutti in piazza di Massimo Gramellini

Dopo il discorso di Berlusconi in tv, appelli a Scalfaro mentre si prepara il maxicorteo romano Dopo il discorso di Berlusconi in tv, appelli a Scalfaro mentre si prepara il maxicorteo romano Iona Italia in rivolta: tuffi in piazza Manifestazioni e fiaccolate contro i «traditur» leghisti ROMA. Italoforzuti, in marcia! Su Roma, da domani, ma prima un po' dappertutto, "in difesa della Primavera liberale" come dice il Capo, anche se adesso è inverno e farà un freddo stalinista stanotte, sulle piazze di Milano e di Torino incendiate a giorno dalle fiaccolate di Alessandro Meluzzi & Gianni Pilo, tribuni della plebe con partita Iva. Sale alto l'urlo di dolore della «gens Silvia» contro i leghisti «traditur» e i «comunisti!» di sempre, mentre in tutte le città si preparano cortei, appelli a Scalfaro e soprattutto le prossime, inesorabili elezioni. In omaggio al federalismo del (neo)nemico, l'arrabbiatura dei Berlusconici si modula secondo copioni rigorosamente regionali. Profondo Piemonte: il popolo berlusconiano è in fermento. Le discussioni sul gol-fantasma che ha azzoppato la Juve muoiono in gola col primo caffè. Si attacca subito a parlare del Bossi, come racconta il deputato Roberto Rosso, giovane colonnello italoforzuto, dopo una mattina fra i bar di Trino Vercellese: «No, non lo chiamano Giuda, troppo barocco. Preferiscono «crin», maiale. Seguito da "traditur", un classico». Qualche avventore annuncia che si metterà in ferie per marciare su Roma in pullman, domani. La maggioranza si accontenterebbe di una gita fino alla casa del parlamentare leghista più vicino. «Vogliamo l'indirizzo del senatur Cormegna», chiedono a Rosso. «Tranquilli, ragazzi. E' già con noi. Mi ha telefonato, resterà fedele». Insistono: «Possiamo fidarci?» «Certo. Mi ha detto che si vergognerebbe a girare per la strada. Contenti?». Non si accontentano. «Va bene, ma allora dicci dove abita Percivalle, il deputato di Casale». Il Dottore l'ha ben detto in tv: «Richiamateli ad alta voce, ad uno ad uno». E loro obbediscono, con fantasia. Le strategie d'attacco, nel riassunto di Bosso: 1. presidio della casa con appello accorato alla moglie e ai figli: «Dì a papà che non ci può tradire così»; 2. messaggio personalizzato: «Tu, onorevole, nella vita normale fai l'odontotecnico. Ma se tradisci il Polo, chi ti darà ancora un dente da curare?»; 3. consiglio brusco, "senza infingimenti", direbbe Lui: «Onorevole, fai "l'ombrello" al tuo Bossi, altrimenti quando torni da Roma lo facciamo noi a te». Lombardia. Qui c'è il bersaglio grosso. CoUegio numero uno, Umberto Bossi, l'Iscariota del Varesotto venuto a farsi eleggere nel quartiere più griffato d'Italia. Il popolo di via Montenapoleone reagisce con una catena di Sant'Antonio. L'appello al «Traditur», una vera contro-mozione di sfiducia, passa di guanto in guanto, viene firmato, fotocopiato e riprende il viaggio verso la boutique o il palazzone successivo. Il foglio recita: «Bossi eletto con voti: Forza Italia 27.426 - Lega 14.146». Dietro l'essenzialità del testo si intravede lo stile del poeta dei numeri, un Gianni Pilo mai così in forma. Meglio di lui solo Edoardo Teruzzi, presidente del club di Brugherio. Ha preso quasi in parola l'appello-tv di Berlusconi, che aveva parlato di "fiume di gente che sfilerà in silenzio". Lui invece è andato a piazzarsi, dicono con campanacci e tamburi, sotto la casa del deputato leghista Corrado Peraboni, quel biondino con la faccia mite e le cravatte impossibili che Bossi spediva spesso in tv a mo' di tranquillante quando la Lega era ancora cattiva. Povero Perabùn, fra le brume dell'hinterland si consuma il primo caso di insonnia politica: «Non lo lascerò dormire», sgarbeggia il Teruzzi. «Gli griderò per tutta la notte "ladro di voti". E tornerò, tutte le sere...». Pilo intanto prova a lavorarsi i deputati della Lega: «Mi rispondono che Bossi li ha convinti della bontà del ribaltone, dicendogli che la democrazia è una bici con una ruota progressista e l'altra liberale. Il nuovo governo è il telaio, poi le due ruote diventeranno alternative. Boh. Vedeste quando parlano, che faccia furba che fanno». Il Veneto, no. E' un set permanente di «Signore e Signori»: i tradimenti leghisti e le incavolature berlusconiche si nascondono dietro l'ovatta dei sorrisi e delle «ciacole» quotidiane. Qua e là esplode un fax. Come quello della temibile Oikia di Verona, «organizzazione interregionaleuropea casalinghe indipendenti associate», dove le «kasalinghe» (con la kappa, come da sigla) si scagliano contro Bossi e i bossiani ultrafedeli del luogo, sopravvisuti alla scissione di Rocchetta e guidati da un ex missino, zelante come tutti gli ex. Da Trieste prova ad insidiarli l'italoforzuta Marucci Vascon (Marucci è il nome), che alza il livello del dibattito: «mia nonna mi insegnava che le "regole" son quelle cose che vengono ogni mese alle donne, quindi il "governo delle regogle" sarà un governo mestruale, specie se a guidarlo sarà le signora Pivetti». Tiè. Potrebbero stupirci con ef- fetti speciali e lo fanno. Persino nella solida Liguria. Il "dott. proc leg. Maria Teresa Pallavicino", come da firma in fondo al fax, informa il senatore leghista (e sindaco di Diano Marina) Andrea Guglieri di "stare studiando un'azione civile davanti al tribunale per risarcimento danni, in caso di Suo tradimento di Berlusconi». In marcia adesso, «che siamo tantissimi», lo dice anche l'inno. Con una voglia matta, da parte loro, di scoprire che è vero. Massimo Gramellini