Previti, l'amico amerikano

Previti/ l'amico amerikano Previti/ l'amico amerikano Ostenta calma mentre Silvio traballa DELLA CRISI 1ROMA denti di Previti: piccoli, bianchi, addestrati al combattimento. Promanano bagliori quasi caravaggeschi, sotto le luci delle telecamere, nella penombra polverosa di Palazzo Barberini. Resta solo la speranza che, efficace come sembra, quell'invidiabile dentatura sia il risultato di un lavoretto odontoiatrico fatto per benino. «O Berlusconi o le elezioni»: detto con la testa leggermente rovesciata all'indietro, e un mezzo sorriso più di sicurezza che di buon umore. Anche con la dentiera, comunque, Previti farebbe un po' paura. Troppo calmo, troppo svelto, troppo a suo agio - per essere uno dei «nuovi» - tra i damaschi, gli stucchi, i busti di marmo, i parquet scricchiolanti di quel luogo così carico di memorie. Auguri di buon Natale al circolo ufficiali. Atmosfera un po' democristiana, con tanto di monsignore (l'ordinario militare), e un altro po' spagnolesca. Mezz'ora di incurante ritardo per Previti. Che varca il portone con dinoccolata energia. Colpisce subito l'immoto ciuffo grigio e quello stesso occhialone giovanile (stessa montatura di Fini) che ha spinto il giornalista Alessandro Gilioli, autore di Forza Italia (Arnoldi editore), a trovare una vaga rassomiglianza con «il nonno di Franco Caligano». Rapida prolusione tecnica evidentissimamente preparata dallo staff e letta ad alta voce con il più distaccato automatismo. Militari rassegnati, ormai, a un ministro a metà tempo che dedica senz'altro molta più passione al modo di fregare la Lega che alla costituenda Euroforza terrestre italo-francesespagnola, alle impuntature dei cicidì che all'agenzia europea degli Armamenti. Presenze significative, comunque: l'ideologo di destra Veneziani, l'ex senatore di sinistra Anderlini, il presentatore Rispoli e il consigliere Sessa, già prezioso gioiello della segreteria di Andreotti ora cooptato in quella di Previti. I giornalisti, quelli giunti da Montecitorio come al solito assatanati con la crisi, non gli fanno assaggiare neanche una tartina. Quelli militari, attraverso il decano Gianfranco Simone, gli rivolgono una bizzarra prolusione in cui «la vita di un fante, di un alpino, di un aviere italiano non vale quella di cento slavi». E buone feste a tutti (anche al ministro Martino che qualche problemino con gli sloveni in realtà ce l'ha). A quel punto Previti è costretto a intervenire di nuovo, ma almeno inizialmente senza rendersi conto che la messa a punto non dovrebbe riguardare tanto la questione di un intervento italiano nella ex Jugoslavia, quanto l'infelice rapporto matematico tra vita e nazioni. Quindi aggiusta: «Quello è un parallelo perfetto sulla bocca e nella testa di un giornalista, solo che il ministro non può condividerlo». Ale: accontentato il decano e salvata la cerimonia. E tuttavia, nella sua equanime furberia, quella formulazione lascia anche intuire che al potere - alle sue scappatoie, alle sue ipocrisie - Previti ha cominciato davvero a prenderci gusto. Basta solo confrontare il tono scanzonato con cui, appena qualche mese fa, al Senato si lasciava proclamare «re del calciornercato» (e king-maker di Scognamiglio), con il sussiego, anzi con lo sdegno con cui ieri respingeva la «campagna ac¬ quisti» a danni della Lega: «E' ridicolo svilire a quel livello la dissociazione» eccetera. In compenso, veniva da pensare qualche ora dopo mentre non solo lodava Maroni, ma ne prenotava l'alleanza per il futuro, questo ormai impetuoso trasporto di Previti per la politica, questo suo entusiasmo per una carriera imboccata alla soglia dei 60 anni, ha fatto lievitare in modo direttamente proporzionale sospetti e anche demonizzazioni. Perché, non c'è dubbio, è lui l'uomo che por forza di cose gioca la parte del cattivo nel film berlusconiano, lui perciò il più odiato e temuto per un bel pezzo di paese, quello che secondo accurate ricostruzioni (querelate) negò alla contessina Casati pure il ritratto della mamma morta, quello legato all'industria bellica. Vero è che il personaggio rappresenta quanto di più antropologicamente lontano da culture e valori che in Italia hanno dominato fino all'altro giorno. Ed è forse questo il punto: al di là dei soprannomi, del clima romanesco e delle stesse simpatie nostalgicamente fasciste, Previti è il politico più culturalmente «americano» che c'è oggi sulla piazza: disinvolto avvocato di successo, divorziato, una bella moglie, sportivo, un mondo di spogliatoi e bagni turchi, studi in pelle e armadi elettronici, Jaguar e nave d'epoca, felice di manifestare la sua propria opulenza, amico del cuore del Capo. Uno che sembra uscito da un romanzo di Scott Turow, con l'onesta riserva che non tutti i romanzieri potrebbero immaginare una piscina che profuma di champagne e un allevamento di aragoste (la cosa ieri ha di molto colpito Rauti e Buontempo, rappresentanti dell'ala sociale del msi) nei seminterrato. Collezionista di soldatini, anche: ma qui l'atmosfera ci riporta a Roma, all'analoga passione di Evangelisti e Ciarrapico. Bene, da ministro della Difesa, sempre ieri, ha visitato l'umidissimo Vittoriano, dove sulle scale c'erano ad accoglierlo tanti soldatini veri con le uniformi della Marina dal Settecento a oggi. Pure l'Altare della Patria, che Previti s'è impegnato a ripristinare come luogo turistico, si prestava nelle sue suggestive oscurità illuminate dalla sponsorizzazione Enel a celebrare la misteriosa virtù della politica. Sembrava la continuazione civile del film di Greenavvay 11 ventre dell'architetto, girato appunto in quei patriottici recessi. Con Previti, solennizzato da un'incalzante brano musicale dei Carmina Burana c'era proprio l'ex ministro Maccanico, che onestamente uno proprio non se l'aspettava lì, con Ccsarone. Così come c'erano assessori e rappresentanti della giunta rossa di Rutelli, con cui il ministro «falco» di Forza Italia ha scherzato a lungo. «Salutatemi Francesco» ha detto alla fine. E' voluto anche salire sul terrazzone da cui si vedeva una Roma enorme e buia. Un colpo di vento, proprio sotto il cavallone di Vittorio Emanuele, gli ha scompigliato per un attimo i capelli. Allora Previti si è coperto con la sciarpa: «Mi fanno male i denti» ha spiegato. Non era, dunque, la dentiera. Filippo Ceccarelli Sembra uscito da un romanzo di Scott Turow «Ricco e gelido» LdA CAMERA Totale 630 [maggioranza 31 ó] LE MAGGIORANZE POSSIBILI SENATO Totale 315 [maggioranza 158' Patto Segni 9 PPI 33 Crist. Soc. 6 All. Dem. 5 SVP 3 Rif. Com. 39 Progres. _ Federativi 167 Forza italia tèga Nord Unione 109 103 di Centro 4 CCD27 All. Naz. 109 Federalisti e L. Pannello 6 Liberal Dem« 20 | Progressisti 213 Centro 46 I Polo delle Libertà 360 Crist. Soc. 7 PPI 33 Patto Segni 4 Lega Nord Fona Italia 37 S8 All. Dem. 7 Rete 6 Rif. Com. 18. Progres. Federativi 74 CCD 12 AN 48 Misto 2 Sinistra Democratica 10 I esclusi i senatori a vita | Progressisti 122 WÉSÈ Centro 31 Polo delle Libertà 154 FM L'«Altare della Patria» A destra: il coordinatore di Forza Italia Cesare

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