Clinton sfiducia Carter

La Casa Bianca: la sua missione di pace è troppo difficile La Casa Bianca: la sua missione di pace è troppo difficile Clinton sfiducia Carter L'ex presidente arriva in Bosnia NEW YORK NÒSTRO SERVIZIO E' cominciata senza la benedizione della Casa Bianca la missione di Jimmy Carter in Bosnia. Ieri, più o meno nello stesso momento in cui l'ex Presidente americano toccava terra a Sarajevo, a Washington Leon Panctta, capo della staff di Bill Clinton, si faceva intervistare dalla Cnn per manifestare tutto il suo scetticismo, e nessuno aveva dubbi sul fatto che parlava a nome di Clinton. «Intendiamoci - ha detto Panetta - se riesce a ottenere dei risultati che Dio lo benedica, ma siamo molto dubbiosi, sia perché i problemi sono molto complicati, sia perché certi atteggiamenti danno luogo a non pochi sospetti». Gli atteggiamenti di cui parla Panetta sono ovviamente quelli di Bodovan Karadzic, il leader dei serbi bosniaci che è proprio colui che ha invitato Carter dopo essersi rifiutato, due settimane fa, di incontrare il segretario generale dell'Onu Boutros Ghali. Formalmente, quindi, la sfiducia di Washington e rivolta a Karadzic e non a Carter, ma è un fatto che nei giorni scorsi si è fatto di tutto per mettere in chiaro che questa volta, contrariamente a quanto avvenne con le iniziative nella Corea del Nord e a Haiti, l'ex Presidente sta agendo da «privato cittadino». L'altro ieri era stato lo stesso Warren Christopher, segretario di Stato, a rivolgere a Carter una specie di ammonimento, esortandolo a non discostarsi dal «piano» per la Bosnia messo a punto dal cosiddetto «gruppo di contatto», composto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Russia. Quel piano prevede la spartizione della Bosnia con il 51% del suo territorio controllato da una federazione di croati e musulmani e il restante 49 destinato ai serbi. Ma questi ultimi 10 hanno respinto perché per loro significherebbe la rinuncia ad almeno un terzo del territorio che in questi quasi tre anni di combattimenti e di «pulizie etniche» hanno conquistato. Al suo arrivo a Sarajevo accompagnato dalla moglie Rosalyn e da due collaboratori, Carter ha subito voluto mostrare il suo rispetto per l'ammonimento di Christopher, facendo un esplicito riferimento a quel piano. «La mia speranza - ha detto - è di contribuire a un allentamento della tensione con la riapertura degli aeroporti, il permesso di circolazione per i convogli dell'Onu e il rilascio del suo personale. Vorrei anche vedere una maggiore attenzione verso i diritti umani, un inizio di liberazione dei prigionieri di guerra e poi, se possibile, un cessateil-fuoco basato sul piano del gruppo di contatto». In pratica sono le stesse cose enunciate da Karadzic quando gli ha pubblicamente rivolto l'invito a recarsi in Bosnia, tranne che per 11 riferimento al piano. Questo vuol dire che il momento cruciale della visita di Carter sarà oggi, quando incontrerà proprio Karadzic nella sua roccaforte di Pale, circa 20 km a Sud di Sarajevo. Prima di arrivare a Sarajevo, Carter ha visto a Zagabria il presidente croato Franjo Tudjman, il primo ministro bosniaco Haris Silajdzic e l'inviato speciale delle Nazioni Unite Yasushi Akashi. Franco Pantarelii L'ex presidente Carter all'arrivo: per lui una difficilissima missione [foto reuteri