Sulla sfiducia è bufera nel Carroccio di Maurizio Tropeano
Le truppe di Bossi sotto pressione. Ma lo stato maggiore fa quadrato: al massimo venti defezioni Le truppe di Bossi sotto pressione. Ma lo stato maggiore fa quadrato: al massimo venti defezioni Sulla sfiducia è bufera nel Carroccio / dissidenti: siamo in 24 al Senato e60 alla Camera ROMA. «Io voterò contro. Ma non sarò il solo. Al nuovo governo ipotizzato da Bossi alla faccia di quanti hanno votato Lega Nord per non consegnare il Paese agli eredi della democrazia cristiana e del partito comunista, si oppongono fermamente ventiquattro senatori, me incluso, e altri sessanta deputati del Carroccio, fra cui fa spicco un uomo concreto e serio come Roberto Maroni». Marcello Staglieno, vice-presidente leghista del Senato, ha scelto le colonne del Tempo per dare i numeri della fronda leghista: sono 84 i parlamentari che si opporrebbero all'apertura verso popolari e, soprattutto, verso il pds. Sì, Staglicno ha deciso di spingere sull'acceleratore del dissenso - ha candidato anche Maroni alla segreteria del Carroccio - ma quanto sono veramente disposti a seguirlo? E' davvero così folta la pattuglia dei «giuda leghisti» come li ha definiti il ministro Francesco Speroni? «Certo, quelli che si interrogano sul futuro della Lega, sulle alleanze sono un numero non trascurabile, ma alla fine quelli che metteranno in crisi la monoliticità della Lega sono ben pochi. Sicuramente non verrà scalfita». Parola di Mario Borghezio, sottosegretario alla Giustizia, è in questo caso persona attendibile visto che è un leghista classificato come «senza preclusioni verso An». Anche Tino Rossi, il parlamentare incaricato di coordinare la presenza leghista nel Sud, fa i conti e spiega: «Oltre a quelli già fuoriusciti, una dozzina, quelli venduti o comprati che ci lasceranno arriveranno al massimo ad una ventina». «Al Senato - gli fa eco Massimo Scaglione - saranno non più di cinque quelli che ci lasceranno». Insomma, la Lega - dai colonnelli ai soldati - fa quadrato intorno a Bossi. Certo esistono i dissensi come quello di Tabladini, presidente dei senatori leghisti che ha annunciato di tornare a fare il «soldato» nel caso di cambio di alleanza; o come quello dello stesso Maroni - «non farò il ministro col pds» ma che però ha giurato: «Sono nato con la Lega, morirò con la Lega». Così Bossi può andare all'attacco: «Siamo un movimento monoblocco: si può discutere al nostro interno, ma la Lega seguirà il suo segretario nel voto di sfiducia al Governo, che è il primo passo per far nascere il governo costituente che arrivi alla fine della legislatura». Già, Bossi ò tornato a intonare di nuovo il ritornello della Lega monolitica. Il senatur è più tranquillo. Nelle ultime ore, infatti, è rientrato quello che poteva esse¬ re l'ostacolo maggiore verso la strada della sfiducia a Berlusconi: il cosiddetto «caso Negri». Da Luigi Negri, deputato ma, soprattuto segretario della potente Lega Lombarda, lo zoccolo duro del Carroccio. Negri nei giorni scorsi aveva espresso più volte il suo dissacordo verso un'apertura a sinistra. Da molti - per prima ne aveva parlato Maria Grazia Siliquini - era stato indicato come il «punto di riferimento» dei dissidenti. Un problema per Bossi, almeno fino a sabato sera. Due giorni fa, infatti, la sede di via Bellerio a Milano è stata il teatro di un vertice notturno segreto a cui hanno partecipato il senatur, Negri, Tino Rossi, Marano e buona parte dello stato maggiore del Carroccio. La conclusione? Uno per tutti, tutti per Bossi: anche Negri. Ecco allora il ritorno alla Lega monolitica. E le ultime «crepe» potrebbero esse¬ re state «stuccate» nella sera di ieri quando Umberto Bossi, il sottosegretario alle Poste Marano e Roberto Maroni si sono incontrati a cena. Difficilmente Maroni potrà accogliere l'invito di Staglieno: raccogliere l'eredità di Bossi. Al vice-presidente del Senato, replica duro incurante dell'annunciata querela, il senatore-ultra bossiano Enzo Boso: «Staglieno pensa di giocare alle tre carte come ai tempi del già ex presidente della Lega, signor Castellazzi, primo espulso della lunga e famigerata lista degli avventurieri. Loro dovrebbero far parte dei retribuiti, oltre stipendio senatoriale, del famigerato assegno in bianco delle cooperative instaurato da Forza Italia e An». E allora? «Allora - dice Boso -, il governo cadrà. Addio Silvio». Maurizio Tropeano
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