Coop lacrime e falsi verbali di Lorenzo Del Boca

A Venezia due funzionane piangono davanti al magistrato A Venezia due funzionane piangono davanti al magistrato Coop, lacrime e falsi verbali Avviso al presidente delle «Ravennati» VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Il sostituto procuratore di Venezia, Carlo Nordio, si schermisce e assicura di non avere la capacità «di ammazzarsi di fatica» come Antonio Di Pietro e, tuttavia, ha già previsto di occupare le ore della domenica per confrontare i dati emersi nel corso dell'interrogatorio di ieri ai dirigenti delle coop arrestati venerdì. Un faccia a faccia difficile e talora drammatico. Quello con il commercialista di Padova Giuseppe Faggin, presidente del collegio sindacale della cooperativa «La Rinascita», è slittato di qualche giorno perché il professionista risulta rinviato a giudizio dallo stesso Nordio per la bancarotta della stessa coop. Invece quello delle due ispettrici Maria Grazia Povoledo e Gabriella Semenzato è durato quasi sei ore. Domande incalzanti; risposte talora imbarazzate e tal altre interrotte dalle lacrime. Due volte, per poter continuare, il cancelliere ha dovuto intervenire con bicchieri d'acqua. Le due donne, con sfumature diverse e diversi riferimenti giuridici, hanno dichiarato di essere in buona fede. Una dice di essere stata una semplice impiegata di ragioneria, l'altra aveva un ruolo più importante ma «da esterna». Eppure gli elementi a disposizione del magistrato sembrerebbero lasciare pochi margini alle ipotesi. Intanto, datato 11 febbraio 1992 e depositato presso l'Ispettorato del lavoro, c'è un verbale firmato dopo una ricognizione alla cooperativa vitivinicola La Rinascita sul suo stato di salute economica. Anzi, per la verità, sulla condizione di malattia irreversibile dell'azienda per la quale, secondo i rilievi contabili, sarebbe stato inutile ogni tentativo per recuperare un minimo di spazio sul mercato. Niente da fare: meglio portare i libri in tribunale e dichiarare fallimento. In realtà, quel documento con una sentenza commerciale senza appello, sarebbe soltanto la versione riveduta e corretta di un'altra stesura molto meno preoccupata e molto più possibilista. Con qualche accorgimento tecnico e utilizzando una serie di finanziamenti la cantina La Rinascita avrebbe potuto continuare a operare nel mondo della vinicoltura. Come è stato cambiato il verbale? E perché? Le modifiche sarebbero state suggerite via fax direttamente da Giuseppe Faggin mentre Maria Grazia Povoledo che era stata incaricata dell'indagine e Gabriella Semenzato sua capufficio avrebbero materialmente trasformato il documento originale. Pare che, in proposito, dubbi ce ne siano pochi. Gli inquirenti avrebbero individuato una copia delle proposte di Faggin che si troverebbero addirittura con la stessa punteggiatura sul verbale riveduto e corretto dove i giudizi negativi circa il futuro della coop sono stati aggiunti nell'interlinea con caratteri di stampa diversi da quelli della prima stesura. Più controversa è la questione sul perché sia stata realizzata quell'operazione di killeraggio economico. La difesa sostiene la legittimità dell'operazione e smentisce secondi fini. L'accusa è di diverso avviso. Secondo l'ipotesi della Procura, il fallimento di quella cooperativa (e, analogamente, di una serie di altre società) era un pretesto per assicurare i finanziamenti al partito comunista prima e al pds poi. Un sistema ingegnoso e, tutto sommato, semplice. Le aziende «rosse» si accaparravano una quantità di contributi statali ed europei (utilizzando i canali della Cce) ma, una volta ottenuti, non li spendevano per realizzare i progetti per cui li avevano chiesti ma abbassavano la serranda dichiarando fallimento. In questo modo i soldi potevano essere dirottati altrove. L'inchiesta sulle coop rosso si allarga, coinvolge i dirigenti, provoca polemiche. A Ravenna la Procura della Repubblica ha iscritto nel registro degli indagati il nome del presidente delle cooperative ra¬ vennati Gilberto Caffari. L'indicazione del reato riguarderebbe le false comunicazioni in bilancio, ma ben altri potrebbero essere gli sbocchi cui può portare l'inchiesta. Che ci fosse un'enorme quantità di denaro a disposizione dei dirigenti coop e che questi avessero la possibilità di gestirlo con qualche libertà sembrerebbe dimostrato dalla valanga di telefonate di cittadini che segnalano irregolarità e manchevolezze. Un numero così alto di chiamate ha mandato in tilt il centralino e i centralinisti: si è dovuto aumentare il numero delle lince a disposizione della Procura e, soprattutto, ha dovuto essere costituita una nuova squadra di persone in grado di rispondere all'apparecchio. Denunce per lo più anonime: qualche volta così generiche da sembrare piuttosto uno sfogo rabbioso, ma in altre circostanze molto dettagliate e precise tanto da lasciar supporre possibili sviluppi giudiziari. Il pds protesta nei confronti di questa «trovata» del numero verde a disposizione dei cittadini. Secondo la Quercia è un'iniziativa scorretta: «Finora era stata utilizzata soltanto a favore dei commercianti per segnalare i casi di racket». Lorenzo Del Boca Il sostituto procuratore di Venezia, Carlo Nordio

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