Il Cireneo che porta il Senatur di Filippo CeccarelliGiuliano Ferrara

Il Cireneo che porta il Senatur Il Cireneo che porta il Senatur «E un pasticcio, per evitarne uno più grosso» ROMA ASSEGNATA fissità nello sguardo del professor Buttiglione, subito dopo l'abbraccio con Bossi, in una Montecitorio così deserta, e sbarrata, che si entra e si esce dal garage. Sabato pomeriggio pre-natalizio l'occhio del filosofo trasmette un che di fatalismo e di obbedienza. A seguirlo nel labirinto dei corridoi vuoti e nella penombra degli ascensori silenziosi, il volto del segretario popolare, oggi, ha perso le caratteristiche che tanto hanno colpito Montanelli. Come dire che stavolta i tratti somatici di Buttiglione non ricordano più quelli «di certi fratacchioni che nella pittura sacra del Rinascimento sono disposti a coro del Santo protagonista per farne meglio risaltare, con la loro goffa carnalità, l'ascesi». Pare sua, piuttosto, l'ascesi, la virtù, il sacrificio. E un po' si capisce. Perché serenamente, cristianamente Buttiglione s'è caricato sulle spalle una croce pesante fabbricata da Bossi. E adesso, con la tipica lentezza del cireneo, il cappottone grigio pesante, l'addetto stampa Guarracino con sigaraccio da duro al fianco, s'inerpica per le scale di via della Missione con questa soluzione del polo liberal-democratico e cristiano, che ci vogliono proprio due belle spalle per trascinarla in giro. Faccia di circostanza, perciò, a metà rampa: forse saltano le vacanze di Natale, «volevo andarmene a Venezia», sospiri, sorrisi tristi. Poi la sostanza, riferita secondo i più tradizionali canoni democristiani della sdrammatizzazione («governo di tregua») e della vaghezza (una maggioranza così «ampia» che non si capisce tanto bene chi ne può far parte) fino alla doppia negazione positiva sul nome del possibile presidente, Cossiga, nome che «non formulo, ma non vedrei negativamente». Due ore e più a colloquio con D'Alema e Bossi: sarà la terza vol¬ ta, per Buttiglione, negli ultimi cinque giorni. Con un minimo di malizia d'archivio viene da chiedersi se in qualche incontro il filosofo e il senatur avranno trovato due minuti per aggiustare la querela che Buttiglione deve avergli affibbiato («Lo querelo, giuro che lo querelo») quando Bossi - era appena l'estate - disse che il suo attuale alleato di polo si trovava «sul libro-paga di Berlusconi». Con D'Alema, dopotutto, il ricordo era più allegro, solare e vacanziero, da tavolata a Gallipoli: «D'Alema e Buttiglione - recita una poesia di Benni - s'incontrano a pranzo/ per fare il partitone/ dell'opposizione/ e han già trovato il simbolo:/ un gamberone». Il punto, se il poeta (e il filosofo) lo permettono, è che dopo la riunione di ieri non si tratta più solo di opposizione. Almeno in teoria, la riunione ha posto le basi per un'alleanza e magari anche per una maggioranza alternativa. Lo si comincia a intuire, certo, dal volto di Buttiglione, ma anche dal convulso agitarsi di tanti ex, post, trans, pseudo e extra democristiani di ritorno che accompagnano e studiano le sue mosse. Dettagli, segnalini, esercitazioni di decrittazione scudocrociata. Il cicidì Pierferdinando Casini, per dire, che viene in sala stampa, fa la sua precisa dichiarazione, ma poi, appena finito, chiede ai giornalisti: «Che ha detto Buttiglione?». Oppure il riemergere ottimista di un Gargani, la cautela di un Formigoni, l'insolita mansuetudine della Rosy Bindi, la stringatissima dichiarazione, quasi un messaggio in codice, di Sanza, altro ritorno d'eccellenza, che ha accompagnato il suo segretario a cena da Berlusconi e che all'uscita ha voluto comunicare alla stampa: «I maccheroni erano buoni». E an che qui, forse, soccorre l'antica tecnica democristiana di dire quel che sembra il contrario. Per cui non erano mica tanto buoni, i maccheroni di Berlusconi. Oppu re erano buoni solo i maccheroni, ma non era buono ciò che il presidente del Consiglio aveva da offrire al ppi. E così, contro i propositi espressi ingenuamente a Tajani sotto i rincuori di Strìscia la notizia («Al Nord venite con noi, cosi contrastiamo la Lega... Al centro facciamo dei movimenti di liberazione (contro il pds, nilr)... Aspettiamo che An si ripulisca e poi la richiamiamo»), i suoi spazi Buttiglione se l'è invece andati a cercare con la Lega e il pds. Non è che sia la cosa più semplice da spiegare: anche per chi, recentemente, ha concluso che «Dio ama così tanto l'Italia che, in fondo, pure un fenomeno negativo come il comunismo ha dato qui frutti buoni». Però forse valeva la pena, e in ultima analisi non rimanevano molte altre strade. Anche questo lo si capisce quando, per raggiungere l'auto grigia (posteggiata in un modo e in un luogo che non aiutano esattamente a fluidificare il traffico nel centro storico della capitale ah, le belle abitudini della Prima Repubblica), il segretario-filosofo si trova come immerso, sia pure all'aperto, in un popolatissimo segmento di shopping da sabato pomeriggio prima di Natale. Via Uffici del Vicario, dunque, con vetrine, pacchi e pacchetti, sciami di consumatori elettrizzati, suonatori ambulanti e zingarella insistente, ma quasi del tutto ignorata dal crocchio politico-giornalistico. I passanti notano subito il professore. Uno, piuttosto sbrigativo, gli grida: «Berlusconi no! Eh?». E prosegue. Lui tace, forse neanche se ne accorge. Un altro, un signore del Nord in loden verde, si ferma e cortesemente gli pone la questione delle questioni: «Perché vuole i comunisti al governo?». Buttiglione, con molta civiltà e pazienza, spiega che no, non è proprio così. «E adesso gli spiego perché». Si capisce che noi contatto con la gente mette molta più energia e risulta molto piti convincente che con i giornalisti. Forse - notazione scettica perché ci sono i giornalisti che l'osservano, l'orse perché lo sente davvero, questo contatto. «Ma io appartengo al popolo» fa il signore anticomunista de) loden. «No lo interrompe deciso Buttiglione lei non appartiene; al popolo. Lei appartiene al popolo di destra». E fatta questa premessa, continua a spiegare: «Vede, noi adesso ci troviamo in un pasticcio. Ma se noi non ci diamo da l'are qui ci sono buone possibilità di trovarsi in un altro pasticcio, e stavolta di sinistra. Perché, caro signore, se le cose si mettono male noi siamo costretti non tanto ad allearci in Parlamento con il pds, ma a presentarci addirittura insieme alle elezioni. E sulla base di sondaggi continua pacato - vincerebbe il centrosinistra». «Vabbò, vabbò» gli mette fretta l'addetto stampa Guarracino, col sigaraccio d'ordinanza e la portiera dell'automobile aperta. Ma c'è una signora che quasi l'abbraccia: «Io, sa, ho votalo de fin da 1948...». Canta, carduccianamente, Gaio Fratini: «Buttiglione, o vulgo sciocco/ un pitocco non e già/ ma un fatidico tarocco/ che prevede solo il crac' d'un palazzo in sabbia e gesso/ governato da se stesso./ Quando è tempo di scirocchi/ Buttiglione mette fiocchi/ rossi sul grembiule nero/ del suo invalido pensiero». Filippo Ceccarelli Persino i tratti di Buttiglione sembrano cambiare sotto il nuovo peso Dopo l'accordo, il leader dei popolari sdrammatizza con toni fatalistici «Forse dovrò saltare le vacanze di Natale» Sopra: Francesco Cossiga A destra: Massimo DAIema e Rocco Buttiglione In alto: Silvio Berlusconi con Giuliano Ferrara

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