Mitterrand maestro cos'è la morte di Enrico Benedetto

Liberation ha svelato il dialogo segreto tra lo statista ammalato e il filosofo Jean Guitton Liberation ha svelato il dialogo segreto tra lo statista ammalato e il filosofo Jean Guitton Mitterrand: maestro, cos'è la morte? Il presidente ha parlato per un'ora con il vecchio amico IJ Dall'Eliseo una smentita: conto di vivere più di sei mesi PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Fra sei mesi non sarò più di questo mondo: lo dicono i medici» confidò Frangois Mitterrand il 17 novembre. Parola di Jean Guitton, massimo filosofo cattolico, allievo di Bergson. «Mai detto. E . comunque non prevedo una fine così rapida. In maggio sarò ancora al mio posto» scandiva ieri da Aix-en-Provence lo stesso Mitterrand, alle prese con Silvio Berlusconi, Bernard Tapie e... il calendario del suo Ultimo Viaggio. A chi credere, tra i due Mitterrand? Dilemma surreale. «A entrambi» verrebbe da rispondere. La «doppia verità» non è certo costume dinnanzi a cui il leader francese inorridisca. L'Umana (talora inconfessabile) e la Politica. Uno sfogo con Guitton può concedersi il lusso della sincerità. Ma lo Stato conosce altre ragioni, la Borsa pure, la campagna presidenziale anche. Mitterrand lo sa. E non bisogna volergliene. In definitiva è la prima grande figura mondiale che si trova a gestire la propria morte con largo anticipo, e per suo stesso volere. Trasparenza. Sulle operazioni chirurgiche (prostata). La diagnosi (tumore). Il decorso (bollettini medici ormai trimestrali). Prospettive («so che non mi rimane parecchio da vivere»). Ma non gli si può chiedere il check-in quotidiano su una morte che tarda o magari sembri accelerare il suo corso. Può, beninteso, essere colpa di Jean Guitton. A 93 anni è facile confondersi. Non menzogna ma lapsus. E l'odor di santità che lo circonda non dovrebbe patirne. Eppure... Lo ricordiamo, solo nell'ottobre scorso, frugare lucidissino lontani ricordi per estrarne date, nomi, circostanze precise. «Ho un corpo che va a pezzi, ma solo quello» spiegava ieri con fierezza su «Liberation». Ben ne testimonia la sua prolificità letteraria. Il suo ultimo volume - un lungo dialogo con l'ebreo di origine ma ateo confesso Jacques Lanzamann - è da poco in libreria per dimostrarlo. Peraltro, nello smentire Francois Mitterrand usa termini elusivi. «Con questo male, impossibile fare previsioni a lungo termine». Una frase che inficia la sua «certezza» (verbale) di non abbandonare l'Eliseo se non quando vi siederà un successore. Non è un mistero che i numerosi Presidenziabili facciano studiare dagli staff tomi di cancerologia prostatica. E fra i loro «adviser» troviamo illustri urologi. Un decesso prematuro sovvertirebbe tempi e dinamiche elettorali. Per tacere 1'«effetto psicologico». La Gauche si augura - a mezze parole, beninteso - che muoia «prima, però non troppo». Altrimenti il pathos nazionale non si convertirà in suffragi a valanga per la Sinistra. Mentre gli avversari storici finiscono per augurargli «lunga vita». Macabro. E inevitabile. Ma torniamo a GuittonMitterrand. «Abbiamo parlato per un'ora, la fatica gliela si leggeva in viso» dice il filosofo. Quel pallore estremo, che ieri la perenne abbronzatura di Silvio Berlusconi - al suo fianco nel summit - rendeva ancor più immateriale. Le labbra, già esili, sembrano quasi sparire. Non ne aveva bisogno, eppure Mitterand rimpicciolisce. O meglio, statura e peso rimangono quelli ma non irradia più quella «grandeur» a mezza strada fra sacerdozio civile e responsabilità nazio¬ nale - che lo trasfigurava. «Da giovane era monarchico, ma lo trovo ancor oggi regale» osserva Guitton. Per concludere: «Incede come Luigi XIV». Vero, ma sempre meno. E del resto altri sono gli elementi che nel loro lungo conversare rimasero impressi al filosofo. Quel «Maestro, mi parli parli della morte». E «il suo coraggio, eccezionale per qualcuno che mi diceva: "Tra sei mesi non ci sarò più"». E' innegabile. Anche in pubblico, mai si azzarda a giocare la carta del patetismo. Semmai ironia. «Non mi preoccupa morire, bensì cessare di vivere». «Perché lamentarsi? Quanti altri francesi vivono nelle mie condizioni! O anche ben peggiori». «Spero che il male abbia la gentilezza di lasciarmi terminare il quattordicesimo anno all'Eliso. Ma potrei sbagliarmi. In ogni caso, lascerò l'incarico senza esitazioni qualora dovessi accorgermi di non essere più capace a esercitarlo». Frasi che hanno tre mesi. Lasciano intravedere dolore e pudicizia. Ma anche una tempra formidabile. Se crediamo a Guitton, che gliene attribuisce l'affermazione, Frangois Mitterrand pensa - da sempre - alla morte. Un lied fisso, l'eco lontana che ne accompagna successi politici, amori, ambizioni. Non è la vecchiaia a destare fantasmi o spettri che in altre epoche non l'infastidivano. Anzi. «Memento mori, Francois». Biografi e amici si sono decisi a rivelare negli ultimi due/tre anni il Mitterrand che «solo la morte interessa davvero». E i suoi libri «de chevet», quelli da leggere ogni se¬ ra, immutabili sul comodino. Come la Bibbia. E le Epistole di San Paolo in particolare. «Figura straordinaria, mi piacerebbe ripercorrerne i viaggi tra Grecia, Palestina, Roma, Oriente» dichiarò a Franz-Olivier Giesbert su «Le Figaro». Era settembre. Un'intervista quasi testamentaria. A leggerla ti domandavi se davvero Mitterrand il cinico, l'uomo che sull'intelligenza politica e un'innegabile spregiudicatezza costruiva da mezzo secolo le sue fortune, non fosse «altro» da quei cliché volentieri prestatigli. C'era il passato: Vichy, Pétain, le fino ad allora seminconfessabili compromissioni. E il futuro, vale a dire la «questione Dio», un «tumore che uccide», il «senso finale». In mezzo, vuoto. Mancava l'«ora», l'«hic et nunc», l'«ubi consistam dell'azione». Come se all'agire il vecchio Mitterrand preferisca l'essere. Una riflessione che, infine, lasci chiudere il cerchio. E regolare i conti. Qualche giorno più tardi, «Paris-Match» sbatteva in prima pagina Mazarine, la «figlia naturale del Presidente». C'entra. E', pure quello, un angolo oscuro che ritrova nitidezza. Perché continuare a nascondere il tardivo ingresso tra i Maquis e la famiglia parallela? Un cancro falcia gli scrupoli. Il tempo l'hai contro. Meglio prendere l'iniziativa, affrettarti a spiegare, insistere. «Desidero che i francesi sappiano» è il nuovo habitus di Mitterrand. Obiettivo la Storia, ma sopra tutto la pace interiore. Dicono che proprio in ospedale Mazarine i figli legittimi abbiano fatto conoscenza. Per volere di Mitterrand. La morte è uno specchio che non tollera finzioni e ipocrisie. «Sì, mi affascina davvero» confidava sino a quando la malattia non trasformò in dramma fisico il rovello intelletuale. Adesso l'evoluzione è troppo rapida per non atterrirlo. La visita a Guitton rivela una dignitosissima, radicale solitudine. La moglie, Danielle, proviene da famiglia cattolica. E volle sposarsi in bianco. Ma di Frangois Mitterrand non si conosce alcuna pratica religiosa. Nel visitare - l'anno scorso - la Federazione Protestante francese, sondò il pastore Stewart sull'umano e il divino. «Io, che volete? Continuerò a interrogarmi in materia» disse. «Ma non sono uno scettico» ama dire. La credenza religiosa lo calamita suo malgrado. «Vorrei sapere», guardare oltre. Non è l'approccio sociologico, ma come l'ansia di chi aguzza la vista senza giungere a discernere quello che pure altri vedono. «Per lui la religione è un'assurdità - ha confidato Guitton - non credo di essere riuscito a convincerlo». L'episodio Guitton non è insomma che l'ultimo. Ma nessuno gli pronostica spettacolari conversioni in articulo mortis. Mitterrand è coraggioso. La paura come movente per un frettoloso rendez-vous con Dio e un aldilà paradisiaco in saldo gli ripugnerebbe. Enrico Benedetto L'allievo di Bergson: per lui la religione è un'assurdità, non sono riuscito a convincerlo IJ A sinistra il presidente Francois Mitterrand Qui accanto Henri Bergson il celebre maestro di Guitton Il filosofo cattolico Jean Guitton

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