Germania si rifa il processo della vergogna di Emanuele Novazio
Germania, si rifa il processo della vergogna GIUSTIZIA E a Monaco un neonazista è condannato a 18 mesi senza condizionale per aver negato l'Olocausto Germania, si rifa il processo della vergogna L'Alta Corte annulla la sentenza-scandalo sulla «bugia di Auschwitz» BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il processo al leader neonazista Guenter Deckert, condannato soltanto a un anno con la condizionale per aver negato l'Olocausto, si rifarà: una delle sentenze più controverse della recente storia giudiziaria federale - in seguito alla quale erano stati sospesi due giudici di Mannheim - è stata annullata dalla Corte Suprema. Troppo mite, suona il verdetto della massima istanza giudiziaria; troppo in constrasto con i fatti, con la storia tremenda del nostro secolo. Ma non sarà più il tribunale di Mannheim ad occuparsene: il dibattimento si svolgerà a Karlsruhe, e nessuno dubita che la sentenza questa volta sarà più severa. La giustizia tedesca sceglie dunque la chiarezza contro la «bugia di Auschwitz»: ed è significativo, anche se casuale, che la decisione della Corte Suprema sia stata resa nota, ieri, mentre il tribunale di Monaco condannava a diciotto mesi senza condizionale un altro leader neonazista, Ewald Althans, per aver negato il genocidio degli ebrei. In entrambi i casi si tratta di posizioni nette, che cancellano troppe esitazioni: la mite condanna a Deckert, l'estate scorsa, aveva fatto scandalo, in Germania e all'estero, soprattutto per le motivazioni dalle quali era stata accompagnata. Un anno con la condizionale è la sentenza giusta a carico del leader del «Partito nazionaldemocratico», un gruppo di estrema destra con forti simpatie per il nazismo vecchio e nuovo, avevano argomentato i giudici. Perché, si sottolineava, «Deckert è un bravo padre di fa¬ miglia incensurato», perché il suo crimine «consiste nell'avere espresso un'opinione, nell'aver difeso convinzioni politiche» che per lui «sono anche una questione sentimentale». Il capo dcll'Npd, insistevano i giudici di Mannheim, «ha tutelato un interesse giustificato: si e sforzato di respingere le pretese che continuano ad essere avanzate contro la Germania dopo mezzo secolo». Ancora oggi, concludeva la sentenza, la Germania «è esposta a rivendicazioni di ordine politico, morale e finanziario in seguito alla persecuzione degli ebrei, mentre i genocidi di altri popoli restano impuniti». Parole choc che, com'era prevedibile, avevano infiammato un Paese nel quale il passato e la storia hanno un peso impossibile da valutare altrove. A tutto questo, ieri, la massi¬ ma istanza giudiziaria federale ha ribattutto con una decisione che è prima di tutto una condanna: una sentenza sostenuta da tali argomentazioni non è valida - dicono in sostanza i supremi giudici - il processo andrà rifatto altrove. Dopo la recente presa di posizione della Corte Costituzionale - una svolta, che letteralmente toglie la parola a chi nega l'Olocausto l'intervento della Corte Suprema conferma la volontà di togliere giustificazioni e paraventi giuridici al neonazismo. Il Consiglio centrale degli ebrei tedeschi è stato il primo a sottolinearlo, ieri, insieme al ministro della Giustizia federale Leutheusser-Scharrenbcrger: «E' un segnale che rafforza la fiducia nell'obiettività della giustizia». Emanuele Novazio
Persone citate: Ewald Althans, Guenter Deckert
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