Caschi blu in Bosnia alla Nato ritorna SI caso Italia

pppg,gg pCaschi blu in Bosnia, alla Nato ritorna SI caso Italia EX JUGOSLAVIA Per coprire il ritiro in caso di pericolo. Ma per ora i soldati Onu rimangono, anzi avranno maggiore potenza di fuoco I pppg,gg pCaschi blu in Bosnia, alla Nato ritorna SI caso Italia LAlleanza chiede «un contributo», il governo deciderà la prossima settimana BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Il clima è cambiato»: fino a pochi giorni fa Stati Uniti e Germania volevano ritirare i caschi blu ed armare i bosniaci. Ora invece Washington e Bonn si sono allineate a Londra e Parigi, e vogliono che le truppe Onu restino, in nome dell'aiuto umanitario. Ma se devono rimanere, i caschi blu devono potersi difendere, devono essere concentrati e dotati di armi più potenti. E dal Palazzo di Vetro deve arrivare una carta quasi bianca per l'uso della forza. Certo l'ipotesi di un ritiro non viene scartata, ed anzi i progetti di rafforzamento del contingente Onu coincidono con i piani che i militari hanno messo a punto nell'eventualità di un ritiro. Ma l'ipotesi dello sgombero appare ora lontana, e con essa l'improbabile impiego di un contingente italiano alle operazioni. Facendosi portavoce delle idee francesi, il segretario alla Difesa Usa William Perry ha infatti proposto alcune misure concrete per il rafforzamento dell'Unprofor, la forza Onu in Bosnia. Si tratterebbe di concentrare le truppe lungo alcuni assi giudicati «irrinunciabili», facendo confluire i reparti di 10-20 uomini che oggi si trovano isolati in piccoli centri, facile preda dei serbi. Poi andrebbe creato un «itinerario umanitario protetto» da Spalato, sulla costa dalmata, a Sarajevo. La cosa sembra fattibile, perché le ostilità tra croati e musulmani sono da tempo finite. Infine bisognerebbe prendere in mano il controllo dell'aeroporto di Sarajevo (ma gli esperti fanno sapere che solo per questo servirebbero 35 mila uomini). Le misure, dicono alla Nato, rispecchiano una «pianificazione modulare»: utili per dare muscoli all'Unprofor, esse ne faciliterebbero l'evacuazione in caso di ritiro. I dettagli saranno discussi lunedì all'Aia, in una riunione cui prenderanno parte i capi di stato maggiore dei Paesi Nato che hanno truppe in Bosnia, più Usa e Italia. Gli esperti stuelleranno la fattibilità delle proposte francesi, e presenteranno all'Onu una programma completo: come rafforzare l'Unprofor, dando allo stesso tempo più corda ai jet della Nato. Una cosa va però sottolineata: quando si parla di «rafforzare» l'Unprofor, si intende darle più potenza di fuoco e più mezzi, non più uomini. Solo in caso di ritiro sarebbero necessari nuovi contingenti, ed a questo scopo il generale John Joulwan, comandante in capo delle forze Nato in Europa, ha chiesto a tutti i sedici Paesi membri di comunicare «quali forze potrebbero essere disponibili per l'operazione». Finora solo gli Stati Uniti hanno risposto positivamente. Perry ha assicurato la partecipazione di 25 mila uomini, a patto che il comando di ogni eventuale operazione di sgombero sia affidato alla Nato (e cioè, di fatto, agli americani). «L'Italia risponderà la prossima settimana», ha detto il ministro della Difesa Cesare Previti, lasciando tuttavia capi¬ re che al massimo potremo aggiungere qualcosa al nostro contributo logistico: «Le considerazioni sono le solite. Siamo un Paese confinante, ed i nostri trascorsi storici nei Balcani vengono ricordati anche in casa nostra. Tutti ciò condiziona la no- stra posizione». Il segretario generale della Nato, Willy Claes, ha voluto ribadire che l'Alleanza sta «solo preparando lo scenario di un ritiro in ambiente ostile, ma insisto ancora una volta: noi non crediamo che questa sia la solu- zione giusta». Secondo gli esperti militari dell'Alleanza, comunque, ritirare i 24 mila uomini dell'Unprofor non sarebbe uno scherzo. All'operazione dovrebbero prender parte almeno 35 mila uomini, tra unità da combattimento (7-9 brigate) e logistiche. Oltre ai mezzi presenti sul campo, sarebbero necessari altri 80 carri armati, 1600 blindati, 70 aerei, 180 elicotteri ed un centro comunicazioni con 2500 uomini, da sistemare in Puglia. Si sarebbe tentati di dire che l'Occidente ha deciso di restare in Bosnia per gli alti costi di un eventuale ritiro: 1300 miliardi per l'arrivo delle nuove truppe, ed altri 500 ogni mese. In realtà a Washington si sono probabilmente accorti che istigare i musulmani alla resistenza, ignorando i timori degli europei, rischiava di spaccare la Nato, e di alienare la Russia. Fabio Squillante Previti: i problemi restano gli stessi Siamo confinanti Soldati fedeli al leader ribelle musulmano Fikret Abdic cercano riparo durante i combattimenti nella città di Velika Kladusa A fianco il ministro della Difesa italiano Cesare Previti

Persone citate: Cesare Previti, Fabio Squillante, Fikret Abdic, John Joulwan, William Perry, Willy Claes