Coop perquisito il gigante Cmc

6 Le indagini del pm di Ravenna si allargano anche ai fondi per la vendita di materiali edili in Etiopia Coop, perquisito il gigante Cmc E a Roma un «corvo» accusa i magistrati RAVENNA. Perquisizioni, lettere anonime, smentite. Le inchieste sulle cooperative si stanno aggrovigliando in una escalation che mette a dura prova il coordinamento dei magistrati inquirenti. La Guardia di Finanza ha perquisito ieri la sede della Cmc, la Cooperativa Muratori Cementisti, una delle maggiori imprese del settore edile in Italia e in Europa, con sede a Ravenna. Alla perquisizione, che è stata richiesta dal sostituto procuratore Francesco Mauro Iacoviello, hanno partecipato 35 finanzieri. «Alla Cmc siamo entrati in base a indicazioni precise riguardanti i lavori in Etiopia della cooperativa edile» ha detto il tenente colonnello Giuseppe Mancini, stretto collaboratore di Iacoviello. Nel Paese africano la Cmc opera dal 1990 e l'esame della documentazione acquisita riguarderà soprattutto alcune operazioni di vendita di materiale edile, che potrebbero nascondere la formazione di fondi neri, in un Paese, come l'Etiopia, dove la legge doganale permette importazioni senza particolari dazi. Il materiale, acquistato in Italia o all'estero, dalla Cmc in lire o in dollari, sarebbe stato venduto in Etiopia a società locali che lo avrebbero pagato con la moneta locale, il Birr. Al cambio, probabilmente non ufficiale, la Cmc avrebbe avuto un discreto ricavo economico in lire. Con le indagini si intende stabilire se questo denaro è stato iscritto regolar- mente a bilancio o se ha creato fondi neri. Verrà anche verificato se il materiale è veramente giunto a destinazione. Se così non fosse si ravviserebbe l'ipotesi di reato di fatturazioni false. «Non abbiamo nulla da temere - hanno affermato ieri sera i responsabili della Cmc quei guadagni sono stati riportati in bilancio». La Cmc è stata costituita nel 1901 ed è la più grande cooperativa della lega nel settore edile. Il colonnello Mancini ha preci¬ sato che la complessa indagine che sta portando avanti il pm Iacoviello non è a senso unico verso un solo settore della cooperazione, ma è a 360 gradi nei confronti di «cooperative rosse, bianche o verdi». La dichiarazione è relativa ad un ulteriore fronte di inchiesta ancora da esplorare in Emilia Romagna, quello relativo alla liquidazione di cooperative dopo pochi anni o mesi di vita. E' proprio in relazione a questo filone di indagini che la Guardia di Finanza di Ravenna ha richiesto l'acquisizione dei bilanci della Lega provinciale corredati delle relative documentazioni. Nel filone di indagine romana ieri gli ufficiali del reparto operativo dei carabinieri di via in Selci hanno ascoltato Salvatore Petralia, ex consigliere di presidenza della lega delle cooperative ed ora presidente di due società i cui uffici sono stati recentemente perquisiti su ordine dei sostituti procuratori di Roma, Gianfranco Mantelli e Maria Teresa Saragnano. Petralia è stato ascoltato nella veste di indagato per l'ipotesi di reato di violazione del finanziamento pubblico dei partiti. A fare il suo nome ai magistrati, secondo quanto si è appreso, sarebbe stato l'ex presidente della cooperativa Unieco, Nino Tagliavini, che avrebbe fatto riferimento ai finanziamenti al pci-pds effettuati dalle Coop. Lo stratagemma per aggirare i controlli, secondo Tagliavini, sarebbe stato quello dei pagamenti per gli affitti degli stands ai festival dell'Unità e per la pubblicità che ne derivava per le attività che svolgevano le cooperative. All'interrogatorio, Petralia, assistito dall'avvocato Filippo Di Nacci, ha respinto gli addebiti e - secondo quanto si è appreso - avrebbe anche presentato una serie di documentazioni che comproverebbero l'infondatezza dell'ipotesi di accusa. E a Roma, ieri, ha fatto la sua comparsa anche un «corvo». In vari ambienti politici è infatti circolato un documento anonimo nel quale si sostiene che i magistrati di diverse procure impegnati nelle indagini sulle presunte tangenti «rosse», proteggerebbero il pci-pds e i suoi dirigenti dal coinvolgimento «in pesantissimi scandali giudiziari, onde favorirne l'ascesa verso la guida del Paese». Immediata la reazione dei magistrati romani: «E' un tentativo calunnioso e mafioso di forzare la mano ai pubblici ministeri». «Non gli ho dato nessuna rilevanza - ha detto anche il pm di Venezia Carlo Nordio -; noi continuiamo a fare il nostro dovere come sempre e fino in fondo». [r. i.] Sopra, il pm di Ravenna Francesco Mauro Iacoviello. A lato, l'ex segretario amministrativo pei Marcello Stefanini