E la Pivetti «licenzia» Sgarbi di Irene Pivetti

La «commissione speciale» per la tv passa con il voto della Lega e delle opposizioni La «commissione speciale» per la tv passa con il voto della Lega e delle opposizioni E la Pivelli «licenzia» Sgarbi Urla, insulti e alla fine volano libri in faccia ROMA. Montecitorio, prove tecniche di neo-maggioranza. Su proposta di Irene Pivetti il cen trosinistra prossimo venturo vota a sorpresa una legge che istituisce la «commissione speciale» della tv, togliendone la competenza alla commissione Cultura presieduta da Vittorio Sgarbi. Istantanee dal caos. Ore 9: neogollisti e italoforzuti - la Destra di governo - insultano in aula la presidente della Camera eletta con i loro voti appena sei mesi fa. Ore 9,30: a difendere Pivetti si alzano i progressisti, che il giorno della sua nomina scesero in piazza per protesta. Ore 10: la Lega, che ancora l'anno scorso sventolava cappi fra i banchi, osserva la gazzarra con malcelato distacco: i più evoluti leggono addirittura il giornale. Ore 15: il presidente Sgarbi scherza su Dio in commissione Cultura e ad arrabbiarsi non sono i popolari di Buttiglione, ma i comunisti: uno gli tira anche tre fascicoli in testa. Come insegna il grande Mike, quando le idee tremano non resta che affidarsi ai tabelloni elettronici: e su quello che conta i voti della Camera c'è una macchia verde a centrosinistra, dalla Lega in poi. Il resto del pannello è nero. Fabrizio Del Noce sospira: «La vedete? Quella macchia verde ò la nuova maggioranza». PIVETTISSIMA. Non può essere un mercoledì normale se D'Alema è già in giro per corridoi alle nove meno un quarto del mattino. Non lo sarà. Pivetti, tailleur antracite e broncctto d'ordinanza, va al microfono e mette ai voti la «commissione sulla tv». L'ordine del giorno non ne recava traccia. Ma anche la Destra esagera a stupirsi, perché se ne parlava da almeno una settimana. Di qua: An, Ccd, Forza Italia e i Pennellati. Di là: tutti gli altri, Lega in testa, col dito sul pulsante. Primi accenni di tensione quando il neogollista pizzuto Ignazio La Russa evoca il fantasmone del Magistrato Buono, rivolgendosi a Pivetti in «dipietrese» puro: «Mi scusi. Presidente, ma lei su questa faccenda "non ci azzecca"». Per un po' le schermaglie procedurali si mantengono sul goliardico: l'italoforzuto Di Muccio invoca l'articolo 155, Pivetti sfoglia trafelata il regolamento, ma niente paura, era uno scherzo, gli articoli sono 154. Quando diventa chiaro che Pivetti vuol votare sul serio, da destra si alza il barrito dei neogollisti: «Dimissioni, dimissioni» e parolacce assortite. Quattro minuti. La destinataria scruta l'emiciclo con il broncio appena un po' più obliquo del solito. «Dichiaro aperta la votazione», ruggisce. E un attimo dopo: «La Camera approva». Ma quando rialza la testa si ritrova la Destra berlusco-finiana tutta in piedi e con certe facce da tempesta, tranne il mite Della Valle, che ha in mano un fazzolettone e non sa se pulircisi gli occhiali o piangere: «Presidente, mi consenta, chiedo la parola. E' dieci minuti che ho la mano alzata». Giovanardi, ccd, è meno garbato: «Presidente, la nostra mancata compostezza è dovuta al suo comportamento!» Pivetti: «Non glielo consento». E allora esplode Luciano Ciocchetti, altro Ccd memorabile: «Ma vattene affanculo!». Pivetti fa finta di niente e mette ai voti una legge sui fuoristrada e un'altra sul «patrimonio arboreo ed arbustivo». Niente da fare, Gian Piero Broglia (Forza Italia) guadagna un microfono: «I leghisti Bossi e Petrini hanno presentato una mozione contro Berlusconi e Biondi piena di insulti. Presidente, Lei deve dichiararla inammissibile». Scene da girone dantesco, con Ferrara sotto i banchi di An, Biondi che entra in aula facendo temere il peggio, Pivetti che si agita in terza persona: «Colleghi, lasciate parlare il Presidente». Broglia non molla: «Ho un certo imbarazzo a sedermi sui banchi del governo con il primo tangentista della seconda Repubblica, Umberto Bossi. Tangentaro!». Pivetti, la mano tremolante sul mento, per l'agitazione schiaccia i pulsanti sbagliati: «Colleghi... Non è possibile... Quello con la giacca verde chi è?»... Ma chi è quel deputato lì?». Si rilassa solo quando sente un vocione inconfondibile: «Scalfaro presiedeva la Camera mejo de te!». «Deputato Storace!», ringhia lei, soddisfatta. A sinistra, Nilde lotti ha la faccia del quadro di Pelizza da Volpedo mentre scruta imperturbabile la sua erede. SCARSI SHOW. L'unica cosa certa, alle tre del pomeriggio, è che Sgarbi darà in escandescenze. Si discute solo sull'arma: l'insulto, la perfidia o lo sfottò? Per non deludere nessuno, le estrarrà tutte. Seduto sullo scranno presidenziale della Commissione Cultura, per l'esordio sceglie il registro surreale: «Dobbiamo ringraziare l'illuminato Presidente che con la sua solerte e materna sollecitudine e a nostra perfetta insaputa ci ha sollevato del peso profano della tv. Una decisione inattesa, ma sapete com'è: Dio non avvisa, irrompe. Vi comunico che dalla prossima riunione ci occuperemo delle sfere celesti. La commissione è aggiornata alle ore 24 del 24 dicembre. Tema: i problemi religiosi. Si provveda a convocare i teologi». Ride la Destra e persino qualche popolare. Il comunista Nappi intona: «Tu se endi dalle stelle». Ma la progressista Sandra Bonsanti, no: «Sono laica, ma sentir parlare così di Dio mi disturba». Sgarbi: «E io sono lieto di disturbarla. La parola all'onorevole Storace, in nome di Dio». Storacione, la cui presenza in Cultura è spunto ogni volta di battute, si dilunga sulla svolta religiosa imposta da Pivetti agli avvenimenti. «Quelli di Forza Italia, invece che azzurri dovranno chiamarsi celesti». E si riparte. Sgarbi: «Presiederò questa commissione per altri due anni». Nappi: «Sì, dal manicomio». Sgarbi: «Lei è uno stalinista, un comunista, un incapace. La sua è una vita volta al nulla». Bonsanti mormora: «E' pazzo». E Sgarbi (a Nappi): «Sono contento di essere pazzo se lei è normale». Nappi si avvicina, come in uno spaghetti-western. Sgarbi: «Non mi tocchi, becchino». L'altro estrae tre fascicoli dal braccio e glieli spara in faccia. Sgarbi sopravvive benissimo, perché non appena il retino Gambale gli' grida: «Basta con questo linguaggio blasfemo!», lui replica con la ferocia consueta: «Sei un bigotto, un pretino di periferia». Gambale: «Tu sei matto. Non parlo da politico, ma da medico». Sgarbi: «Un pessimo medico, visto che ti sei ridotto a fare il politico». I progressisti e la Lega abbandonano l'aula gridando: «L'opposizione se ne va». 0 è il nuovo governo? Il leghista Orsenigo, già Uomo del Cappio, adesso ha la faccia da boy scout più buono del mondo: «Per governare col pds mi dovrò trovare una casa a Roma, perché se mi faccio vedere a casa mia... Sto scherzando, eh». Come tutti. O nessuno? Massimo Gramellini Scambio di opinioni tra deputati: «becchino» «pazzo», «tangentaro» «pretino di periferia» Due momenti dell'infuocato dibattito di ieri a Montecitorio sulla commissione speciale per il riordino del sistema televisivo proposta dal presidente Irene Pivetti

Luoghi citati: Ferrara, Nappi, Roma, Volpedo