Lucchini guarda all'llva, i fratelli Falck al post-acciaio di Indro Montanelli

Lucchini guarda alVllva, i fratelli Falck al post-acciaio I NOMI EGLI AFFARI Lucchini guarda alVllva, i fratelli Falck al post-acciaio Chi prendesse per buoni i famosi segni premonitori, dovrebbe dedurre che per il Cavaliere Primo Ministro è cominciato il conto alla rovescia. Dopo l'addio a Mondadori di Giovanni Cobolli Gigli, rientrato in seno al primo amore Ifi, ecco un altra defezione, quella di Oliver Novick. Il quale Novick, maghetto della finanza, dopo cinque anni trascorsi presso l'«awersario» Fininvest, se ne torna pure lui dal vecchio padrone Carlo De Benedetti e alla Olivetti, dove lavorerà con Elserino Piol. E questo solo per stare all'economia, e non occuparsi di altri segnali ben più allarmanti, come il taglio di capelli a scodella, stile «orfanello», del ministro per i Rapporti con Elserino il Parlamento Piol Giuliano Fer- Giuliano Ferrara rara. Spiraglio di un inconscio smarrito. O la sentenza della Corte Costituzionale, che ha smantellato uno dei piloni della legge di Oscar Mammì, repubblicano con la pipa. Asserendo che re Silvio dovrà cedere uno dei tre network. Una buona notizia per Maurizio Costanzo, che da tempo aspira ad una rete sua, e si candida come affittuario. Ma una cattiva notizia per Emilio Fede perché, se proprio la cosa s'avrà da fare (Fedele Gonfalonieri non abbandona la speranza), la designata all'affitto sembra proprio Retequattro. In questi difficili chiari di luna politici, stanno sui carboni ardenti Umberto Silvestri e Francesco Chirichigno, che forse si sono troppo allargati sulla difesa del monopolio dei telefonini, convinti di far piacere a certi ministri. Mentre la tedesca Telekom si prepara a sbarcare a Wall Street (e il suo presidente Helmut Ricke si dimette perché gli hanno infilato troppi politici nel consiglio), e Paolo Donzella, direttore generale per l'Italia di British Telecom, presenta l'accordo del gruppo inglese con il colosso Mei, i vertici Telecom si barricano in trincea. Criticano il richiamo all'ordine dell'Antitrust di Giuliano Amato, se ne infischiano delle ire di Karel Van Miert, commissario Cee alla concorrenza. Sbandierando una vecchia promessa dell'ex ministro delle Poste, Maurizio Pagani. Tacciono, viceversa, Biagio Agnes e Ernesto Pascale, presidente e amministratore delegato di quel- Maurizio Costanzo Francesco Chirichigno la Stet che di Telecom è la padrona. E tace anche Michele Tedeschi, presidente dell'Iri che controlla Stet. Aspettano. Forse per capire un po' meglio dove spiri il vento. Il successo della prima scaligera ha restituito a Milano un certo smalto, riaccendendo il sorriso sul volto del sindaco Mario Formentini. Sorriso coraggioso. Con la vittoria di Mino Martinazzoli, la vicina Brescia ha appena scippato alla metropoli meneghina uno dei suoi titoli nobiliari (benché recenti): quello di «laboratorio politico». E sta per scippargliene un altro, la corona dell'acciaio. Se insieme a Bruno Bolfo e ai francesi di Usinor vincerà la gara per Taranto, non meno di mille miliardi sull'unghia, il bresciano Luigi Lucchini aggiungerà alla primogeni¬ tura nell'acciaio italiano, una leadership in quello europeo. Nello stesso momento in cui i capi della antica dinastia dell'acciaio privato, Giorgio e Alberto Falck, marciano decisi, e divisi, verso un destino di post-siderurgici. Concentrandosi sulla commercializzazione, gli immobili e l'energia. Oltre all'incognita dei possibili candidati per Taranto, dove fino a ieri l'ex presidente di Confindustria sembrava rimasto solo, il quiz della settimana si chiama «Rolo». Spunterà veramente una contro-Opa a disturbare l'Opa lanciata dal Credit di Lucio Rondelli sul Romagnolo? E chi sarà il disturbatore? Da settimane i mercati danno per certo che a rompere le uova nel pa- Luigi niere arriverà Arcuti Sandro Molinari, presidente di Cariplo, d'accordo con Luigi Arcuti, presidente dell'Imi. Non sempre i mercati ci azzeccano, ma in questo caso i segnali sono talmente insistenti, che sembra crederci perfino lo stesso Rondelli. Il quale, da bravo lottatore qual è, ha cercalo di anticipare con ironia gli eventi. Dichiarando che, in caso di contro-Opa, lui non rilancerà. Anche perché, non lo dice ma lo pensa, arduo sarebbe vincere contro «tutti». Sempre in tema di banche, molti hanno sottovalutato la «forza dirompente» della direttiva di Lam- berto Dini sulla privatizzazione delle banche pubbliche. Che prefigura un futuro prossimo privato per gruppi come il San Paolo di Gianni Zandano o la stessa Cariplo. Non però i pidiessini che, con una interrogazione firmata Vincenzo Visco, Luigi Berlinguer e Lanfranco Turci, accusano il ministro del Tesoro di «dirigismo». Troppo facile sarebbe insinuare che il gesto di Dini metterà in pericolo equilibri locali che anche la sinistra ama conservare. Più semplice dedurre che un ministro di centro super-privatizzatore crea, di per sé, un certo imbarazzo. Arriva un nuovo, ambizioso premio giornalistico: «E'giornalismo». Giuria ristretta ma top: Indro Montanelli, Enzo Biagi e Giorgio Bocca. Sponsor: la «E'Group», la società che fa capo a Giancarlo Aneri, Luciano Benetton e ai fratelli Lunelli. 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