«Piazza Fontana ecco i registi»

10 Il giudice ottiene altri 5 mesi per indagare «Piazza Fontana, ecco i registi» «Nato e Gladio dietro quella strage» UN MISTERO LUNGO 25 ANNI PMILANO ROBABILE cho la verità su piazza Fontana passi (anelli;) per una traccia scoperta a Londra: le impronte digitali, fotografale su una borsa nera piena eli esplosivo C4 trovata davanti all'ambasciata algerina nel 1975, appartengono a John Jay Salby, detto «Castor», l'agenti! Cia che in quegli anni di guerra fredda dirigeva varie organizzazioni clandestine (in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania) e che in Italia agivano sotto differenti sigle del terrorismo nero. Probabile che la verità su piazza Fontana ricollochi finalmente al loro posto, nel garbuglio di menzogne e depistaggi, il ruolo delle cellule di Avanguardia nazionale, Ordine nuovo, Rosa dei Venti, e perciò di uomini come Stefano Delle Ghiaie;, Franco Froda, Massimiliano Facilini e Martino Siciliano, tutti apparsi e scomparsi nel corso dei decenni, verificando il legame tra il sottomondo nero e la reti; degli anticomunisti organizzati nella Gladio, la versione italiana dello Stay Beliind (che disponeva di armi, campi di addestramento e esplosivo C4) voluta dalla Nato. Probabile che la verità su piazza Fontana accerti (finalmente) il ruolo dei nostri servizi segreti deviali, primo fra tutti l'ufficio 1J del Sid diretto dal generale Malotti, ora che (finalmente) il capitano La Bruna è diventato un collaboratore di giustizia e da un paio di anni si è fatto tornare la memoria. Probabile... Ma è certo che la verità, se ancora sarà possibile rintracciarla, verrà scritta qui al settimo piano del palazzo di Giustizia, da Guido Salvini, giudice istruttore, solitario custode di un'inchiesta che insegue da sette anni o che adesso sta tutta dentro al triplo arma- dio che incombe nella stanza. «Per adesso non parlo» dice Salvini, come d'abitudine, visto che non lo ha mai (alto. Scusi giudice, si; non ora, quando? «Si vedrà». La commissione Giustizia della Camera mercoledì gli concederà una nuova proroga di 5 mesi. Lui aspetta. «A maggio avrò finito». Tutta la verità? «I giudici non devono mai parlare prima perché si danneggia l'inchiesta. E non devono parlare dopo, perché se l'inchiesta è latta bene, bastano e avan zano le carte». F' fatto così. Venticinque anni fa, un quarto di secolo. Immobilizzato dalla foto che fece il giro del mondo il grande orologio della Banca Nazionale dell'Agricoltura segna ancora e per sempre le Hi,37. Largo, come quel minuto che non passa, il cratere nero dell'esplosione. E intorno il disordinato terrore della morte, gli arredi frantumati, i lenzuoli bianchi sui cadaveri, tutto immerso nella luce grigia di polvere, una folata di cenere che oscura (da allora) quel venerdì 12 dicembre 1069 con i suoi 16 mor- ti, 87 feriti, inizio di un labirinto chiamalo strategia della tensione, dove tutte le ipotesi si sono perse nei depistaggi e nei processi senza verità. Guido Salvini, che da solo sta indagando dentro a quella cenere, era una ragazzo. Uno studente di sinistra, con i capelli lunghi, l'eskimo, i libri sotto al braccio. Di quell'altra vita gli è rimasto il sorriso. Il tempo gli ha risparmiato le rughe, ma ci ha aggiunto la lentezza dei gesti, i capelli tagliati corti, la cravatta, l'aria esangue. In questi anni ha sempre lavorato senza clamori, ma con inchieste clamorose. Ha scovalo i responsabili della morte di Sergio Rantolìi, il ragazzino di destra ucciso a sprangate il 13 marzo 1975 a Milano. Ha inseguito con duecento intercettazioni telefoniche il neofascista Gianni Guido, quello del delitto (con stupro) del Circeo, evaso e infine arrestato a Panama. Ma non ha mai mollato l'inchiesta sul vero buco nero del nostro dopoguerra, la strage di piazza Fontana, riprendendo il filo là dove l'allora sostituto Gerar¬ do D'Ambrosio era stato costretto a lasciare, anno 1974, quando la Cassazione scippò l'inchiesta trasferendola a Catanzaro. Salvini sta dietro alla scrivania del suo ufficio. Dalla finestra spuntano le guglie del Duomo e si intravede piazza Fontana. Il suo lavoro (monumentale) analizza il prima e il dopo: comincia dai fuochi del terrorismo altoatesino, passa per le cellule dell'eversione nera veneta, segue le tracce terroristiche di Milano e Roma, scava nei misteri del Sid e nelle complicità di alcuni settori dei .carabinieri, arriva sino alla strage di piazza della Loggia, Brescia, anno 1974. Le sue carte dicono che si tratta di un unico piano, di un'unica strategia diretta dalle identiche centrali internazionali che (forse) facevano capo a una sola. Quale? Secondo Vincenzo Vinciguerra, un ergastolo da scontare per la strago di Peteano, «è l'Organizzazione per antonomasia, la Nato». Salvini non dice, ma neanche smentisce. PinoCorrias Nuovi elementi dalle dichiarazioni di un terrorista condannato per Peteano IIhI I Un'immagine della strage di Piazza Fontana a Milano. Sopra, il giudice Guido Salvini. In basso, Stefano delle Chiaie