Le coop rosse faremo la resistenza

Le coop rosse: faremo la resistenza Reggio Emilia, viaggio nel cuore della Lega finita nel mirino dei giudici per i rappòrti col pci-pds Le coop rosse: faremo la resistenza «Ci vogliono distruggere con le inchieste» REGGIO EMILIA DAL NOSTRO INVIATO «Prima le cooperative le bruciavano. Adesso ci vogliono distruggere in modo più elegante: con le inchieste e con le tasse». A Coop City, invece di Tangentopoli, è scoppiata la Resistenza. Domenica di nebbia e di rancori sulla via Emilia. Le stesse parole da fratelli Cervi su facce diversissime. Il contadino antico col «turtlen» di marmellata in bocca e gli occhi persi dietro a uno spavento lontano; lo yuppie di sinistra che ha i buoni sentimenti e il cellulare; il «centauro reggiano», mezzo imprenditore, mezzo comunista e borghese tutto intero. Innamorati della Padania, della Coop, del Partito. Angosciati da Fini, «quel fasista», da un governo che tifa Standa e da questa faccenda del Tagliavini che «allora qui siamo da inquisire tutti quanti». Il Tagliavini della Unieco - gloria locale delle coop - che avrebbe dato soldi al pds, troppi per un semplice spazio pubblicitario alla festa dell'Unità, e che gli amici descrivono ai limiti estremi della disperazione, in una domenica così corta e fredda, poi. Una domenica che ricorderanno per un pezzo a Reggio Emilia, dove su quattrocentoventimila abitanti il 45% è socio di una cooperativa e il 57% ha mandato alla Camera la pidiessina Elena Montecchi, che ci accompagna in questo viaggio fra i paesi e gli umori di una provincia rossa, benestante e arrabbiata. Vita da coop. Si comincia da questo pezzo di via Emilia che sembra Los Angeles - una periferia eterna con negozi specializzati in taglie forti che si alternano ad allevamenti di galline - ma una Los Angeles ribattezzata da Bertinotti: via Ho-Chi-Min, largo Che Gucvara e poi là, dietro alla Bocciofila grande come uno stadio, uno di quei quartieri che le cooperative tipo la Unieco costruiscono «chiavi in mano», con la percentuale di verde programmata. Sant'Ilario d'Enza: in una villetta con giardino in pillole e cancello «sette nani» abita il signor William Colli, presidente della Federcoop reggiana, come dire la Coniìndustria rossa. Colli assomiglia al suo salotto marron, perbene e senza sorprese, e la sua vita a un «bignamino» del legame profondo che stringe la Coop al Partito: «Sono nato letteralmente dentro una coop, nel senso che mio padre ne era il custode. A quindici anni ci lavoravo già, sono quello più giovane nella foto. Facevamo coperture metalliche per capannoni. Ero operaio e "sindacalista. Un guaio, perchè nel '68 non sapevamo contro chi scioperare. Contro di noi, che eravamo anche i soci? La risolvemmo cosi: lavorando, ma versando la metà del nostro stipendio al sindacato confederale. E la stessa cifra doveva versarla la Cooperativa, perchè con il nostro lavoro avevamo ben prodotto un utile, no?». Sorride felice. «Devo dire che oggi non funziona più così». Sospiro. «Nel '70, avevo ventitre anni, muore il vecchio sindaco di Sant'Ilario e il pei mi fa: avanti, ragazzo, tocca a te. Poi di li son passato a Reggio Emilia, alla federazione provinciale del partito, e dopo di nuovo alle Coop. Direte: allora coop e partito son la stessa cosa? Ma no, è che nei comuni piccoli quelli che si dan da fare son sempre gli stessi dieci, così finiscono col fare un po' tutto. Ma Berlusconi l'abbiam ben lasciato lavorare. Solo che lui è saltato sull'articolo 45 della Costituzione, mettendoci le tasse sui prestiti sociali e Fini, che si sa i "fasisti" come la pensano, è andato da Costanzo a dire che eravamo noi gli evasori. E adesso, Tagliavini. Io non so se sia uno scandalo dare i soldi al pds, ma è chiaro che abbiamo un legame d'interesse: l'Unipol assicurazioni, per qualunque partito votino i suoi soci, andrà sem- pre a farsi pubblicità alla Festa dell'Unità, dove il pubblico è la sua base di clienti potenziali. Dico bene, Elena?». Montecchi è una tipica pidiessina emiliana, esponente di quella sinistra tutta-cose che paria poco e stravince sempre alle elezioni. «Ho fatto l'assessore e vi posso assicurare che nessuna giunta rossa ha mai deliberato di costruire un ospedale per far guadagnare una cooperativa. Certo, a volte mi è capitato di pormi il problema: devo privilegiare un'impresa di qui o una di Catanzaro? Può capitare che alle feste dell'U- nità si vendano spazi pubblicitari a prezzi non di mercato, ma non è un'elemosina nè una mazzetta, perchè in cambio non si ottiene un favore, ma - appunto - pubblicità». Il comunismo delle mucche. A Capràra, sulla strada per Reggio, c'è un tramonto triste che farebbe felice Gianni Brera. La signora Maria che apre la porta è la classica «signora Maria», braccia spesse e gote sane. Nel salotto buono, un quadro pieno di bandiere rosse e una tv accesa su Veltroni: ridono tutti come matti. Il signor Romano Catellani la spegne per raccontare la storia di un fallimento storico che sembra rubato alla fantasia di Orwell: «Le stalle sociali. Le mucche di tutti nella stessa stalla, affidate a un estraneo. Mah. Ci abbiamo creduto per fede nella cooperazione, ma non poteva funzionare. Quello poi le teneva slegate, le mucche. Mah. Andavamo nella stalla di nascosto, e ognuno cercava di accudire soltanto le mucche sue. Così alla fine privatizzammo tutto». Una splendida metafora dei difetti del comunismo. Anche dei pregi, però: «Con le stalle sociali aumentò il tempo libero. Specie per le donne». «Ma non è il pds che ci organizza la vita dalla culla ala bara», assicurano i contadini. «Siamo noi, di nostra spontanea volontà. Sa come si dice? " Quando nove reggiani si incontrano fanno una cooperativa"». Se Woody compra Mike. «Fini ce l'ha con noi per ideologia. Berlusconi per interesse. "Il Consumo", la nostra catena di ipermercati (quella pubblicizzata in tv da Woody Alien) va molto meglio della Standa. Al punto che ha appena fatto un'offerta per comprarla». Villi Incerti, nome strano in onore di un tedesco passato coi partigiani e morto in battaglia fra le braccia di suo padre, rappresenta l'ultima frontiera della cooperazione. La sua Coopservice fa il gendarme ecologico (controlla acqua, aria e rumore) e proteggere via monitor un tir in viaggio verso Reggio Calabria con un satellite che in caso di furto blocca automaticamente la benzina. Al timone della sua azienda, dove l'80% dei dipendenti è donna e il 90% partecipa agli utili che il governo vuole tassare, parla di soldi e pds: «Se è vero, il contributo di Tagliavini non mi scandalizza. Forse che le aziende private non hanno ma finanziato pubblicamente i partiti che facevano i loro legittimi interessi? E vogliamo parlare delle tariffe pubblicitarie della Fininvest? Sì, io dò soldi al partito. Faccio versamenti annui di alcuni milioni, a titolo personale. Se qualcuno vuol leggerli come contributo della coop al pds, faccia pure. Ma Tangentopoli no, quella è un'altra cosa». Massimo Gramellini «Se dò soldi miei al partito divento un tangentista?» «Nel '68 facevamo sciopero lavorando, però davamo metà stipendio al sindacato» «Berlusconi ci odia per interesse: andiamo meglio della Standa» pq| Un supermercato Coop Sopra: fon. Elena Montecchi e Nino Tagliavini ex presidente della coop Unieco In alto: Woody Alien dirige uno degli spot per la Coop A destra: il leader di An Gianfranco Fini