Veltroni governo di tregua E non si faranno vendette

«Bobbio ha ragione la sinistra riformista senza i comunisti deve dare vita a una alleanza con il centro» Veltroni: governo di tregua E non si faranno vendette IL NUOVO STRAPPO ONOREVOLE Veltroni, Bobbio dice che Pintor e Bertinotti sono dei galantuomini.... «E' vero» Ma che, loro malgrado, alimentano la diffidenza dell'elettorato moderato... «E' vero anche questo» E che e contribuiscono a mantenere in piedi la dicotomia comunisti-fascisti. «Bobbio ha ragione su tutta la linea. E' come se il vecchio si afferrasse al nuovo per impedirgli di camminare. Con i referendum Segni e con il terremoto degli ultimi tempi, alcuni di noi speravano di uscire da 40 anni di storia italiana cristallizzata e di entrare in Occidente assumendo i caratteri delle democrazie anglosassoni». E invece cosa è successo? «Berlusconi ha cominciato la sua campagna elettorale dicendo: se i comunisti vincono io vado all'estero. Sembra una piccola cosa, invece è stato un messaggio subliminale fortissimo». Ma se Berlusconi ha usato la parola comunisti, non è perché veniva ancora considerata attuale dall'elettorato moderato? «Siamo noi che abbiamo presentato un'alleanza che non ha retto alla prima prova. Appena chiuso il tavolo progressista, subito si è cominciato a parlare dell'Italia fuori dalla Nato, della tassazione dei Bot. Queste cose davano l'immagine di uno schieramento incapace di proporsi come forza di governo». Vuole dire che lo schieramento di sinistra ha rivelato con quelle sortite di Bertinotti di avere un tasso di comunismo intrinseco? «Il nostro errore è stato quello di non aver fatto fino in fondo i conti con questo problema prima del 27 marzo. Di non aver voluto dare il colpo netto che bisognava dare. In Italia c'è una sinistra comunista che pensa solo a fare un'opposizione sempre più forte. E c'è invece, maggioritaria, la nostra sinistra riformista che si preoccupa di costruire un'alternativa di governo e di incontrare il centro. La prima rischia di civettare con la demagogia, la seconda si fa carico dei problemi nazionali». E cosa si deve fare per non consentire alla destra di sbandierare lo spauracchio del comunismo? «Bisogna creare un grande schieramento di centrosinistra, con una sinistra democratica, moderna, occidentale. Con una sinistra che non abbia più da giustificarsi. Mi angoscia questa sinistra che per effetto dei suoi vincoli con il passato deve dimostrare di non essere troppo sinistra. Così non si può mai andare all'attacco». Per costruire una sinistra di questo tipo, D'Alema ha detto di essere disposto a pagare il prezzo di una rottura con Rifondazione. E' un passaggio obbligato? «Sì, se si vuole costruire uno schieramento di governo in cui ci sia una sinistra senza demagogia. Il gioco delle ambiguità deve concludersi. Noi a marzo abbiamo perso una grande occasione storica. Nei mesi precedenti stavamo lavorando per un centrosinistra che aveva già perfino un suo candidato premier, Mario Segni. Poi, per errori di Segni e di lutti, quella ipolesi si è spezzala. Ma oggi va ripresa». E a Bertinotti cosa direte? Dovi smettere di esistere? Non servi più? «Nulla di tutto questo. Gli direi semmai di recuperare anche lui la tradizione migliore del pei, quella di Berlinguer». Non sarebbe stato meglio fare prima questa scelta? «Sì, è stato un peccato disperdere quell'esperienza di incontro con Segni, con ambienti cattolici, sindacali, imprenditoriali e del volontariato che si era costruito dopo il referendum. Se fossimo andati alle elezioni con quello schieramento, non avremmo perso». E' vero che il rinvio del vostro congresso è legato alla possibilità di una crisi di governo? «Certo. Si sta aprendo uno scenario politico di movimento e noi dobbiamo starci dentro». E della impopolarità del cosiddetto «ribaltone», non avete timore? «Guardi che la maggioranza degli italiani, cioè 16 milioni, ha votato per l'opposizione. L'attuale maggioranza ha raccolto solo 14 milioni di voti. E' stato il sistema elettorale a portare al governo questa maggioranza. E poi, nel governo, vi sono forze come la Lega e An che si sono presentate alle elezioni come antitetiche. Solo dopo hanno fatto un accordo di governo. Perchè ora non si può farne uno diverso? Un governo di tregua o di salute pubblica, che distenda la spirale dello scontro ideologico, pericoloso non solo per le implicazioni di piazza, ma anche e soprattutto per l'economia». In concreto, a cosa puntate? «A un governo di tregua che distenda la situazione e che affronti le Ire cose fondamentali da fare: una manovra finanziaria durissima, di 45 mila miliardi; il completamento della riforma elettorale con il doppio turno; e poi l'antitrust, il federalismo...». Un governo delle regole non sarebbe la condanna a morte del politico e dell'imprenditore Berlusconi? «Questo deve essere assolutamente evitato. Un governo di tregua deve segnare anche la fine della voglia di demonizzare. Non si fanno governi per vendetta». Allora in questo governo di unità nazionale c'è posto anche per Forza Italia'; «Non voglio prefigurare schieramenti. Ciò che mi preme sono le cose da fare. Arrivo a dire che qualsiasi governo disposto ad affrontare seriamente le tre emergenze di cui ho parlato prima, è benvenuto. Nessun Berlusconi Bis, quindi, e no alle elezioni anticipate. In mezzo a questi due estremi, si possono trovare varie soluzioni», Silvano Costanzo

Luoghi citati: Italia