Major battuto finanziaria da rifare di Fabio Galvano

Gli euroribelli conservatori silurano la nuova tassa sul gasolio, premier in bilico Gli euroribelli conservatori silurano la nuova tassa sul gasolio, premier in bilico Major battuto, finanziaria da rifare Nel bilancio si apre un buco da 2 mila miliardi Crollano Borsa e sterlina, sale il tasso di sconto GRAN BRETAGNA LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Hanno vinto i pensionati e Major paga il prezzo di una fra le più impopolari tasse del suo governo. Per la prima volta è stato sconfitto ai Comuni, grazie al voto contrario o alle astensioni di una quindicina di conservatori ribelli, su una delle misure del budget la finanziaria, diremmo noi - presentato la settimana scorsa in Parlamento dal cancelliere dello scacchiere Kenneth Clarke. Il voto, martedì notte, è stato di misura: 319 a 311. Ma è bastato a cancellare il passaggio dell'Iva dall'8 al 17,5% su quel capitolo «intoccabile» costituito da gas, elettricità e gasolio per il riscaldamento. E il «no» dei Comuni, che riflette le preoccupazioni delle classi più deboli e in primo luogo dei pensionati, ha innescato una reazione a catena. A parte il danno politico, per un governo che da una settimana è «tecnicamente» in minoranza per la sospensione di 8 deputati astenutisi nel voto sulla fiducia legato alle finanze comunitarie, ci sonò improvvisi pro¬ blemi pratici. Anzitutto la necessità di arginare un vuoto di credibilità: di fronte a un prevedibile cedimento della Boi sa e dei mercati valutari, il cancelliere Clarke ha deciso ieri mattina di anticipare una misura antinflazionistica attesa per l'inizio di gennaio, aumentando di mezzo punto il tasso di sconto della Banca d'Inghilterra (è ora del 6,25%) nella speranza di frenare un surriscaldamento dell'economia. Ma ora occorre anche tappare il buco provocato dal voto di martedì. Finisce così che la finanziaria della scorsa settimana, presentata come atto di coraggio per annullare entro quattro anni il deficit pubblico, ha bisogno di nuovi e inattesi puntelli. Il denaro che non entrerà con l'Iva sulle fonti energetiche (si calcola circa 850 milioni di sterline, oltre 2100 miliardi di lire) dovrà entrare in qualche altro modo; e per oggi Clarke ha annunciato un «minibudget» aggiuntivo. Anche nel suo momento di crisi, quando in gioco è ben più che il bilancio annuale, il governo Major non può rinunciare a far quadrare i conti. Può essere la sua unica via di salvezza. In quale modo lo farà è difficile dire. Più tasse? Più Iva su altre voci? Più tagli? Ma i riflettori sono sulla crisi politica. Major soffre nell'immagine del «lame duck», l'anatra zoppa che in questo Paese ò sinonimo di primo ministro privo di potere. «E' una grave esagerazione - ha insistito ieri un portavoce conservatore - dire che il governo non può svolgere le sue funzioni». Ma il leader laborista Tony Blair, che con il voto sull'Iva ha riportato il suo primo grande successo parlamentare, non sembra avere dubbi: «Il governo non ò neppure in grado di far passare il suo bilancio. Soprattutto ò totalmente incapace di asserire la propria autorità sul suo stesso partito». Già domani, su un secondo voto legato alle finanze europee, Major potrebbe ritrovarsi in difficoltà. Il primo ministro aveva detto chiaramente, dopo la ribellione della settimana scorsa, che non si dimetterà. Anche ora tiene duro, convinto che la situazione si possa ancora raddrizzare. L'Inghilterra, tuttavia, appare scettica. E alla vigilia di una data storica, con l'avvio domani del primo dialogo diretto fra Londra e l'Ira, molti si domandano se questo governo in fibrillazione sia all'altezza della situazione; anche perché mancherà la spinta di Dublino, dove il governo dimissionario di Albert Reynolds non ha ancora trovato un erede e dove i tentativi di far rinascere la coalizione fra laburisti e Fianna Fail sono naufragati 48 ore fa. Major non è il solo a essere nei guai; ma è la sua ribellione interna a sollevare gli interrogativi più pressanti. Fabio Galvano Il premier britannico John Major

Persone citate: Albert Reynolds, Clarke, John Major, Kenneth Clarke, Tony Blair

Luoghi citati: Dublino, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra