La ritirata comincia da Bihac Già partiti i primi caschi blu

Pronti i piani della Nato. Possibile un intervento italiano per proteggere le operazioni di sgombero Pronti i piani della Nato. Possibile un intervento italiano per proteggere le operazioni di sgombero La ritirata comincia da Bihac Già partiti i primi caschi blu ZAGABRIA NÒSTRO SERVIZIO La Francia ha deciso di ritirare i suoi Caschi blu dalla Bosnia e ha chiesto all'Orni e alla Nato di preparare i piani dettagliati per lo sgombero delle forze di pace. Lo ha dichiarato ieri di fronte al Parlamento il ministro degli Esteri francese Alain Juppó affermando che la situazione sul terreno è dij ventata insostenibile. I negoziati por fermare la carneficina in Bosnia sono falliti, ha detto Juppé, dando la colpa alla politica americana, ma soprattutto alla testardaggine delle parti in guerra. «La decisione che ci stanno obbligando a prendere provocherà la guerra, cioè più drammi e maggiori sofferenze per la popolazione». Juppé ha sottolineato che il ritiro dei Caschi blu sarà un'azione ad alto rischio che richiederà l'appoggio di nuove forze terrestri. Alla Nato è stato chiesto di mettere nero su bianco un piano dettagliato. Secondo i calcoli generali, il ritiro delle forze di pace dell'Orni in ambiente ostile, e questo è sicuramente il caso della Bosnia, richiede dai 40 ai 45 mila uomini sul terreno, forniti di armi pesanti e appoggiati dai cacciabombardieri della Nato. In questo caso la Nato dovrebbe fornire almeno ventimila soldati per aiutare i ventitremila caschi blu a ritirarsi dalla Bosnia. E' possibile - secondo fonti della Nato - che venga chiesto in appoggio anche un in- tervento italiano. «Per ora, i caschi blu britannici rimangono in Bosnia». Contrariamente a quanto è andato affermando negli ultimi giorni, il ministro degli Esteri di Londra, Douglas Hurd, ha dichiarato ieri che i soldati del contingente britannico non verranno ritirati dal terreno finché il rischio non diventerà inaccettabile. «Per adesso non è il caso», ha detto Hurd, contraddicendo il parere di Juppé. Intanto la prova generale del ritiro è iniziata ieri con un terzo dei milleduecento caschi blu del battaglione del Bangladesh stazionati nella sacca di Bihac, regione che l'Orni ha proclamato zona protetta. «I primi soldati hanno lasciato l'enclave di Bihac» ha dichiarato ieri sera Eric Gourmcllon, portavoce dell'Unprofor a Sarajevo, precisando che non verrà fornito nessun numero e nessun dettaglio sull'azione. «Si tratta di un ritiro temporaneo, un ridispiegamento dei soldati dovuto a motivi logistici», ha affermato Gourmellon adducendo le difficoltà di rifornimento, le minacce e il cattivo tempo a motivo principale del ritiro dei 400 caschi blu del Bangladesh dalla zona protetta di Bihac. Anche se l'Unprofor nega ogni piano di sgombero, la decisione di ritirare le forze di pace dell'Onu proprio dalla zona di Bihac, dove sono in corso i combattimenti più furiosi, è stata dura¬ mente condannata dalle autorità di Sarajevo. Il neocardinale bosniaco, Puljic, e il cardinale croato Kuharic hanno lanciato un appello alla Chiesa e ai capi di Stato. «Anche se le forze internazionali non hanno fatto quello che ci si aspettava da loro, se lasceranno le zone minacciate, in particolare Bihac e Sarajevo, la popolazione verrà esposta a uno sterminio atroce», Il leader serbo-bosniaco Karadzic ha garantito nel frattempo che in caso di ritiro i Caschi blu potranno attraversare con sicurezza i territori controllati dai serbi. Karadzic si è nuovamente detto disposto a «fermare immediatamente la guerra» e a discute¬ re il piano di pace del gruppo di contatto a condizione che vengano modificate le mappe della divisione territoriale della Bosnia per renderla accettabile ai serbi. Ma i miliziani serbi continuano a tenere in ostaggio più di trecento caschi blu addetti al controllo dei depositi di armi pesanti intorno a Sarajevo. Anche l'aeroporto della capitale bosniaca rimane bloccato per via delle batterie di missili che i serbi hanno dispiegato nelle sue vicinanze. Per ristabilire «buoni rapporti» con le forze di pace dell'Onu e permettere la riapertura dello scalo di Sarajevo, Karadzic chiede una garanzia per iscritto che la Nato non bombarderà più lò postazioni serbe, che i caccia alleati non voleranno a una quota più bassa di 1600 metri e che piloti ed equipaggi proverranno da Paesi che i serbi considerano amici. Secondo fonti vicine al governo serbo, ieri pomeriggio si è tenuta una riunione segreta tra il presidente serbo Milosevic, il leader serbo-bosniaco Karadzic e i capi dei serbi della Krajina, Martic e Mikolic. All'incontro, il primo che si sappia tra Milosevic e Karadzic dopo l'ufficiale «rottura» tra Belgrado e Pale, avrebbero partecipato anche il mediatore dell'Onu Stoltenberg e l'inviato di Clinton Charles Thomass. Ingrid Badurina c Parigi: la situazione è ormai insostenibile Profughi e il congedo di un Casco blu