Confalonieri: pronti ad affittare una rete

Confalonieri: pronti ad affittare una rete Confalonieri: pronti ad affittare una rete IL PRESIDENTE CHE dire? Il solito! Questo è il Paese dell'incertezza del diritto. Una legge nata tra mille polemiche, cresciuta con i riflettori dell'opposizione puntati addosso, soppesata cento volte da tutta l'opinione pubblica nazionale, finisce mutilata da un colpo di spugna. No, tutto questo ci lascia amareggiati». Fedele Confalonieri, presidente del gruppo Fininvest, commenta «a caldo» le motivazioni della sentenza con cui la Consulta ha bocciato la Mammì. E adesso, dottor Confalonieri, cosa farete? «E cosa vuol fare? Abbiamo tempo fino all'ottobre del '96 per andare avanti in una specie di regime transitorio, e andremo avanti sperando che la legge venga modificata come chiede la Consulta ma non peggiorata». Be', la Consulta dice che tre reti sono troppe: sarà difficile dar seguito a questo principio senza che la legge, dal vostro punto di vista, risulti peggiorata... «Al tempo: la pronuncia abbatte due concetti, quello della concentrazione di controllo su tre reti ma anche quello delle dodici reti nazionali e lascia libero il legislatore di scegliere se ridurre il limite massimo di reti da concedere ad ogni soggetto, oppure ampliare il numero complessivo delle reti nazionali ove la tecnologia lo consenta. Dal nostro punto di vista, a parte la fatica di dover sempre ricominciare da zero in un'inesauribile necessità di rilegittimarsi, è giusto che il secondo concetto sia stata smentito: è giusto, perché in realtà già oggi le offerte televisive nazionali non sono più dodici, sono almeno venti». Dottor Confalonieri, come sarebbe «almeno venti»? «Ma sì, oltre alle nove reti concessionarie e alle tre pay-tv in attesa di diventarlo, ci sono le syndication come Odeon, Italia Sette o Cinquestelle e poi altre emittenti nazionali come Retemia, Reteca- pri o Telemarket. Senza contare quel che piove da fuori...». Cioè? «Vede quante antenne paraboliche si trovano ormai sui balconi e sui terrazzi italiani? Il villaggio globale è già qui, l'offerta televisiva internazionale incalza». Adesso non riprenderà la vecchia teoria delle dimensioni minime indispensabili per competere? «Altro che vecchia teoria, è sempre più attuale. Il principale azionista di Telepiù, Leo Kirch, controlla tre reti direttamente e altre due indirettamente e gestisce la library di programmi più ricca d'Europa. Murdoch ha dodici reti e giornali del calibro del Times o del popolarissimo Sun: no, guardi, la dimensione e la multimedialità sono imperativi categorici per non scomparire». Ma tanta concentrazione non significa, forse, fine del pluralismo? «Questo è un altro discorso. Biso¬ gna distinguere bene due concetti. Uno è squisitamente economico, è riguarda la necessità di sostenere la concorrenza ad armi pari, quindi essere grandi, sempre più grandi semmai ma non certo più piccoli. L'altro concetto è tutto politico, e riguarda appunto la necessità di tutelare il pluralismo in questo Paese». Bene, lo sa. E come pensate di conciliare queste due esigenze opposte? «Tutto è possibile, anche qualche soluzione rivoluzionaria». Tipo? «Vuole che glielo dica? L'idea potrebbe essere quella di dare in gestione una testata o una rete: conservarne la proprietà, cioè, ma non gestirla più in proprio. Affittarla. Ci sono testate giornalistiche date in affitto da decenni, perché non dovrebbe essere possibile anche per una testata televisiva?». Cos'è, un accesso di liberalismo? «Ma scherza? Guardi che forse in Italia noi siamo il gruppo più liberista che ci sia, in assoluto, sa?». E a chi dareste da gestire questa rete? «Non so, non lo so proprio. Ma se si decide che una determinata forza di minoranza ha diritto ad avere una sua voce televisiva, in quadro di legge sicuro e stabile saremmo disponibili a parlarne». Appunto, bisogna che la legge lo stabilisca. E mentre il Parlamento ci penserà, voi cosa farete? «Niente di nuovo: lavoreremo, come sempre». Una domanda che con la Mammì non c'entra nulla: Di Pietro si dimette. Lei cosa ne pensa? «Davvero non c'entra nulla, e non dovrei rispondere. Ma un'idea m'è venuta, ieri, sentendo le notizie da Palazzo di giustizia: beato quel Paese che non ha bisogno di eroi!». Sergio Luciano

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