«Cosi morirà il msi» è terremoto di Pierluigi Battista
Presentate le «tesi» per il congresso di gennaio. Buontempo: un golpe Presentate le «tesi» per il congresso di gennaio. Buontempo: un golpe «Cosi morirà il imi», è terremoto Fini rende omaggio ali 'Hntellettuale Gramsci» ROMA. C'è anche il nome di Rocco Buttigliene, tra gli ispiratori culturali di Alleanza Nazionale. Quello del Buttiglione filosofo, però, non quello del segretario del ppi. Quello che un paio d'anni fa chiodava di «sciogliere tutti i fasci, quelli fascisti e quelli antifascisti» e non quello che, adesso, denuncia con enfasi la minaccia rappresentata dalla destra. E nel «patrimonio*formato di molte cose» che alimenta il nuovo assetto ideologico di An compare inopinatamente anche la stella di Antonio Gramsci. «Figli di Dante e di Machiavelli, di Rosmini e di Gioberti, di Mazzini e di Corradini, di Croce, di Gentile», i post-fascisti che si avviano a chiudere la fase storica del msi-dn nel loro congresso di fine gennaio rendono sorprendentemente omaggio all'intellettuale (comunista, ma su questo si sorvola) che coniò il termino «nazional-popolare». Le Tesi presentate da Gianfranco Fini come piattaforma politico-culturale di An spaccano il msi. Pino Rauti va sul pesante e sostiene che fanno della «nuova destra una sorta di figlia di nessuno, per non dire di peggio» e disegnano un partito che, recisi «legami» e radici» tradizionali, galleggia come un «relitto vuoto». Teodoro Buontempo inpreca contro il «golpe» che modifica di soppiatto «ideali e identità» del msi che dovrebbe celebrare il suo diciassettesimo e conclusivo congresso. Lo storico Enzo Erra si di¬ mette addirittura dell'ufficio politico del msi giacché non condivide quello che definisce il passaggio del msi sul «fronte dell'antifascismo». Uno strappo col passato. Una rottura in cui la rivendicazione dell'eredità gramsciana non è che il simbolo più vistoso. Per la prima volta risuonano nel lessico del msi espressioni come «la Destra politica non ò figlia del fascismo» o riconoscimenti al valore indiscutibile dell'orizzonte democratico in -cui «secondo la Destra non devono esistere nemici da cancella¬ re ma avversari da battere» e, di più, «da battere non una volta per sempre ma ad ogni tornata elettorale» stando così «oggi al governo e domani all'opposizione senza che per questo accada nulla di traumatico»: come dovrebbe essere ovvio in ogni maturo sistema democratico. Si riprende la tesi secondo cui non si può «iden¬ tificare la destra politica con il fascismo e nemmeno istituire una discendenza diretta da questo». Si ribadisce che è «giusto chiedere alla Destra italiana di affermare senza reticenze che l'antifascismo fu il momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato» anche se si sottolinea che «l'antifascismo non è un valore a sé stante» giacché «non tutto l'antifascismo» (leggasi «comunismo») «è stato infatti antitotalitario», , Si moltiplicano gli atti di fede nel metodo democratico. Non si crea allarme se i «post-comunisti hanno i consensi» per «governare». Si parla di An come parte di una «libertaria» cultura di destra. Si concede il massimo al liberismo e anche al federalismo. Ma si mettono in grande evidenza anche i padri culturali della destra post-fascista, con qualche sorpresa e qualche singolare conferma. Si cita Ernst Junger e anche il «grande giurista» Alfredo Rocco, l'autore del celeberrimo codice di procedura penale concepito nel fascismo. Si rende omaggio ad Augusto Del Noce, alla Centesimus Annus, a De Maistre e pure a Walter Lippmann. Poi arriva la sequenza dei recuperi, la galleria degli intellettuali del Novecento («secolo delle ideologie» che sta finendo «e seppellisce le tentazioni totalitarie che l'hanno segnato») da venerare come padri ideologici di An. Si pesca nell'«antistatalismo di don Sturzo», nel «pragmatismo di Rensi», nel «sociologismo politico di Pareto, Mosca, Michels», nella «aperture umanistiche di Giovanni Gentile», nell'ideario fissato da Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini, Marinetti, Ardengo Soffici e D'Annunzio. Difficile capire come si concilino il liberismo e «le suggestioni sociali di Ugo Spirito», teorico di una forma radicale di «corporazione proprietaria». 0 la passione democratica con l'omaggio a Cari Schmitt. Oppure l'elogio dei «ceti produttivi» con il richiamo a Julius Evola, giù gum della nuova destra, e adesso riconfermato maestro ideologico di An. Tutti insieme, sul bastimento di Fini. Pierluigi Battista Rauti all'attacco «La nuova Destra nasce figlia di nessuno. Anzi, peggio» Gianfranco Fini. In alto: Buontempo Qui sotto: Antonio Gramsci
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