Di Pietro è scontro Pivetti-Biondi di Gianni Letta

La presidente della Camera: riferisca in aula. Il ministro: l'inchiesta non è ancora finita La presidente della Camera: riferisca in aula. Il ministro: l'inchiesta non è ancora finita Di Pietro, è scontro Pivetti-Biondi Berlusconi: voglio incontrarlo, da cittadino ROMA. Mario Segni minaccia di raccogliere le firme per chiedere le dimissioni di Alfredo Biondi; Massimo D'Alema auspica quelle del presidente del Consiglio; ppi e pds chiedono un «dibattito parlamentare urgente» sui problemi della giustizia; Umberto Bossi dichiara che il «caso Di Pietro» «avrà conseguenze sulla tenuta della coalizione»... e Silvio Berlusconi, con una mossa a sorpresa, annuncia che vuole incontrare il pubblico ministero di Mani pulite. Lo fa in serata, con un'intervista a Tg5, dopo una giornata convulsa caratterizzata da ripetuti attacchi al presidente del Consiglio e al Guardasigilli indicati come i veri responsabili del clamoroso gesto di Di Pietro. Dunque, il cavaliere cerca di spiazzare in questo modo gli avversari, di reagire all'accerchiamento, e di disinnescare la mina di un dibattito parlamentare in cui il governo potrebbe ritrovarsi isolato, con la Lega dall'altra parte della barricata. L'operazione immagine va in onda poco dopo le otto di sera, quando sugli schermi di canale 5, Berlusconi spiega che non ò colpa sua se fino ad oggi non ò stato interrogato dal pool milanese: «Io dico - sono in attesa di una convocazione: non l'ho ancora ricevuta. Da parte mia non c'è la volontà di non andarci». Quindi l'annuncio ad effetto: «Speravo di incontrare anche il magistrato Di Pietro, ma questo mi sembra che non avverrà più. Conto però di incontrarmi presto con il cittadino Di Pietro e sono certo che sarà un incontro simpatico e cordiale». Su questo «rendèz vous», il cavaliere non dice di più. Ma Di Pietro potrebbe mai vedere il presidente del Consiglio prima dell'interrogatorio in Procura? Se lo facesse, la sua sarebbe una presa cli distanza dal «pool» che non passerebbe inosservata. Nell'intervista Berlusconi spiega anche che l'uscita del magistrato «era nell'aria da molto tempo», ma non chiede a Di Pietro di rimanere. Del resto, in Consiglio dei ministri, tra gli altri, proprio i suoi uomini - Ferrara e Letta - si sono opposti all'ordine del giorno proposto da Raffaele Costa in cui si invitava il pubblico ministero a non dimettersi. Quindi il cavaliere respinge le accuse rivoltegli: «Mi dispiace - dice - che ci sia stata questa grande strumentalizzazione da parte delle opposizioni». Già, secondo lui, il governo non ha nulla a che vedere con la scelta del magistrato: «Non c'è nessun nesso». E a riprova di questa sua affermazione ricorda la telefonata dell'altro ieri sera tra Di Pietro e Biondi. Dopo quel colloquio, infatti, il magistrato aveva autorizzato il Guardasigilli a dire pubblicamente che lui non aveva trovato nulla da eccepire sulle indagini ministeriali. Ma la telefonata tra Biondi e Di Pietro non placa di certo le opposizioni, che in mattinata, alla Camera, protestano perché il ministro non viene a riferire in aula sul «caso»: è colpa delle sue ispezioni se Di Pietro ha deciso di lasciare la toga. Il Guardasigilli si giustifica con una lettera a Irene Pivetti, in cui spiega che non può partecipare al di¬ battito per due motivi: innanzitutto si trova negli Usa, e poi l'inchiesta ministeriale non è ancora finita. La presidente non demorde e lo sollecita a fare in fretta, mentre le opposizioni si scatenano. «Biondi si deve dimettere», incalza Segni. E la polemica divampa fino a culminare in un velenoso botta e risposta tra Ferrara e Andreatta. «L'esecutivo - dichiara il deputato del ppi - si sottrae al Parlamento. E in tutto ciò è grave che il presidente del Consiglio consegni un'improbabile agenda ai magistrati e trasformi una questione privata in un conflitto tra poteri». Secca la replica di Ferrara che accusa Andreatta di essere un «animatore delle tifoserie che hanno avvelenato i rapporti tra politica e giustizia». Fatto sta che il governo sembra restìo ad affrontare l'aula, dove potrebbe essere messo in un angolo, come si arguisce dalle bellicose dichiarazioni di Bossi: «E' difficile - osserva il leader del Carroccio - che le dimissioni di Di Pietro non abbiano impatti sulla tenuta della coalizione. Intanto se ne occuperà l'aula: ci sarà un dibattito e il governo verrà fatalmente coinvolto». Certo, Bossi non stravede per il magistrato («Non lo voglio a palazzo Chigi», dice), ma è intenzionato a sfruttare politicamente le sue dimissioni. Come dice Maroni, sarà su Di Pietro la verifica. Maria Teresa Meli Il ministro della Giustizia Alfredo Biondi Cossiga: «Tonino è diverso dai suoi colleghi del pool: nonrfa politica» Il card. Sodano: sia pace tra i poteri A sinistra: l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga A destra: il ministro Raffaele Costa In basso: il sottosegretario Gianni Letta

Luoghi citati: Ferrara, Roma, Usa