Borrelli noi non ci fermiamo di Fabio Poletti

Commozione in Procura dopo le dimissioni del leader di «Mani pulite Commozione in Procura dopo le dimissioni del leader di «Mani pulite i orrelli: noi non ci fermiamo La segretaria di Di Pietro scoppia a piangere MILANO. L'ultimo tentativo lo fa Oscar Luigi Scalfaro. A mezzogiorno il Presidente chiama il centralino della Procura. Parla prima con Borrelli, poi si fa chiamare Di Pietro, che tre piani più sotto sta recitando l'ultima requisitoria. A quell'ora già si sa della lettera di Di Pietro a Borrelli, quella in cui annuncia di dimettersi dalla magistratura «per riportare serenità e fiducia nelle istituzioni». Sa già tutto anche Adriana Barp, la segretaria di Di Pietro che chiede a un giornalista se «è proprio vero?», e poi scoppia in lacrime. Giornata nera quella del procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, E per ore e ore il suo ufficio, l'ultimo in fondo al corridoio della Procura, lato opposto (conto metri) da quello di Di Pietro, sarà l'avamposto del giorno più lungo di Mani pulite, quello di Di Pietro che lascia la toga e (forse) mette la parola fine all'inchiesta. «Siate gentili, attendete gli eventi», si scusa il procuratore capo con i giornalisti che sin dal mattino occupano l'anticamera del suo ufficio. E quali eventi siano basta guardarlo in faccia e ascoltare altre sue amare parole: «Tutto finisce, purtroppo...». Poi Borrelli si butta in riunione con tulli i magistrati del pool, tranne naturalmente - Di Pietro. Una riunione-fiume, che durerà fino alle 18, ora dello (storico) annuncio. Partecipano D'Ambrosio, Colombo, Davigo, Greco, lelo, Ramondino, più i procuratori aggiunti Poppa e Minale. Bisogna decidere che fare, chi deve dare l'annuncio che oramai appare inevitabile, chi potrà rinforzare il pool. «Aspettate, aspettate ancora», ripete Borrelli. Ma l'ultimo tentativo di Scalfaro ò andato vano'e i Tg, lo radio e lo agenzie stanno già lanciando parte della lettera di Di Pietro. «Oliando finisco la requisitoria Enimonl?», chiede Colombo ai giornalisti. E in un amen si sa ohe l'appuntamento è per il pomeriggio, nell'ufficio di Francesco Saverio Borrelli, chiamato a dare l'annuncio ufficiale. Pochi lo sentono, allo 18 e 5 minuli. Borrelli e bersaglialo dai flash dei l'olografi, le telecamere sono accese;, e in un gran parapiglia i carabinieri fermano sulla porta dell'ufficio i giornalisti che devono entrare ma non i curiosi. Gli stessi che al processo Enimonl chiedono a tulli: «Ma dov'è;, dove si distribuisco la lettera di Di Pietro». Legge il procuratore capo Borrelli: «Avverto corno ostromamenlo ferma la determinazione del collega Di Pietro. Mi rammarico dal profondo del cuore. Siamo tutti debitori di immensa riconoscenza per il lavoro svolto in anni che rimarranno scritti a lettore d'oro nella storia della magistratura». E ancora: «Prendo atto con pensoso e addolorato rispetto di una decisioni; che non ho titolo per contrastare o che è cortamente sorretta da manifestazioni l'orli e gravi, connesse al ruolo di spicco di Di Pietro nell'azione di giustizia condotta da questo ufficio in un clima di crescente, ingiuriosa ostilità». Il procuratore capo concludo: «La nostra aziono di giustizia proseguirà ugualmente senza soste, senza timori, senza debolezze: me ne rendo garante». E per rafforzare ancora questa visione di Mani pulite che va avanti senza Di Pietro Borrelli aggiungo: «Né io né altri componenti del pool Mani pulito lasceremo i nostri posti». Fino delle dichiarazioni davanti alle telecamere. Dirà poi ancora Borrelli: «Ho sperato l'ino all'ultimo che non si dimettesse, che non l'osse vero. Mi ha parlato delle suo intenzioni, non gli volevo credere. Poi è arrivata la lettera...». E un'altra lettera è già arrivata al Csm, a cui spetta ora ratificare le dimissioni. «Perché Di Pietro por adesso è in ferie...», dice il procuratore generale Giulio Catelani, giorni di screzi sugli ispettori con Borrelli e quelli del pool. «I magistrati sono settemila, nessuno è indispensabile», aggiunge (velenoso) Catelani, prima di dar sfogo a tutti gli elogi di prammatica, con cui lui, figura istituzionale di rilievo, si sa ben destreggiare. Bimane una domanda: perché Di Pietro si è dimesso? Ci son di mezzo le lusinghe della politica (e se si con chi?) oppure il magistrato più televisivo o stressato d'Italia era arrivato al capolinea. Giusto a sette giorni dal «padre di tutti gli interrogatori», ciucilo di Berlusconi. E' lo stress? «Quando uno scop¬ pia, scoppia...», commenta Gherardo Colombo. E non vuol dire niente quando gli si ricorda che anche lui, 10 anni fa, quando aveva scoperto gli elenchi della P2, venne «stoppalo» e lo indagini finirono a Brescia. «Avrà avuto le sue buono ragioni», taglia corto Bamondino, il giovane del pool mentre legge quella lettera di duo pagine che e già un terremoto anche se Di Pietro scrivi; che vuole andarsene «in punta di piedi». «Mani pulite va avanti», ripete D'Ambrosio. Come Borrelli che già si diceva pronto a rivestire la carica di presidente della Corte d'Appello di Firenze, incarico di prestigio sognato da tempo, fine della carriera come suo padre. E invece no. Si va avanti, ripetono. L'offerta ad entrare in campo è già stata fatta ad Armando Spataro, esperto di terrorismo prima e di mafia oggi. Troppo prezio¬ so. Al suo posto potrebbero subentrare Giovanbattista Rollerò e Claudio Gittardi, che le ossa se le sono fatte (500 c passa arresti) con l'inchiesta sulle tangenti nell'hinterland milanese. Nessuno - men che meno Borrelli - vuol dire o sa dire cosa c'è nel futuro di Antonio Di Pietro. Contadino, insegnante, o la politica, un tempo offerta da Berlusconi - appena sceso in campo - e adesso chissà da chi? L'unico contatto romano conosciuto fino alla serata di ieri rimane quello con Scalfaro che chiama alle 12 l'ufficio di Borrelli e poi parla con Di Pietro. E gli dice, prima dei saluti, dopo i formali inviti a rimanere: «Venga a trovarmi a Roma che abbiamo tante cose da dirci». Ma intorno alle 23 il ministro Biondi rivela l'esistenza di un'latra telefonata, tra il pm dimissionario c lo stesso ministro: «Di Pietro mi ha espresso con parole molto affettuose i suoi sentimenti di stima - ha sostenuto Biondi - E mi ha autorizzato a i'ar sapore che non ha trovato nulla da eccepire sull'ispezione». Fabio Poletti Anche ieri ha usato il linguaggio del funzionario rispondendo con dei «Signorsì» e «A disposizione» Il procuratore capo «Le sue inchieste rappresentano pagine d'oro nella storia della magistratura»

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