Sulla giungla pioveva fuoco di Domenico Quirico

Sulla giungla pioveva fuoco Sulla giungla pioveva fuoco Così si «bonificavano» i santuari guerriglieri UNAFOTO SIMBOLO DELL'ORRORE PHOAN Kim Phuc adesso sarà finalmente felice. Lavora come farmacista in quella che un tempo era la folle, febbrile, putrescente Saigon. Sul collo e la schiena porta ancora i segni delle bruciature. Anni di ospedale e alcune delicate operazioni di chirurgia plastica in Germania le hanno salvato la vita, ma non hanno cancellato il ricordo di quel mattino del '72. Il cielo era chiaro e silenzioso sopra il villaggio quando fu sfregiato dal rombo dei Phàntom. La sua famiglia e tutta la gente del paese corse a perdi- fiato verso la pagoda che si trovava proprio al centro del reticolo disordinato di casupole e capanne. Era soltanto legno colorato, irto di draghi e di demoni panciuti e ghignanti; ma a quei contadini sembrava l'unica cosa solida, l'unico rifugio sicuro. Invece, quando le bombe al napalm lanciate dai cacciabombardieri americani si sfracellarono al suolo, l'ondata di calore e di fuoco sciolse tutto come cera. Phoan aveva nove anni, nessuno le aveva mai parlato di quegli involucri fusiformi pieni di un composto dal nome buffo, palmitato di sodio. Scappò fuori, urlando, lasciandosi dietro corpi trasformati in fantocci anneriti. Nguyen Kong era un fotografo coraggioso, aveva catturato nella sua Nikon tutto l'orrore di quella guerra sporca. Se la vide venire incontro, nuda, bruciata, gemente: scattò. Vinse il Pulitzer. E inflisse all'America, con un semplice fotogramma, una delle più devastanti sconfitte della sua storia. Phoan anni dopo, quando bombardamenti e orrore erano soltanto Storia, ha visitato l'America, accolta come una star, contesa dalle tv, in quell'eccesso con cui gli americani esasperano il ricordo per cancellare la colpa. Le hanno fatto vedere quella specie di Iliade filmica che è «Apocalypse Now». Chissà cosa ha pensato quando scorrevano i fotogrammi della carica degli elicotteri armati di napalm contro un villaggio, nell'assordante crescendo della Cavalcata delle Valchirie. Coppola ha avuto buon fiuto. Perché il napalm, e l'elicottero, sono stati il simbolo della guerra vietnamita, come la jeep e l'a¬ tomica «raffigurano» la Seconda guerra mondiale, e i gas e le trincee l'inferno del '14-'18. Gli americani se lo trovavano davanti, tutte le sera, al telegiornale proprio come in un film. Dapprima un campo lungo su una immensa distesa verde, impenetrabile, complicata come un rebus militare, coreografica e presumibilmente piena di insidie. Poi lo schermo zoomava su un puntino veloce nel cielo, e dopo pochi secondi le placide colline verdi si scioglievano in un mare di fuoco. I fotogrammi succcessivi gli spettatori americani non li vedevano, erano riservati agli analisti dello Stato Maggiore di Westmoreland, che confrontavano le foto e mettevano segni sempre più larghi sulle mappe del Sud Vietnam. Perché, dopo il passaggio degli aerei, nessuno avrebbe riconosciuto quei luoghi: solo un paesaggio lunare, un mondo devastato da Giorno del Giudizio, dove restavano moncherini fumanti di alberi e villaggi. Le chiamavano operazioni «Search and Destroy», un ben oliato progetto strategico per vincere quella maledetta guerra, e consisteva nel «bonificare» con il napalm le zone infette dai vietcong. Bisognava ripulire il territorio, distruggere i villaggi, portar via la gente e il bestiame. Dopo la cauterizzazione con le bombe incendiarie, per la guerriglia non sarebbe rimasto più niente, né cibo, né foresta dove nascondersi dopo le imboscate, né potenziali complici. Soltanto un gigantesco poligono vuoto, dove l'artiglieria e l'aviazione potevano esercitarsi a piacimento contro qualsiasi cosa fosse in grado di muoversi. E se il napalm non bastava, c'era l'infallibile «Agente Orango». I grossi bestioni da trasporto pilotati dai «Ranch Hand», i braccianti, irroravano quel che era sfuggito alle bombe e totalizzavano il deserto con i defoglianti. Non funzionò. Gli strateghi del Pentagono volevano costruirsi un campo di battaglia su misura, riuscirono solo a uccidere un paradiso. Domenico Quirico

Persone citate: Coppola, Giorno, Nguyen Kong, Pulitzer

Luoghi citati: America, Germania, Saigon, Sud Vietnam