«La nostra trincea è sempre il fango» di Vincenzo Tessandori

«La nostra trincea è sempre il fango» «La nostra trincea è sempre il fango» CANELLI DAL NOSTRO INVIATO Così bianco e vuoto sembra uno scatolone e invece era un negozio di ottico. Di Egle Graziano, in via XX Settembre, una via ricca nella ricca Canelli, una strada colpita duro nella cittadina travolta dalle acque del Belbo che ora, dopo quel momento di follia, scorre pigro in quel letto che così tutto cemento e curve per l'alta velocità pare una sproporzionata pista di bob. Il negozio riaprirà fra pochi giorni, ma «la lotta col fango è stata furibonda». Un mese, e non è finita, purtroppo. La linea scura sui muri delle case di via Roma e di piazza Cavour ricorda quello che tutti ricorderanno per sempre: il tradimento del torrente. «E il periodo più brutto comincia ora, con questo mese che dovrebbe essere festoso», dice Oscar Bielli, il sindaco. «Sì, è vero, l'arrivo e la fuga dell'acqua, le prime 48 ore sono stati terribili e noi facemmo fuoco con la nostra legna, li affrontammo con i nostri mezzi. Ma ora? Dicono che l'emergenza sia finita. E io m'indispettisco quando lo sento. Ora c'è la città da risanare, tre scuole da riaprire, la casa di riposo da rimetter su». E molto di più. Le grandi aziende vinicole in un modo o nell'altro se la son cavata, ma in un documento inviato alla prefettura di Asti si sottolinea la situazione: più del 40 per cento dell'abitato ha subito gravi danni, ma soprattutto quell'ondata ha sconvolto il tessuto commerciale: «Di circa 250 esercizi, circa 200 sono stati gravemente colpiti e di questi molti sono attualmente chiusi». Senza un aiuto tempestivo molti non ce la faranno. Anche se sono lì a pulire botteghe e strade da un fango ostinato come il peggiore dei nemici. «Sì, il nodo è il commercio: non riesco a vedere Canelli con tutte le strade linde e 150 negozi sbarrati». Il fango. «Ce n'è ancora, si vede, ma è un sogno», osserva Piero Invernizzi, vicesindaco. E si rammarica per le lentezze dello Stato: «Se i Comuni ottengono fondi, devono passarli a Roma che poi provvedere a restituirli. Che spreco di tempo!». Non basta, ormai, il coraggio di quelli che a centinaia sono accorsi alla scuola materna di via Carlo Alberto dalla Chiesa, il quartier generale per l'alluvione, dov'erano stati trasferiti numerosi uffici del Comune, che proprio oggi tornano in via Roma. «In questa scuola sono accorsi da tutta Italia, coraggiosi, instancabili», osserva frate Antonello, arrivato quassù da Reggio Calabria. Una matassa di filo spinato circonda la caserma Vito Artale, in viale Milite Ignoto, ad Alessandria: non c'è neppure il ricordo del muro sbriciolato dall'ondata in quella prima domenica di novembre. Quel giorno il quartiere Orti venne affogato e quando l'acqua se ne andò, rimase una coltre compatta di fango. Quel giorno maledetto. «L'acqua era arrivata come il mare nella burrasca eppoi aveva spazzato via tutte le porte», dice Maria Corallina, che ha 74 anni e fa la centralinista all'Istituto Teresa Michel. Il telefono funziona con un filo volante, ma i pavimenti sono lucidi, la cucina funziona e proprio ieri son tornati ai piani bassi gli 85 ricoverati che le suore avevano portato sù, quando l'ondata travolse tutto. «E' l'emergenza abitativa la più grave, in questo momento», sostiene Francesca Calvo, il sindaco. Fuori da casa ci sono ancora 300 famiglie, un migliaio di persone. «Non so quando potremo tornare, abbiamo perduto tutto, tutto, tranne i ricordi, perché quell'acqua spesso ce la sogniamo la notte», dice Elio Cenerino, 71 anni. «Eravamo in sette, siamo rimasti una notte e un giorno rifugiati al primo piano». Ora sono qui, sul treno azzurro della Croce rossa militare, fermo al binario 1. «Centoventidue ospiti, oggi», dice il comandante, tenente Vincenzo Punturi. «La casa, ecco ciò che manca di più alla gente», dice la crocerossina Claudia Marchini, di Busto Arsizio. La casa. Don Ivo Piccinini, parroco di San Michele, ha lasciato la sua per una roulotte da dove dirige con polso fermo la guerra contro il fango. «Ma da Roma devono arrivare aiuti concreti, non bastano la generosità dei volontari e quella della gente». Fuori, persone in coda: c'è chi chiede della ghiaia preziosa per sistemare il fondo di strade secondarie ma essenziali. «Abbiamo a disposizione 150 metri cubi di ghiaia, ma non abbiamo i mezzi per trasportarla», dice con stizza don Ivo. La follia del Tanaro è stata grande, sottolinea Mario Palmiero, sindaco di Asti. L'acqua è arrivata 800 metri a destra e 1300 a sinistra, ma ora corso Savona è illuminato come nei giorni di festa perché i miracoli vengono compiuti anche in silenzio. «Lo Stato ci chiede in continuazione la fotografia dei danni, ma ora arriva il gelo e non sappiamo quanto potrà incidere, quanto questa fotografia cambierà», dice il sindaco. Che aggiunge: «A Roma hanno disposto un finanziamento di primo intervento di 100 miliardi, ma non hanno escluso l'Iva, quindi, in realtà ne recuperano 19». E il prefetto, Mario Palmiero, parla dei «1789 alloggi danneggiati nella provincia, dei quali 1356 sono già sistemati e 257 lo saranno entro Natale». E sottolinea la situazione di Castello d'Annone, dove alcune famiglie sono costrette nei «moduli», i prefabbricati della Protezione civile. Ma non è pessimista: «In 2-3 mesi si potrebbe risolvere tutto». Il prefetto è sotto inchiesta da parte della magistratura che indaga sui reati di disastro colposo e inondazione colposa. Quali sono i suoi rapporti con i giudici? «No, di questo non parlo». Domani il procuratore Sebastiano Sorbello affiderà a un collegio di tre esperti «una complessa consulenza per chiarire gli aspetti di idraulica, di politica del territorio e di ingegneria e prolezione civile. Senza andar a parlare di Adamo ed Eva, chiediamo se tutto abbia funzionato a dovere nella Protezione civile». Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Alessandria, Asti, Busto Arsizio, Canelli, Italia, Reggio Calabria, Roma