Una carriera costruita sul sangue

L'UOMO DEL TERRORE Una carriera costruita sul sangue La sua ferocia al servizio di Cosa Nostra L'UOMO DEL TERRORE ROMA INO Pecorelli, ma non solo. Ci sono tanti altri cadaveri nella carriera criminale di Michelangelo La Barbera, 53 anni vissuti in gran parte agli ordini di Cosa Nostra. Giovanni Giordano detto «Gianni u' napulitanu», per esempio, fu ammazzato perché ritenuto responsabile dell'arresto del boss Bernardo Brusca. Fu strangolato davanti a Totò Riina nella casa dove vivevano La Barbera e Giovanni Buscemi, l'altro mafioso catturato ieri dalla polizia, da Martuccio Brusca; Balduccio Di Maggio (il pentito che ha raccontato ai giudici questa storia) gli teneva le gambe, e Buscemi lo schiacciava con un piede. Il cadavere fu gettato nell'acido solforico; a svuotare il fusto, provvidero La Barbara e Buscemi. Era jl gennaio del 1986. La Barbera e Buscemi dovevano formare una coppia di assassini ben affiatata se quasi nove anni dopo, ieri mattina, gli uomini della Criminalpol li hanno stanati ancora insieme, in una casa alle porte di Palermo, nella stessa zona dove fu ammazzato Giovanni Giordano. Un'operazione che ha tolto alla «cupola» mafiosa un altro dei suoi componenti, ma soprattutto ha portato in carcere un killer mafioso di provata fede ed esperienza come. Michelangelo La Barbera, che prima ha militato nelle cosche di Bontate e Inzerillo e poi si è riciclato tra i corleonesi di Riina. Killer di omicidi eccellenti, come quello del giornalista Mino Pecorelli, se è vero quanto hanno detto i pentiti della «banda della Magliana». E testimone di incontri presunti ma - se veri - altrettanto eccellenti: un altro pentito «doc», Francesco Marino Mannoia, ha svelato che c'era pure lui al secondo faccia a faccia tra Giulio Andreotti e Stefano Bontate, nel 1980. Un pezzo da 90, dunque, Michelangelo La Barbera, chiamato «Angeluzzo» dai suoi compari, rappresentante della «famiglia» mafiosa di Passo di Rigano nella commissione provinciale di Cosa Nostra, accusato di decine di omicidi, compreso quello di Salvo Lima, della strage di Capaci e degli intrallazzi nati dall'intreccio mafia-appalti. Ma il punto più inquietante della sua carriera è l'assassinio di Mino Pecorelli, il giornalista zittito con due colpi di pistola, a Roma, la sera del 20 marzo 1979. A parlare di mano mafiosa in quel delitto, per la prima volta, fu Tommaso Buscetta nell'aprile del '93, nell'interrogatorio in cui spiegò che fu un favore fatto da Bontate e Badalamenti ai cugini Salvo, «in quanto a loro richiesto dall'onorevole Andreotti». Un anno più tardi, altri pentiti di tutt'altro ambiente, quella gang criminale romana al servizio di molti interessi chiamata «banda della Magliana», confermarono la pista indicata da Buscetta facendo i nomi dei killer di Pecorelli: Massimo Carminati, ex terrorista nero passato nelle file della criminalità comune, e un certo Angelo, un siciliano sbarcato appositamente sul continente. Ai pentiti - ce ne sono almeno tre che parlano di questa storia: Antonio Mancini detto ^accattone», sua moglie Fabiola Moretti e Vittorio Carnovale, soprannominato «il coniglio» - so- no state mostrate delle foto per individuare Angelo, e hanno indicato proprio lui, Michelangelo La Barbera, all'epoca dell'omicidio uomo di fiducia di Boutade. Quel riconoscimento è stato un punto di svolta nell'inchiesta che da un anno è condotta dalla procura di Perugia. L'indagine è stata trasferita nel capoluogo umbro perché tra i mandanti del delitto gli stessi pentiti hanno indicato l'ex ministro e senatore democristiano Claudio Vitalone, all'epoca dei fatti giudice a Roma e quindi non inquisitale dai colleghi di quel distretto giudiziario, uno dei «fedelissimi» di Giulio Andreotti. Un anno dopo l'omicidio Pecorelli, nella primavera dell'80, secondo il pentito Francesco Marino Mannoia, La Barbera era nella villetta di via Pitrè, a Palermo, dove sarebbe avvenuto l'incontro (sempre negato dal senatore) tra Andreotti a Bontate, organizzato dopo l'assassinio di Piersanti Mattarella. «Andreotti se ne andò con la coda tra gambe - ha raccontato il pentito -. Io non assistetti all'incontro, poiché rimasi fuori in giardino con Salvatore Federico e Angelo La Barbera». Dopo la guerra di mafia scatenata da Riina, «Angeluzzo» passò coi corleonesi, e fu prorio lui a dare appuntamento a Balduccio Di Maggio il giorno in cui ci sarebbe stato il famoso bacio tra Riina e Andreotti. Un killer, dunque, ma anche uno dei depositari dei più scottanti segreti di Cosa Nostra. Giovanni Bianconi Fu il pentito Buscetta ad accusarlo del delitto del giornalista di «Op» In alto il boss La Barbera. A destra un'immagine della strage di Capaci. A sinistra Mino Pecorelli

Luoghi citati: Capaci, Palermo, Perugia, Roma