La città contro i «ribelli» di Paolo Patruno
E i sindacati passano al contrattacco dopo il referendum choc sul «sabato lavorativo» La città contro i «ribelli» Vescovo e sindaco: «Una scelta cieca» UN VOTO CHE SCOTTA TERMOLI DAL NOSTRO INVIATO L'appuntamento è per stamane, davanti allo stabilimento nella piana della zona industriale, dove i bassi fabbricati occhieggiano l'autostrada e la curva del mare. Un comitato spontaneo si è subito saldato fra dipendenti della fabbrica, tute blu e colletti bianchi ben miscelati, e gli studenti, le autorità locali per cercare di disinnescare l'effetto dirompente del referendum tra i lavoratori che ha clamorosamente «bocciato» l'intesa già siglata fra l'azienda e i sindacati. Perché quel «no» pronunciato da 1600 dipendenti contro quasi 900 rischia di far suonare le campane a morto per lo stabilimento molisano in un futuro non lontano. Non si parla d'altro in città. In centro, dopo il derby calcistico, c'è la consueta animazione del sabato pomeriggio, il fitto passeggio su via Nazionale, i crocchi dei moltissimi giovani, le famiglie che s'attardano davanti alle vetrine illuminate da cui traspare un certo benessere. Il turismo, la pesca e poi l'industria hanno dato a questa zona una discreta opulenza economica, quale non si registra media- mente nel Molise che annovera quarantamila disoccupati. Eppure, fra la gente si colgono adesso scampoli di conversazione dai toni preoccupati, «declino», «cassa integrazione», «trasferimento delle lavorazioni». Il giornalaio della stazione si rammarica: «E' una vergogna, con la disoccupazione che c'è qui attorno rifiutare quattrocento posti di lavoro. Un po' di benessere ha dato alla testa a corta gente». E al Bar Centrale gli fa eco un pensionato, Mario Dadderio: «Hanno sbagliato a rifiutare, è drammatico quello che hanno fatto. Non si può lasciare sparire una fabbrica, mica ne spunta un'altra subito dopo. Forse i lavoratori perdevano qualcosa nel salario, ma assicuravano lo sviluppo e tanti posti nuovi per i giovani». Per cercare di capire di più, martedì arriverà qui di volata il leader della Fiom, Claudio Sabattini. E gli altri esponenti dei metalmeccanici Cisl e Uil lo seguiranno a ruota, nel tentativo di rimettere a posto i cocci, per spegnere quella micidiale miccia innescata dalla Cisnal sulle incomprensioni e il malcontento della base. Nel quartiere periferico delle «Case Fiat» c'è amarezza fra i lavoratori che hanno votato contro l'accordo. Si sentono incompresi: «Non abbiamo detto no alle nuove assunzioni e allo sviluppo dello stabilimento - sostiene Giuseppe Orlando, uno dei dirigenti Cisnal -. Abbiamo rifiutato l'imposizione del nuovo orario di lavoro, con il sabato e la domenica lavorativi». In realtà, l'accordo per la modifica dell'organizzazione a Termoli includeva da un lato il sabato nella normale turnazione d'orario (men¬ tre ora è in straordinario) e sull'altro piatto della bilancia 400 miliardi d'investimento per dare ulteriore slancio allo stabilimento e 400 assunzioni per la lavorazione del nuovo motore Fire a sedici valvole, il motore del futuro. L'obiettivo dell'azienda era fare di Termoli «lo stabilimento più grande e competitivo per i motori in Europa». Di fronte alla prospettiva di un declassamento della fabbrica, il sindaco di Termoli Remo Di Giandomenico si ribella: «Il risultato dimostra uno stato di confusione estrema. Anzi secondo me nasce da un equivoco di comprensione da parte dei lavoratori, perché i sacrifici che sono stati richiesti oggi vengono ricompensati dall'avvenire più sicuro dello stabilimento». Il presidente della Regione, Giovanni Di Giandomenico, fratello del sindaco, è ancora più lapidario: «E' stato un gesto di pura follia, dobbiamo fare di tutto per riallacciare il negoziato». E sulla stessa lunghezza d'onda si unisce da Campobasso Giorgio Lalli, presidente dell'Assindustria: «E' una catastrofe per la nostra economia». Anche il vescovo di Termoli, Do¬ menico D'Ambrosio esprime la sua «preoccupazione per un risultato che crea scontri e tensioni fra i lavoratori. Non riesco a capirne le motivazioni, anche quelle pretestuose sul sabato e domenica. La realtà è che non si sono volute dare prospettive di lavoro a 400 giovani e si è voluto sconfessare il sindacato». Già, masticano amaro nella sede della Fiom-Cgil davanti a quella che e una bruciante sconfitta. Ruggero Nobile, dirigente del sindacato da vent'anni, che si è preso insulti e accuse di tradimento, riconosce a denti stretti: «Per noi è valido il voto dei lavoratori. Ma da questa storia ne usciamo tutti sconfitti, noi sindacalisti e i lavoratori. E pensare che erano arrivate già 4300 domande di giovani per quei 400 posti. L'unica via d'uscita è riaprire il confronto con i lavoratori». Di qui, la missione di soccorso in extremis dei leader nazionali. Ma anche alla Cisnal, tutto sommato, puntano a rientrare in trattativa, modulando l'orario con un recupero salariale. «Non vogliamo farci sfuggire quest'occasione» riconosce tardivamente la Cisnal. Paolo Patruno Claudio Sabattini, leader Fiom
Persone citate: Claudio Sabattini, D'ambrosio, Giorgio Lalli, Giovanni Di Giandomenico, Giuseppe Orlando, Mario Dadderio, Ruggero Nobile
Luoghi citati: Bar Centrale, Campobasso, Europa, Molise, Termoli
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