Il pretore la minigonna può entrare in ufficio
Milano, impiegata dell'Ansaldo ha vinto Milano, impiegata dell'Ansaldo ha vinto Il pretore: la minigonna può entrare in ufficio Punita due anni fa da un dirigente «Le sue gambe distragganogli operai» MILANO. E adesso Luigina Giliberti, 26 anni, potrà indossare la minigonna tranquillamente, negli uffici milanesi dell'Ansaldo, senza timore di essere licenziata. Un'altra donna, Laura Curdo, pretore a Milano, le ha dato ragione: quel dirigente che la redarguì per i troppi centimetri che separavano l'orlo dalle ginocchia, due anni fa, non aveva il diritto di farlo. Nemmeno in nome della produttività aziendale. L'ingegnere Alvaro Ossiri, capufficio, sosteneva infatti che l'ingresso nei reparti di Luigina in minigonna (fisico da pin up, bionda con occhi celesti) distraeva gli operai. Ai primi richiami in corridoio seguì l'intimazione (vana) di mettersi una tuta blu, poi la sanzione disciplinare e una multa di 32 mila lire. Luigina si ritrovò in una scrivania isolata, senza telefono e, di fatto, con la proibizione di muoversi. Tutto l'opposto di quello che voleva un assicuratore anconetano, che negli stessi mesi costringeva una sua avvenente impiegata a indossare stabilmente la minigonna, «per attirare i clienti e stipulare più polizze». I due anni di purgatorio di Luigina sono ora finiti grazie alla dottoressa Curcio. Il magistrato ha ravvisato nel comportamento dell'Ansaldo una violazione della legge sulla discriminazione sessuale. E ha sottolineato che l'ingegnere Ossiri avrebbe dovuto piuttosto richiamare gli operai che fischiavano alla vista delle belle gambe di Luigina. L'azienda dovrà pagare due milioni di spese processuali e risarcire all'impiegata, a titolo simbolico, centomila lire. II caso di Luigina suscitò, nell'ottobre '92, vivaci polemiche e approdò anche in Parlamento, Luigina Gilibert dove il senatore verde Emilio Molinari, ex dirigente.di Avanguardia Operaia, sottolineò che «il ruolo di un dirigente non è quello di far da vestale alle tute blu, così come gli operai dei reparti non possono essere tutti considerati dei guardoni o dei potenziali maniaci». Luigina Giliberti non si fece intimidire dalle pressioni del dirigente, forse dettate - si disse all'epoca - dal fatto che la giovane era delegata della Firn. Ai primi richiami rispose decisa, aiutata da una dialettica sciolta. E tra le prime conseguenze del rifiuto a scambiare la minigonna con una tuta da Cipputi, ci fu quella di rallentare il corso degli studi universitari. Luigina era iscritta al terzo anno di Scienze Politiche e i permessi per sostenere gli esami arrivarono sempre più radi. Tanto che l'impiegata inserì anche questa «violazione» nell'esposto al pretore. Ma su questo punto il giudice le ha dato torto, l'azienda non dovrà risarcire le trattenute effettuate in occasione dei permessi universitari. Nei due anni di «isolamento» le mansioni della Giliberti, diploma di ragioniera e specializzazione come programmatrice di computer, vennero declassate a quelle di un'archivista. E pensare che la minigonna già da molto tempo aveva perso la carica contestatrice che le aveva voluto dare la stilista Mary Quant, nel 1964. Un leader della Firn commentò: «In una fabbrica che ha problemi di cassa integrazione, di trasferimenti e di ridimensionamento degli organici,forse sarebbe meglio pensare alle soluzioni di questi problemi, piuttosto che sbirciare le gambe delle impiegate». Paolo Potetti Luigina Giliberti
Persone citate: Curcio, Emilio Molinari, Gilibert, Giliberti, Laura Curdo, Mary Quant, Paolo Potetti
Luoghi citati: Milano
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