«Il mostro? Posso perdonarlo Ma se esce farà i conti con me»

In tribunale per il processo al maniaco di Foligno, il padre di Lorenzo si sfoga In tribunale per il processo al maniaco di Foligno, il padre di Lorenzo si sfoga «Il mostro? Posso perdonarlo Ma se esce farà i conti con me» PERUGIA DAL NOSTRO INVIATO Il «mostro» non c'è, la gabbia è vuota. Luigi Chiatti, l'assassino dei due bambini di Foligno, ha preferito rimanere in carcere. Isolato, per motivi di sicurezza. E Silvana Paolucci - madre di Lorenzo, 13 anni, ucciso il 7 agosto dell'anno scorso a colpi di forchettone e coltello -, sospira: «E' meglio così, vederlo in faccia sarebbe stalo troppo». Suo marito, Luciano, un uomo senza più sorrisi, aggiunge: «Il perdono è un fatto cristiano, personale, ma quello deve stare in carcere. Finché sta lì sta bene, perché se un giorno dovesse uscire la prima persona che si troverebbe davanti sarei io: non gli permetterei di ammazzare altri bambini, dovrà passare su di me». Il «mostro» non c'è, ma non è certo uh fantasma quello che si processa nella «sala degli affreschi» del palazzo di giustizia di Perugia, davanti alla corte d'assise. Tutti i presenti conoscono fin troppo bene il dramma che sarà ricostruito per i giudici togati e popolari, lo strazio dei genitori costretti a rivivere la fine raccapricciante dei loro piccoli, i particolari sconvolgenti dei due delitti, ripercorsi con pudore ma senza censure. E nell'aula affollata si respira un'aria grave, di dolore e di rispetto insieme. Il dramma di Luigi Chiatti e delle sue vittime adesso è raccolto in un groviglio di articoli del codice penale (omicidio, sequestro di persona, occultamento di cadavere e altro), ma dietro quei numeri ci sono due brevissime vite spezzate senza perché e un ragazzo oppresso da un'esistenza sfortunata fatta di abbandoni, omosessualità e pedofilia, sfociata in due omicidi e nel carcere. Franco Allegretti, papà di Simone, morto ammazzato a 4 anni e mezzo per soffocamento e ferite da taglio, è il primo testimone a deporre. Ricorda il giorno che il suo Si1 mone sparì mentre giocava sotto al noce davanti alla casa di Maceratola, una frazione di Foligno fatta di un pugno di famiglie che si conoscono tutte, di quando fu ritrovato il cavadere nudo gettato in una discarica a parecchi chilometri di distanza. E parla di adesso, di una vita che non è e non sarà più la stessa. «Avevo una pompa di benzina - dice ai giudici - ma l'ho venduta. Ora lavoro un pezzetto di terra con mio padre». Perché?, chiede il suo avvocato. «Perché non c'era più quel rapporto sincero con la gente che avevo prima. Adesso provo fastidio a stare con le altre persone, e lì al distributore tutti quelli che venivano mi guardavano in modo strano, con curiosità. Non ce la facevo più, e allora ho smesso. Io e la mia famiglia ci siamo chiusi. Oggi sono venuto qui perché devo aiutare Simone, ma sennò, io, con la gente meno ci sto e meglio è». Luciana, la madre di Simone, aspetta un altro bambino, ma adesso è solo l'immagine di una donna distrutta. Ha gli occhi rossi di pianto e la voce che trema quando ricorda che il 4 ottobre del '92 il suo Si- mone era vestito coi pantaloncini avana, la camicetta rossa e le ciabatte della nonna: «Verso le tre e un quarto è tornato in casa, è riuscito, l'ho guardato per un momento dalla finestra, poi non l'ho visto più». Anche lei dice che la gente le dà fastidio, e racconta di quando si accorse che sulla tomba di Simone, una mattina, la foto del bambino non c'era più: «E' stato come si si fossero riappropriati una seconda volta della mia creatura». Quella foto l'aveva rubata Luigi Chiatti, in un gesto di sfida agli inquirenti che dopo mesi non riuscivano ad acciuffarlo. Il «mostro» adesso non c'è, ma Luciana Alle- gretti pensa a lui quando il medico legale racconta le sevizie subite dal bambino prima di morire: c'erano ecchimosi ed escoriazioni ovunque, sul viso, sul collo e sulle parti intime. Luciana ascolta col capo reclinato, piange senza singhiozzi e sibila: «'sto bastardo». Accanto a lei, Franco è immobile come una sfinge, e il viso non tradisce il tumulto di sofferenze provocato dal resoconto della fine del suo Simone, compresi i tentati'" nell'assassino di avere un rapporto con la vittima. ' Tecnicamente il processo si giocherà tutto sulla capacità di intendere e di volere dell'imputato, che in istruttoria ha confessato con do¬ vizia di particolari non solo i due delitti, ma anche l'attrazione provata per i ragazzi e i bambini, sempre maschi, e il suo folle progetto di rapirne due e tenerli con sé per sette anni allo scopo di «educarli attraverso il gioco». Il pubblico ministero intende dimostrare che era ed è perfettamente sano di mente, le parti civili sosterranno in più la sua pericolosità sociale, mentre la difesa punterà sull'infermità mentale. Tra i corpi di reato il pm Michele Renzo annuncia che presenterà anche un disegno di Chiatti: ci sono scene di guerra e un nome maschile, probabilmente lo stesso del bambino che - ha raccontato l'assassino nelle sue confessioni - ebbe con lui «un ottimo rapporto». Sarà uno dei momenti chiave per discutere della psiche del «mostro». Ma i genitori delle due piccole vittime non vogliono sentire ragioni. Per loro, fin d'ora, esiste una sola possibilità: ergastolo. «Poi vigileremo - dice con un filo di voce Silvana Paolucci perché lo sconti fino alla fine». Giovanni Bianconi L'assassino non c'era La mamma del bimbo: «Vederlo era troppo» noce davanti alla casa di Maceratola, una frazione di Foligno fatta di un pugno di famiglie che si conoscono tutte, di quando fu ritrovato il cavadere nudo gettato in una discarica a parecchi chilometri di distanza. E parla di adesso, di una vita che non è e non sarà più la stessa. «Avevo una pompa di benzina - dice ai giudici - ma l'ho venduta. Ora lavoro un pezzetto di terra con mio padre». Perché?, chiede il suo avvo5 AH14* MASSINO 24 ANNj A sinistra i genitori di Lorenzo Paolucci, una delle due vittime. Sopra Luigi Chiatti, in basso un disegno del mostro di Foligno

Luoghi citati: Foligno, Perugia