Ecco tutta la verità sulla Uno bianca

Bologna, i fratelli Savi raccontano otto anni di rapine: siamo i killer dei carabinieri del Pilastro Bologna, i fratelli Savi raccontano otto anni di rapine: siamo i killer dei carabinieri del Pilastro Ecco tutta la verità sulla Uno bianca False dichiarazioni, nei guai una pentita Un altro poliziotto nel mirino dei giudici BOLOGNA. C'è un nuovo rompicapo per gli inquirenti che indagano sui misteri della Uno bianca: ha più valore la confessione di un poliziotto con l'hobby del crimine oppure quella di un criminale ravveduto? I fratelli in divisa Roberto e Alberto Savi, e il loro fratellastro Fabio, camionista con la passione delle armi, stanno confessando. Il loro racconto ridisegna la mappa del crimine bolognese dal 1986 ad oggi, fa vacillare i risultati di indagini già chiuse e mette in forse lo svolgimento di almeno due processi: quello per le imprese della banda delle Coop (14 rapine, 2 morti, 15 feriti), conclusa con la condanna in primo grado e in appello di un'organizzazione di catanesi e per il quale il 9 dicembre è atteso il pronunciamento della Corte di Cassazione; quello, ancora in svolgimento, per l'eccidio dei tre carabinieri al Pilastro, con gli imputati Marco Medda, William e Peter Santagata e Massimiliano Motta, accusati da alcuni collaboratori della Giustizia. Abbandonati gli atteggiamenti da Rambo, a pochi giorni dall'arresto, i tre fratelli Savi sono crollati. La banda formato famiglia - hanno raccontato ai giudici - ha cominciato ad operare nel 1986 con una serie di rapine ai caselli autostradali e ai supermercati delle Coop. Risale a questo periodo anche un episodio particolarmente inquietante, il cui fascicolo è stato ora rispolverato: il suicidio (così fu clas- sificato all'epoca) dell'agente di polizia in servizio a Bologna, Carlo Agnetti, 24 anni, trovato morto con una ferita d'arma da fuoco alla testa nell'aprile del 1987 in un fossato lungo la A/14, vicino a Cesena. Nel 1990, i fratelli Savi inaugurano la fase più puramente terroristica della loro storia criminale. Compare la Fiat Uno bianca, vengono assaltati campi nomadi, ammazzati extracomunitari, trucidati carabinieri. Il più loquace dei tre, Fabio, che dal giorno dell'arresto rifiuta il cibo, è stato preciso: a sparare al Pilastro sono stati loro, i tre fratelli dalla doppia vita. E per ognuna delle imprese confessate (praticamente ogni delitto accaduto a Bologna e in Romagna negli ultimi otto anni) nell'arsenale di Roberto Savi ci sarebbe l'arma che lo ha firmato. Fabio Savi avrebbe confessato anche le uccisioni di Primo Zecchi e Massimiliano Valenti, i due «testimoni scomodi» che avevano assistito a rapine. «Mi avevano fatto arrabbiare», ha spiegato impassibile ai magistrati. Le «confessioni» dei poliziotti (particolare curioso: tutti gli arrestati hanno fatto parte della «Volante 4») hanno provocato un terremoto nella gestione dei collaboratori di giustizia. Alcuni pentiti sono già stati «avvisati» per il reato di calunnia; ma è un atto «dovuto». Anna Maria Fontana, teste-chiave nel processo per la banda delle Coop, l'altra notte è stata posta in stato di fermo. Avrebbe mentito quando attribuì un ruolo ad alcuni catanesi nella riunione preparatoria della rapina alla Coop di Casalecchio di Reno, nella cintura bolognese, del 19 febbraio del 1988, quando una bomba uccise la guardia giurata Carlo Beccari e ne ferì altre tre. Quel colpo, dice Fabio Savi, l'ha compiuto lui, con il fratello Roberto e l'amico poliziotto Marino Occhipinti. Tra i testi sentiti vi è anche Simonetta Bersani, supertestimone del processo del Pilastro. Giovane amica dei Santagata, dopo due anni di silenzi, Simonetta si è decisa a collaborare consegnando alla Giustizia i due fratelli e se stessa a una vita da reclusa, Per la sorte del processo, e dei quattro impu¬ tati, sarà decisiva la deposizione (il 9 dicembre) di Eva Mikula, la giovane romena, convivente di Fabio Savi, che ha riferito di come il suo uomo si fosse vantato con lei di aver ucciso i tre militari. Ieri è circolata con insistenza la voce (poi smentita) di un settimo arresto. Sarebbero sette, secondo gli inquirenti, i componenti della banda: all'appe)' j ne mancherebbe ancora uno, quindi. La voce era probabilmente dovuta al lungo interrogatorio cui è stato sottoposto a Rimini il poliziotto Riccardo Mazza, l'attuale convivente di Maria Grazia Angelini, l'ex moglie di Fabio Savi, che gli aveva confidato i delitti del marito, senza essere creduta. Mazza è stato rilasciato: avrebbe peccato solo di eccessiva ingenuità. Di un eccessivo timore è stato invece vittima Stefano Occhipinti, fratello di Marino, a sua volta agente in servizio alla Polfer, interrogato nel pomeriggio dai carabinieri dopo uno strano episodio. Alcuni Vigili Urbani, ai quali aveva mostrato il tesserino per poter entrare nel centro storico di Bologna, lo avevano visto gettare un caricatore di pistola in un cassonetto dei rifiuti. Quattordici colpi cai. 9x19: gli stessi di alcuni delitti della Uno bianca. Il giovane ne aveva in p;ù rispetto a quelli di ordinanza e, per timore di essere pure lui coinvolto, se ne voleva sbarazzare. Dopo l'interrogatorio, è stato rilasciato. Smentita anche la voce secondo la quale Pietro Gugliotta (uno dei cinque poliziotti arrestati) avrebbe tentato il suicidio in carcere. Il proposito era solo annunciato in una lettera che aveva in tasca al momento dell'arresto. Marisa Ostotani A sinistra: i funerali dei tre carabinieri trucidati tre anni fa

Luoghi citati: Bologna, Casalecchio Di Reno, Cesena, Rimini, Romagna