E il cardinale benedice il Cavaliere di Augusto Minzolini

Mezzo esecutivo a pranzo con il vertice del Vaticano. Nuove critiche di Scalfaro a Berlusconi Mezzo esecutivo a pranzo con il vertice del Vaticano. Nuove critiche di Scalfaro a Berlusconi E il cardinale benedice il Cavaliere //premier emozionato: il mio governo ha il record di nemici ROMA. Mani giunte e segno della croce nel salone di quel palazzetto del Cinquecento in viale delle Belle Arti che ospita l'ambasciata italiana presso la Santa Sede. Intorno a quella tavola imbandita c'è mezzo governo italiano e mezzo governo della Chiesa ospiti dell'ambasciatore Bottai. E tutti ascoltano in silenzio con gli occhi bassi la pre: ghiera in latino del segretario di Stato, Angelo Sodano. «Benedici Signore noi e questo cibo - recita la traduzione - che stiamo per prendere. Noi siamo al tuo servizio...». Il più compito di tutti è Silvio Berlusconi che si fa due volte il segno della croce. Accanto ha i ministri Martino, Urbani, Tremonti e Pagliarini. Di fronte c'è il governo del Vaticano: naturalmente Sodano, accompagnato dai due sostituti Re e Tauron e dai nuovi cardinali italiani ordinati dall'ultimo Concistoro. Infine, tra tanti convitati c'è anche un uomo del tempo passato, quell'Emilio Colombo che nell'era de è sempre stato attento a coltivare gli uomini d'Oltretevere. Si sondano discretamente quei due mondi che non si conoscono, gli uomini di Chiesa che governano da duemila anni e gli uomini della Seconda Repubblica che sono arrivati appena adesso. E il capo del governo è il più attento e il più sensibile a queyli sguardi esperti che lo scrutano. Nell'ultima settimana ha capito cosa può la Chiesa: quei due articoli sull'Avvenire e sull'Osservatore, che hanno posto un «alt» ad una maggioranza che metta insieme popolari e pds, per lui sono stati manna dal cielo. Inoltre, Berlusconi sa benissimo che il legame con i grandi porporati può tornare utile anche per migliorare il tempestoso rapporto con Scalfaro, con quel Presidente della Repubblica che ancora ieri ha parlato in questi termini del capo del governo ai due post-socialisti, Cicchino e Manca, che sono saliti al Quirinale: «Berlusconi - è il giudizio di Scalfaro - è il vuoto assoluto: il pds ha sbagliato quando ha puntato alla distruzione totale della de e del psi, ora ne abbiamo ereditato questa roba». Ecco perché il presidente del Consiglio punta tanto a questo incontro, ecco perché è emozionato. Prima di entrare nell'ambasciata, Berlusconi ha il tempo per dire ai giornalisti che vuole essere interrogato dai giudici di Milano. Lo fa con vigore, il vigore di ohi sta scaricando la tensione prima di affrontare un'esperienza nuova: la testa è ai cardinali che lo attendono. Poi, salendo gli scalini dell'ambasciata, risponde seccato all'uomo della scorta che continua a porgergli il cappotto: «Perché me lo dai adesso che debbo entrare?». Eh sì, il presidente questo momento lo sente. Dentro l'ampio salone Berlusconi è tutto sorrisi, inchini e baci di mano agli alti prelati. La colazione comincia con la preghiera. Intorno al tavolo si muove il cameraman personale del presidente, Gasparotto, che ha l'incarico di riprendere Berlusconi mentre si fa il segno della croce. Siamo all'antipasto di rustici di piselli caldi. Bottai, da esperto diplomatico, fa quello che può per mettere a loro agio quelle persone che si conoscono poco. Emilio Colombo, che ha presenziato un'infinità di volte incontri del genere, racconterà in questo modo la scena: «Si vedeva lontano un miglio che Berlusconi e i suoi ministri non sono persone abituate a intrattenere questo tipo di rapporti. La maggior parte di loro ha avuto un atteggiamento timido e riservato per tutto il pranzo. Erano in imbarazzo, non sapevano come comportarsi. La verità è che tutti questi vengono da un altro pianeta. Hanno distrutto una classe dirigente e ora capiscono quanto sia difficile governare». Ma se gli altri ministri rimangono perlopiù in silenzio e, paralizzati dall'atmosfera insolita che li circonda, parlano a monosillabi, il Cavaliere non si tira indietro. E' nel carattere del presidente rompere il ghiaccio e tolte le tradizionali barzellette, che sarebbero fuori luogo, Berlusconi al cospetto di quei cardinali e di quegli alti prelati comincia a fare i discorsi di sempre: «Per venire qui - esordisce - ho lasciato la riunione con i sindacati. Ah, sapeste quante difficoltà si incontrano quando si vuole governare davvero. Si perde un mucchio di tempo, ce ne vuole più del necessario. Quando ero in azienda potevo decidere subito. Inoltre, sono abituato in una certa maniera che nel governo è difficile applicare: io sento tutti, ma alla fine voglio decidere da solo». Insomma, tempi da imprenditore del tutto diversi dai tempi secolari della Chiesa. I cardinali, però, annuiscono: Berlusconi sarà pure un uomo d'azienda ma sicuramente si presenta come un credente devoto. Prima portata, risotto ai funghi. Il capo del governo, visto che i suoi ministri se ne rimangono zitti, continua a condurre la discussione. Parla degli ostacoli che incontra e di tutti quelli che lo vogliono far fuori. Poi, all'improvviso, si guarda intorno per cercare tra i convitati una persona e dice ad alta voce: «Voglio chiedere al presidente Colombo se c'è stato un governo che ha avuto più nemici ed avversari del mio». L'altro, senza farlo finire, risponde pronto: «Sì, il mio. Io avevo in piazza sia la sini¬ stra che la destra. Avevo a che fare con boia chi molla. Comunque, quando dice che vuole decidere, non si dimentichi del consenso». Quelle parole Berlusconi non le interpreta certo come un aiuto. Lui gli eredi del «boia chi molla» li ha nel governo e, anche se il presidente non è avvezzo a queste battute da «prete», capisce che mentre servono l'arrosto è il momento di cambiare discorso. «Sapete - racconta per sbalordire i suoi interlocutori - che ho cinque zie suore. Forse per colpa loro non sono mai andato d'accordo con De Mita. La prima volta che l'ho incontrato, infatti, lui mi ha detto che aveva studiato dai salesiani. Gli ho risposto che anch'io avevo frequentato un collegio di salesiani e che avevo cinque zie monache. Forse non ci ha creduto, ha pensato che lo prendessi in giro, fatto sta che da quel giorno non siamo mai andati d'accordo». Parla ancora il presidente, ma alla fine tocca anche ai cardinali dire la loro. E' il momento del dessert, gelato con panna, e per tutti prende la parola il prelato più anziano, mons. Tonini, che è stato appena fatto cardinale. Usa un linguaggio che per molti in quel salone è oscuro. «Esprimiamo - dice la gratitudine per quest'incontro. Io esprimo i nostri sentimenti. Ma sapete da noi in Emilia cosa vuol dire quest'espressione? E' la convinzione che i sentimenti passando attraverso il cuore creino uno stato d'animo di reciproco affetto». Insomma, «le guardie svizzere», come le chiama Giuliano Ferrara, hanno dato la benedizione, ma quanti dei ministri di quel governo se ne sono resi conto? «Non lo so - racconta a fine incontro Emilio Colombo -. Sono tanto lontani dal linguaggio della Chiesa. Non so neanche se il latino fa parte delle cognizioni di Berlusconi». Augusto Minzolini Silvio Berlusconi a colazione con il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano

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