«Nave blu» una storia rosso sangue

«Nave blu»/ una storia rosso sangue «Nave blu»/ una storia rosso sangue Nell'85fu sequestrata da un commando palestinese UN'AVVENTURA MALEDETTA UNA lunga striscia scura, quasi un enorme sfregio dal ponte di coperta alla fiancata blu di sinistra: fu quella striscia a calamitare gli occhi impazienti della folla radunata al Ponte dei Mille, a Genova, e quelli indiscreti delle telecamere piazzate per la «diretta». Le 23 di mercoledì 16 ottobre 1985, illuminata a giorno e col gran pavese, l'Achille Lauro rientrava in porto, la gente sul molo applaudiva e piangeva, e quella a bordo cantava, salutava e rideva per il pericolo appena scampato perché una settimana prima un gruppo di palestinesi aveva sequestrato e dirottato la nave, ammazzato un ostaggio scaraventandolo in mare. E quella striscia era il sangue dell'unica vittima. Dissero allora che la Lauro fosse «sfortunata», quanto di peggio si possa pensare di una nave perché in mare la fortuna è la cosa più importante. Un'etichetta già affibbiata ad altre navi: il Titanic, affondato da un iceberg la notte del 14 aprile 1912 durante il viaggio inaugurale; lo SchleswigHolstein, le cui cannonate nel porto di Danzica il primo settembre 1939 appiccarono il rogo della seconda guerra mondiale; l'Andrea Doria, mandata a picco nella notte fra il 25 e il 26 luglio 1956 dal rompighiaccio Stokhòlm al largo degli Usa. La «nave blu» non era nata italiana. La mitologia vuole che fosse stata impostata nel 1938 nei cantieri Koninklijke, in Olanda, e quando gli stivali dei soldati del Terzo Reich calpestarono le dighe, lo scafo venne interrato per sottrarlo agli artigli tedeschi. Il varo avvenne due anni dopo la fine della guerra e la nave chiamata «Willem Ruys» cominciò a solcare le onde inquiete del Mare del Nord e quelle più possenti dell'Atlantico, insomma, come si dice, sembrava destinata a una vita anonima e onorata. Ma dopo sedici anni, ormai adulta, fu acquistata da Achille Lauro, «il comandante Lauro», armatore e disinvòlto uomo politico napoletano. Come nave non era un granché: lontana dai gusti mediterranei, un po' troppo spartana, scomoda, rumorosa, così come si presentava non c'era neppur da pensare che potesse reggere il confronto con gli eleganti transatlantici della Compagnia Italia e del Lloyd Triestino che portavano per i mari di tutto il mondo lo stile italiano. Così furono decisi lavori radicali. Nei cantieri di Genova l'Achille Lauro diventò in tutto e per tutto una nave italiana, fu anche allungata e passò da 176,5 metri a 196. Per distinguerla dai vascelli della Compagnia Italia che parevano enormi balene bianche venne deciso di pitturare di azzurro le fiancate. Azzurro simile alle maglie della squadra di calcio del Napoli, che aveva nel «comandante» il suo presidente, o come la bandiera dei Savoia, perché Achille Lauro spasimava per la monarchia. Erano, quelli, gli anni in cui il tutto esaurito si aveva con gli emigranti diretti alle Americhe o verso l'Australia. E la Lauro batté la rotta per il Nuovissimo continente. Ma era in agguato un concorrente inesorabile: l'aeroplano. Vennero venduti i gioielli della flotta italiana, Raffaello e Michelangelo, altre navi poste in disarmo. All'Achille Lauro non si rinunziò e nel 1972 fu sottoposta a una seconda, approfondita cura di bellezza. Diventò una nave da crociera, con 386 cabine, saloni da ballo, teatro, discoteca, casino, due piscine. E' vero che nel ventre della nave i corridoi apparivano fin troppo stretti, ma le crociere ottenevano successo: il Mediterraneo e il Medio Oriente, soprattutto, erano le mete proposte. Con puntate oltre le Colonne d'Ercole. E nel porto di Tenerife, nel 1980, dove la nave si trovava sotto sequestro per il crack della Flotta Lauro, scoppiò un incendio furioso. La «nave blu» rimase ferma fino al 1984, poi riprese il suo girovagare per il Mediterraneo: Grecia, Turchia, Israele. Quei corridoi stretti e lunghi come budelli, le tante cabine, gli otto ponti la rendevano una nave difficile da controllare: certo a questo e agli scarsi controlli di sicurezza pensarono, nel 1985, i palestinesi di Abu Abbas, uno di cui Yasser Arafat fino a quel momento si era fidato ciecamente, uno afflitto da una fantasia sbrigliata. L'Achille Lauro gli sembrò perfetta per il suo progetto: assaltare il porto israeliano di Ashdod. Una follia? Certo, ma ancora più scombiccherato era parso il tentativo di attacco a Israele in mongolfiera, fallito pochi anni avanti. La nave salpò da Genova ai primi di ottobre, con 450 passeggeri. Fra il 7 e l'8 l'Achille Lauro venne sequestrata mentre puntava su Porto Said. Leon Klinghoffer, un americano ebreo e paralizzato fu ucciso dal capo del commando, gli altri passeggeri radunati nei saloni e minacciati di morte. L'azione contro il porto di Ashdod era fallita, ma i dirottatori non mollavano e pretendevano uno scambio fra i passeggeri e 52 palestinesi detenuti nella carceri israeliane. In quelle 48 ore di braccio di ferro a bordo accaddero cose disgustose: molti dell'equipaggio mostrarono l'aspetto peggiore, vennero svaligiate le casseforti, qualcuno rubò con la forza ai passeggeri i pochi panini distribuiti dai dirottatori. Dall'Italia partirono gli incursori della Marina Militare con il compito di assaltare la nave. «Avevamo messo in preventivo 25 morti», raccontò poi il comandante Francesco Marconi che guidava il gruppo. Troppi. Si trattò fino alla resa dei palestinesi che sbarcarono in Egitto. Ad Alessandria per abbracciare i suoi era accorso anche Abu Abbas. Quando cercò di tornare al quartier generale dell'Olp a Tunisi, caccia americani costrinsero l'aereo egiziano su cui volava, all'atterraggio alla base Nato di Sigonella. L'aereo venne circondato dagli avieri italiani, che a loro volta furono circondati da quelli del Seals Team Six, comandati dal generale Steimer: gli americani pretendevano Abu Abbas. Ma arrivarono i carabinieri, comandati dal colonnello Annicchiarico che puntarono le anni sul commando americano. Al presidente Reagan rispose picche Craxi. Poi l'aereo egiziano volò a Roma e Abbas fu fatto fuggire, via Jugoslavia. Nell'estate scorsa, la Lauro venne scelta per una crociera in Mediterraneo da Fini e da 400 simpatizzanti di An. Tappe a Porto Said con visita al sacrario di El Alamein, Cipro, Rodi e il Pireo dove un gruppo di sindacalisti greci contestò i passeggeri. Ora per la nave «sfortunata» il nuovo incendio. «Quando l'ho saputo ho provato una fortissima emozione, quella nave pareva invulnerabile», ha commentato Alberto Negrin che nel 1989 girò sulla nave un film sul sequestro. Vincenzo Tessa ndorì Quei sette giorni in mano ai terroristi Un americano fu ucciso Marchiata dalla sfortuna come il Titanic e l'Andrea Doria Da sinistra, l'armatore Achille Lauro e Gianfranco Fini al timone della nave. A destra, Leon Klinghoffer, morto durante il dirottamento del 1985