«fuggiti dall'inferno in abito da sera» di Gabriele Beccaria

«Stavamo rientrando da una festa: ci sono state scene di panico, eravamo accerchiati dal fuoco» «Stavamo rientrando da una festa: ci sono state scene di panico, eravamo accerchiati dal fuoco» «fuggiti dalFinferno in abito da sera» / naufraghi: salvati dall'abilità dell'equipaggio Nella notte dell'Oceano Indiano !'«Achille Lauro» muore. «L'ho vista là, con la poppa in fiamme. E una metà della nave avvolta in un colossale rogo». Fiamme alte, alte come una casa di tre piani, che straziano gli acciai e divorano un gigante dei mari vecchio mezzo secolo. Da bordo della «Treasure Island», il comandante Dimitrius Skapinakis ha guardato il mare punteggiato di naufraghi, le scialuppe stracariche di una folla in abito da sera e in giubbotto salvagente, i grappoli di donne e uomini mezzi svenuti salvati da c entinaia di marinai e si è stampato nella memoria i colori e gli odori di un'agonia. Venti, 30, 40 gradi di inclinazione. L'ha vista là, la nave da crociera puntare verso l'abisso. «E' devastata. Non credo che si salvi. Affonderà, forse entro una dozzina d'ore». Skapinakis è stato il primo, alle 5,54, a raccogliere l'Sos e per un'ora, in plancia, è stato gomito a gomito con il comandante deU'«Achille Lauro» Giuseppe Orsi. «Lui è stato l'ultimo ad abbandonare la nave. Era provato, e molto triste. Purtroppo non abbiamo avuto molto tempo per parlare di ciò che era successo. Era impegnatissimo, e noi con lui, a organizzare i soccorsi»: messaggi con il comando delle capitanerie di Roma, pacchi di medicine e coperte preparati in tutta fretta e tanto sangue freddo. «Orsi mi ha rivelato che l'incendio è scoppiato nella sala macchine e che poi è divampato violentissimo, incontrollabile». Skapinakis e la sua nave sono stati per quattro ore sul luogo del disastro, quattro ore cruciali. «Abbiamo funzionato da "ponte" per le comunicazioni radio con l'Italia, mentre a poca distanza da noi la "Hawaiian King" e la "Bardu" issavano a bordo i naufraghi»: scene: di pianti, abbracci è urla, cbn i «salvati» che si dimenavano per cercare un parente, un amico, un fig)jp,e i feriti che chiedevano aiuto. Cala l'oscurità, il mare comincia a gonfiarsi e la «Hawaiian King» ha fermato le macchine. Stanno per arrivare l'incrociatore americano «Gettysburgh» e la fregata «Haly Burton». Per la «Treasure Island» la missione è finita: è arrivato l'«ok» e si può ripartire per la destinazione prevista, il Sud Africa. «Adesso, mentre le sto parlando al satellitare, siamo a un paio d'ore dall"Achille Lauro": si trova, per l'esattezza, a 100 miglia al largo della costa somala, 8 gradi Nord e 52,2 gradi Est». Che Dio l'aiuti. Che Dio l'aiuti. «Quella nave è vecchia. Chissà se ce la farà». Anche sulla «Leira», 48 mila tonnellate, sono pessimisti. «Appena captato il grido d'aiuto delT'Achille Lauro", abbiamo fatto dietro-front, a tutta forza», spiega un ufficiale. Nove ore con le macchine che gemevano sotto lo sforzo, a 14 tiratissimi nodi. Di più, con quel carico di cemento, non si poteva. L'hanno avvistata mentre il sole tramontava e un altro sole, un sole artificiale di fiamme e fumi, rischiarava le acque e le faceva ribollire. L'«Achille Lauro» stava loro di fronte. «C'erano tanti battelli pneumatici abbandonati, li abbiamo ispezionati uno a uno per assicurarci che sopra non fosse restato nessuno. Le ultime lance erano agganciate sottobordo alT'Hawaiian King", con decine di persone. I soccorsi si svolgevano con efficienza. La gente sembrava abbastanza tranquilla. Niente panico». Ma il panico c'era stato poco prima, scatenato dallo spettro di una fine senza scampo e Edward Morris, inglese, è morto di paura. «Abbiamo abbandonato la nave senza troppi incidenti solo grazie alla fermezza dell'equipaggio. C'erano otto bambini a bordo e io li ho aiutati, con alcuni altri, a fuggire. Quando mio figlio è stato calato nella scialuppa si è spaventato. Non capiva cosa stesse succedendo». Parla affannato Tony Webb. Businessman inglese, 44 anni, parla come un miracolato e affida la sua testimonianza via telefono, a un reporter dell'«Evening Standard» di Londra. Dice Webb: <<L'SlIarme è statò dato all'1,30 di notte, quando abbiamo sentito i motori spegnersi. Ci hanno chiesto di salire sul pónte, ma il fuoco era violentissimo e abbiamo dovuto farci largo tra un fumo spesso che si infiltrava dappertutto». Webb ricorda grida, imprecazioni e un senso di oppressione al petto. «La maggior parte di noi era in smoking e in abito lungo perché era appena stata a una festa». Ritorna col pensiero al figlio: «Mi sono subito preoccupato di Michael, che ha due anni ed era terrorizzato». Anche Michael è salvo e ha smesso di piangere. Lo hanno avvolto in una coperta. E' salvo come altre 900 persone sul1'«Hawaiian King» e come altre 50 sulla «Bardu». Tutti salvi, tranne Mr. Morris, inglese, e Herr Szimke, tedesco. L'approdo a terra, ora, è questione di ore, destinazione: Seychelles, Mombasa e Gibuti. E a Gibuti è cominciato il conto alla rovescia. «Ci stiamo preparando», fa sapere al telefono il console onorario italiano Massimiliano Amelio. «Accoglieremo i naufraghi a bordo di due navi da guerra francesi che si trovano in rada. E arriveranno anche due unità della nostra Marina». Nessuno dovrà invadere questa città di mezzo milione di abitanti, intasata da decine di migliaia di profughi somali ed etiopi e appena squassata da una violentissima inondazione che ha provocato 60 vittime e 10 mila senzatetto. Amelio è rassicurante: «Vedrà che ce la faremo». Sei mesi fa, da Gibuti passò una folla di 5 mila persone, turisti occidentali e poveri yemeniti in fuga dalla guerra nel Paese dell'antica «Arabia felix». «Funzionò tutto a meraviglia». Gabriele Beccaria Il regista che girò il film sul blitz «Mi sembrava invulnerabile»

Luoghi citati: Gibuti, Italia, Londra, Roma, Sud Africa