Borrelli: grave atto di sfiducia

Borrelli: grave atto di sfiducia Borrelli: grave atto di sfiducia IL PROCURATORE DI MILANO SIAMO qui al lavoro. Ma devo dirle la verità, anche perché lei ci vede, vede le nostre facce. Siamo scossi e turbati per questa prova di sfiducia nei confronti della magistratura giudicante di Milano. Noi andiamo avanti, su questo non c'è dubbio. Attendiamo Berlusconi al quale abbiamo notificato un invito a comparire. Mani Pulite non si ferma». Sono le otto e mezza di sera e Francesco Saverio Borrelli è solo nel suo ufficio, l'unico con la luce ancora accesa nel palazzone vuoto di^MlàttS/tìavantì al quale è raccolta una piccola folla di manifestanti. Dalla stanza del procùratorencapo sonò appena usciti, ad uno ad uno, tutti gli uomini del pool, dopo l'ultima riunione per decidere il da farsi davanti alla decisione della Cassazione che toglie a Di Pietro e agli uomini di Mani Pulite l'inchiesta sulla Guardia di Finanza. Il clima è teso, l'umore nero. Dottor Borrelli, che cosa succederà ora dell'inchiesta sulla Finanza? «Noi continueremo a fare le nostre indagini, anche perché le indagini non sono toccate dalla pronuncia della Cassazione. Le norme relative alla rimessione riguardano infatti soltanto la fase giudicante. Le indagini proseguono, su questo non c'è alcun dubbio». Questo significa che non prendete posizione nei confronti della Cassazione? «Ci riserviamo di esaminare le motivazioni di questa ordinanza. Le argomentazioni saranno depositate più avanti. E in base alla lettura di queste argomentazioni decideremo. Astrattamente, posso dirle che potremmo decidere di chiedere la revoca del provvedimento. Oppure potremmo sottoporre nuovamente la questione alla Corte di Cassazione. Ma prima di decidere dobbiamo conoscere come il provvedimento è stato motivato». Ma lei, intanto, che opinione si è fatto? Che cosa pensa della decisione della Cassazione? «Fin d'ora devo dire che un punto mi pare abbastanza singolare: questa decisione è stata presa senza un minimo accertamento in fatto, senza una richiesta di informazioni, sulla sola base di una richiesta avanzata dal generale Cerciello. E senza nemmeno giovarsi, da parte della Cassazione, delle informazioni che avrebbe potuto utilmente chiedere al ministero: che, in parte, stava infatti indagando proprio sugli aspetti segnalati dal i ..orale Cerciello». Lei e i suoi collaboratori non avete reagito pubblicamente, come avete fatto altre volte in passato. Ma qual è il vostro stato d'animo dopo che l'inchiesta è passata da Milano a Brescia? «Può immaginarlo. Lo stato d'animo mio e dei colleghi è molto scosso. Lo dico apertamente: siamo turbati, e non potrebbe essere altrimenti. Vede, più che uno schiaffo alla procura di Milano, come ha detto qualcuno, io credo che questo pronunciamento sia un segno aperto di sfiducia verso la magistratura giudicante di questa città. Perché quand'anche fosse vero ohe problemi e diffi- colta propri di una struttura come il Nucleo regionale di polizia tributaria potessero aver creato una distorzione nell'acquisizione delle fonti di prova (e badi bene, lo dico come pura concessione, in via ipotetica) ebbene anche in questo caso un collegio giudicante che sappia il fatto suo è perfettamente in grado di apportare tutte quelle correzioni necessarie per stabilire la verità attraverso il vaglio del contraddittorio pieno». Lei sta dicendo che non si è dunque avuta fiducia nel collegio giudicante naturale? «Sì, dico che si è trattato e si tratta di un'ingiustificata e pesante manifestazione di sfiducia che è andata a colpire soprattutto - o forse esclusivamente - i magistrati giudicanti di Milano. Tra l'altro, questa decisione rischia di porre in cattiva luce i colleghi di Brescia, e del tutto immeritatamente». Perché? «Mi lasci dire intanto (e non è una dichiarazione formale) ohe io ho «Il capo rimanDecidia la massima stima sia della procura che del tribunale di Brescia dove lavorano delle persone degnissime e dei professionisti dotati. Ma proprio per questo dico che la pronuncia della Cassazione rischia automaticamente di porre i colleghi di Brescia in cattiva luce. Mi spiego. Questo provvedimento può essere letto politicamente. E proprio questa lettura politica può andare ingiustamente a danno dei magistrati di Brescia». Ma, secondo lei, si tratta di un atto politico? «No, qui bisogna essere chiari. Io non credo per nulla che il pronunciamento della Cassazione sia stato determinato da ragioni politiche. Penso ad un errore, ad una specie di scivolone tecnico. Ma nello stesso tempo sono perfettamente cosciente che questa ordinanza si presta ad essere inter- pretata politicamente: d'altra parte lo si sta facendo, e intendo da entrambe le parti contrapposte, sia da parte di chi plaude al provvedimento e sia da parte di chi sostiene che è dettato da interessi politici. Ecco, questa lettura politica mi preoccupa, e dovrebbe preoccupare tutti». Dottor Borrelli, in mezzo alla polemica che si è scatenata su questa vicenda, lei, dunque, in qualche modo, «assolve» la Cassazione, sostenendo che non si tratta di una decisione politica. E' così? «Cerco di spiegarmi. Io sono convinto che è una decisione soltanto tecnica. Devo credere che sia così, e voglio crederlo. Lo credo. Non ho nessuna ragione di ritenere il contrario. Non voglio nemmeno pensare che la Cassazione si presti a tutelare interessi diversi da quelli della legge. Anche prima di conoscere le motivazioni dell'ordinanza io mi sento di criticare questa decisione e di dichiarare che non la condivido, perché non la posso condividere. Ma, nello stesso tempo, non ho alcun motivo per ritenere che sia stata inquinata da considerazioni extragiuridiche». Ma oggi tutti si chiedono una cosa: quali potranno essere, in concreto, gli effetti pratici della pronuncia della Cassazione? «Io faccio una semplice considerazione fattuale. Da un lato la procura di Brescia è piccola, mentre questa inchiesta è molto estesa. Dall'altro lato, di indagini fat- te dalla Guardia di Finanza, in questi uffici ne abbiamo una valanga: pensi soltanto a tutte quelle inchieste che comportano aspetti di carattere tecnico, economico, bancario, l'esame di documenti e di bilanci. Bene, tutte queste inchieste si sono svolte attraverso gli uomini della Guardia di Finanza, dotati di un'alta professionalità specifica e di una forte e sicura competenza tecnica. Ho già detto prima che dobbiamo attendere le motivazioni dell'or¬ orte olitiche e tecnico» dinanza. Ma se, com'è possibile, queste motivazioni si rifanno a una condizione problematica all'interno del Nucleo di polizia tributaria, questa considerazione rischia di essere estesa a tutte le altre indagini in cui la Finanza è protagonista. Le ripeto: sono una valanga. Che dovremo fare, dunque?». Dottor Borrelli, quanto pesa il filone relativo alla Guardia di Finanza dentro il grande mare di Mani Pulite? «Le so dire soltanto che è un filone molto rilevante. Abbiamo iniziato a lavorarci appena un antìo fa. Molte posizioni sono già state definite, attraverso il patteggiamento o il rinvìo, a giudizio;; Ma certamente si tratta af unai parte molto estesa dell'inchiesta». Lei dice che la decisione della Cassazione non è stata presa per ragioni politiche. Negli ultimi mesi avevamo però assistito a un vero e proprio braccio di ferro tra la procura di Milano e il potere politico, in particolare il governo. Pensa che il clima politico abbia influito su questa pronuncia della Corte? «Questo lo lascio dire a voi». Uno dei suoi più stretti collaboratori, il giudice D'Ambrosio, ha detto ieri, a botta calda, che questa decisione della Cassazione gli ricorda lo spostamento dell'inchiesta su Piazza Fontana da Milano a Catanzaro. Anche questo lo lascia dire a D'Ambrosio? «No, questo lo sottoscrivo. E' una considerazione che viene in mente a tutti. Tutti coloro che riflettono non possono sfuggire a quest'analogia, che è nei fatti». Molti commentatori hanno collegato la decisione della Cassazione ad altre iniziative degli ultimi mesi: il decreto Biondi, l'ispezione ministeriale disposta dal Guardasigilli. Lei cosa ne dice? «Lei mi domanda se certe cose si possono mettere in fila l'una dietro l'altra. Non è mia abitudine farlo. Cortamente, però, vi è una suggestione che nasce almeno dalla concomitanza tra l'inchiesta dell'ispettorato c questa pronuncia della Cassazione». Di quell'inchiesta degli ispettori ministeriali lei non ha mai voluto parlare. Eppure è stato sotto interrogatorio, a lungo, così come lo sono stati tutti i suoi collaboratori, da D'Ambrosio a Di Pietro. Come si è trovato, per una volta, nei panni dell'inquisito? «Noi abbiamo chiarito tutti gli aspetti su cui i colleghi ispettori avevano dei dubbi. Sebbene molti di noi abbiano espresso formalmente - cioè a verbale - riserve ed eccezioni, sia sulla legittimità che sull'opportunità dell'inchiesta amministrativa, nessuno di noi si è avvalso della facoltà di non rispondere che spetta agli inquisiti. Al contrario, abbiamo dato la massima collaborazione agli ispettori fornendo anche tutti i documenti di supporto alle nostre dichiarazioni». Dottor Borrelli, veniamo al punto su cui si sta discutendo da due giorni. L'inchiesta sul presidente del Consiglio: andrà avanti o si fermerà? L'interrogatorio di Berlusconi che avevate già disposto, a questo punto è saltato oppure intendete insistere? «Noi avevamo notificato al presidente Berlusconi un invito a comparire. Lui non è venuto per un impedimento del suo avvocato. Noi siamo qui. E' nostra intenzione spingere l'acceleratore per giungere sollecitamente a una definizione, qualunque debba essere. Ma certo bisogna uscire al più presto da questa situazione, perché il capo del governo non può rimanere troppo a lungo "impigliato". 0 dentro o fuori. Questa situazione deve risolversi, al più presto, e noi intendiamo farlo». Procuratore, oggi qui davanti a Palazzo di Giustizia c'è una manifestazione a suo favore, domenica scorsa, a Torino, si è svolta una manifestazione di segno contrario: sui cartelli e negli slogan c'era il suo nome. Ma questa volta (e forse è la prima) la manifestazione era contro di lei. Che cosa ha provato, dopo mesi e mesi di consenso e di applausi? «Sinceramente, non posso dire di essere rimasto turbato, così come sono indifferente quando sento rivolgere al nostro indirizzo applausi e incoraggiamenti. Devo dire, anzi, che nel clima attuale, troppi applausi e troppe manifestazioni a sostegno di Mani Pulite non mi fanno piacere perché possono indurre qualcuno, magari strumentalmente, a dire che il clima di Milano non è sereno, e che tutto questo può turbare l'inchiesta. Noi abbiamo bisogno di una cosa sola: di lavorare con la massima serenità per portare avanti il nostro lavoro fino al suo naturale compimento». L'ultima domanda, procuratore Borrelli. Mani Pulite è finita o può continuare? «Mani Pulite va avanti, nessun timori ». Armando Zeni «Il capo del Governo non può rimanere a lungo impigliato Decidiamo: o dentro o fuori» «Devo credere che la Corte non abbia fatto scelte politiche e sia stato uno scivolone tecnico» «A Roma hanno deciso senza chiederci nulla» «A nessuno può sfuggire l'analogia con piazza Fontana» Buttiglione: Vorremmo essere certi che queste decisioni sono prese I; con indipendenza e serenità procuratore capo Borrelli Accanto il ministro Biondi e Antonio Di Pietro Buttiglioneche queste I; con indipen «Sono scosso, ma Mani pulite va avanti» Il procuratore capo Borrelli Accanto il ministro Biondi e Antonio Di Pietro