«Compagni, fuori De Lorenzo» di Pierluigi Battista
«Compagni, fuori Pe Lorenzo» «Compagni, fuori Pe Lorenzo» Intervento «garantista» sul Manifesto ROMA. Contro «il silenzio timido e pudico della sinistra», e proprio nel giorno in cui il pool di Mani ipulite è nell'occhio del ciclone, sul Manifesto appare l'esortazione: «Evitiamo la tentazione di usare i guai giudiziari dell'avversario». E' in nome del garantismo, ma soprattutto nel nome del primato della politica rispetto alle scorciatoie giudiziarie che Letizia Paolozzi, giornalista dell'Imitò, e Franca Chiaromonte, parlamentare progressista, scrivono un articolo che il «quotidiano comunista» pubblica prudenzialmente nella rubrica delle «opinioni» e in cui la denuncia del «danno arrecato (o meglio, subito) quando si delega alla magistratura il compito, che non le spetta, di moralizzare il Paese» arriva persino a riconsiderare i casi di due nomi-tabù della sinistra: quello di Francesco De Lorenzo e ancor di più quello di Giulio Andreotti. E' giusto che il primo resti in carcere senza che un processo l'abbia giudicato colpevole? E' giu¬ sto che il secondo sia giudicato uomo di mafia prima che un piocesso abbia deciso delle accuse rivoltegli? Interrogativi retorici, giacché è chiarissimo che Chiaromonte e Paolozzi non ritengono affatto «giuste» né la condanna «preventiva» di De Lorenzo né quella di Andreotti: «Due casi odiosi, "indifendibili" politicamente. Ma giudiziariamente, non c'è nulla da obiettare?». Ancora un interrogativo retorico. Perché le autrici dell'articolo «obiettano» e nell'obiezione richiamano il precedente dell'area della sinistra che durante Tangentopoli si sono opposti alle tentazioni giustizialiste e hanno difeso con più forza le ragioni del garantismo: «Per grazia di Dio, anche nelle nostre file, negli anni appena trascorsi, qualcuno ha obiettato: da Cesare Correnti a Grazia Zuffa, da Giovanni Pellegrino a Emanuele Macaluso». Ciò non toglie che «il senso comune sia andato - e vada in tutt'altra direzione». «Una società che affida la politica ai giudici», scrivono nella loro esortazione alla sinistra Chiaromonte e Paolozzi, «non conoscerà mai uno Stato di diritto». Ma nell'articolo trapela anche una critica non ai «giudici» in generale ma proprio a quelli di Milano. A cominciare da Borrelli, «il quale sembra preferire, comunque, la soluzione "penale". Il clangore delle manette alle eventuali multe, ai risarcimenti pecuniari». Parole durissime, che contrastano con molte delle posizioni espresse dalla sinistra sul pool di Mani pulite. Contro il primato del «giudiziario» sul «politico», le progressiste Chiaromonte e Paolozzi chiedono che la battaglia contro Berlusconi si svolga sul terreno politico: il conflitto di interessi «ci sarebbe anche se la Fininvest avesse tutte le carte in regola, a prescindere dall'avviso di garanzia». Pierluigi Battista
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