Il perdono di Clinton per Karadzic di Paolo Passarini

Il perdono di Clinton per Korodzic Il leader repubblicano Dole accusa Parigi e Londra per il fallimento dell'Orni. Ghali a Sarajevo Il perdono di Clinton per Korodzic Addio ai raidNato, nascerà la Grande Serbia WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il governo degli Stati Uniti ha deciso una svolta di 180° nella politica da tenere verso la crisi bosniaca. La posizione originaria poggiava sulla definizione dei serbi come aggressori e su quella dei musulmani come vittime. La nuova posizione contempla la possibilità di aperture ai serbi, appare molto più vicina a quella degli alleati europei e della Russia e punta esplicitamente a risanare la spaccatura verificatasi all'interno della Nato tra Stati Uniti da una parte e Francia e Gran Bretagna dall'altra. Bill Clinton ha approvato ieri la svolta, che era stata a lungo discussa alla Casa Bianca nella giornata di lunedì. Solo fino a pochi giorni fa il governo americano spingeva ancora per bombardamenti sui serbi e per la cessazione dell'embargo sulla fornitura di armi al governo bosniaco. Con la svolta, gli americani rinunciano ad avere una propria politica in Bosnia per salvare l'Alleanza, ma la nuova politica è stata convogliata attraverso segnali talmente contraddittori che la confusione, invece di diminuire, è aumentata. La nuova politica promette ai serbi bosniaci, in cambio dell'accettazione del piano di spartizione della Bosnia a metà, la possibilità di un qualche legame politico con la Repubblica serba con capitale a Belgrado, e a quest'ultima fa balenare la prospettiva di un alleggerimento delle sanzioni economiche. Il segretario per la Difesa, William Perry, nel presentare la nuova politica, si è spinto fino a accettare la costituzione di una forma di confederazione tra serbi bosniaci e serbi di Belgrado. Ma sembra che la posizione dcll'Am- ministrazione non sia questa e, infatti, Perry, è stato successivamente smentito da Charles Thomas, rappresentante del Dipartimento di Stato nel Gruppo di contatto per la crisi jugoslava. In realtà la posizione americana, su questo punto, non è chiara: l'Amministrazione si oppone all'idea di una confederazione perché questo significherebbe lo smembramento della Bosnia, ma ammette qualche non precisata «forma di collegamento». Perfino Perry è caduto nell'equivoco. Poi c'è la missione europea di Robert Dole. Destinato alla carica di capogruppo di maggioranza del Senato dall'inizio del prossimo anno, Dole sta girando le capitali europee come una specie di presidente degli Stati Uniti «in pectore». La sua posizione sulla crisi bosniaca è un'estremizzazione della posizione che lo stesso Clinton aveva tenuto fino a ieri: armi ai musulmani, bombe ai serbi. Nel ribadire questa posizione, Dole l'ha riempita a Bruxelles di critiche molto pesanti agli europei, soprattutto inglesi e francesi. Dole ha criticato l'Onu e indirettamente questi Paesi per non aver permesso alla Nato di svol¬ gere efficacemente il suo compito. E ha aggiunto di essere particolarmente amareggiato per l'atteggiamento degli inglesi, tradizionali alleati di ferro degli Stati Uniti. Inglesi e francesi hanno reagito duramente alle dichiarazioni di Dole, che ieri da Londra ha cercato di smussare la polemica. Ma anche a Londra il premier John Major ha definito alla Camera dei Comuni «livide e fuori luogo» le critiche americane. Nei fatti, la nuova posizione americana parte dall'aperta constatazione che i serbi hanno ormai vinto la guerra e che tanto vale, allora, salvare il salvabile, cioè la Nato. Ma non si capisce perché i serbi dovrebbero accettare adesso quanto hanno rifiutato quando erano anche meno forti. E la Nato resta nel marasma. Da New York l'Onu ha annunciato che il segretario Boutros Boutros-Ghali sarà oggi in missione a Sarajevo (l'ultima sua visita fu contrassegnata dagli insulti della popolazione che lo accusava di aver abbandonato la Bosnia ai serbi). Chiederà alle parti un cessate-il-fuoco e il ritorno alle normali condizioni di attività per le centinaia di caschi blu tenuti di fatto in ostaggio dai serbi. Paolo Passarini Robert Dole capogruppo repubblicano al Senato Usa è in Europa a ribadire le tesi del suo partito «Niente più embargo delle armi a Sarajevo e raid aerei a difesa dei bosniaci»