Il nido dei fratelli giustizieri

Il nido dei fratelli giustizieri Il nido dei fratelli giustizieri La madre: il dolore ci sta distruggendo NELLA CASA DEI SAVI RIMIMI DAL NOSTRO INVIATO Esercizio. Provare a dedurre i mostri dalla casa in cui abitano. Vediamo. E' ormai buio quando arrivo davanti all'edificio in mezzo alla campagna e il vecchio Savi, quello che quando va a registrare un'arma si emoziona più che se andasse a denunciare la nascita d'un figlio, è già tornato dopo dodici ore d'interrogatorio. La casa è bassa e bifamiliare. Metà è abitata da gente che non ha a che fare con questa vicenda e che guarda gli intrusi con sguardo sdrucciolevole. L'altra metà, quella dei poliziotti criminali, è buia, in lutto e vergogna. Il portone è chiuso, le finestre sono chiuse e sul battente sta scritto: «L'avvisatore acustico non funziona, si prega di bussare». L'avvisatore acustico sarebbe il campanello. Dal lunotto a vetri che sovrasta il portoncino si vedono le scale che salgono fino al primo e unico piano, dove c'è un'altra porta chiusa. Busso. E dopo un po' si accende una luce fioca. Sembra di stare nella fiaba di Pinocchio quando il burattino batte ai portoni inseguito dagli assassini e gli rispondono dalle finestre «siam tutti morti». Ma qui gli assassini, a occhio e croce, non stanno fuori. Dentro, la porta alta del primo piano si schiude e appare la vecchia madre Renata Carabini in vestaglia verdina, la testa bianca e scarmigliata. Non chiede neanche chi è. Scruta il buio. Io da fuori mi presento e fendendo la nebbia spessa le chiedo se può farmi entrare. Ma la risposta è negativa e straziante: «Almeno lei che è una brava persona ci lasci in pace. Abbia un po' di pietà per due poveri vecchi distrutti dal dolore». E richiude la porta, richiude la luce fioca e la casa ripiomba nel buio della notte e del mistero italiano in cui tutto è intuibile, nulla è visibile, le miserie si accumulano e le confessioni si sommano alle delazioni quando arriva il momento di salvarsi in proprio. . E così questo sarebbe il nido in cui questi uccelli di Hitchcock sono cresciuti. Sarà l'influenza del mostro di Milwaukee, ma viene da pensare: e se fossimo in America? E se questo padre che, a quanto si legge, ama tirare allo zingaro, sputa sugli ebrei, sparerebbe ai senegalesi e ama le armi da fuoco, non è per caso parente stretto delle tante «Ma'», le madri terribili della depressione americana che armavano le mani ai figli facendone degli assassini per amore e per forza. La giornata è stata turbinosa, le cronache che potete leggere su questa pagina abbondano di novità e di dettagli: gli uomini della legge che erano in realtà dei fuorilegge, le ammissioni sordide, le menzogne luride. Viene da chiedersi: davvero è possibile che una trama eversiva misteriosa e parallela si sia servita di una combriccola di «amici miei» in versione horror? Perché questo è ormai il problema: questi della «Uno bianca» sono o non sono mercenari di un esercito clandestino? Oppure sono un gruppo di grandissine carogne come quelle che siamo abituati a vedere nella normalità dei film polizieschi americani e persino francesi (e nelle cronache di quei Paesi) dove dei piedipiatti sadici e fascisti, picchiatori di negri, assassini potenziali di ladruncoli, sono vocati al pogrom razzista? Naturalmente se saltasse fuori, ma in modo chiaro provato e convincente, che la banda dei fratelli Savi e i loro gregari fossero legati alla sempre citata «Gladio» (benché mai un solo membro della controversa organizzazione Stay Behind sia implicato in inchieste di questo genere), oppure ai servizi segreti deviati, o centrali eversive straniere, si potrebbe tirare un sospiro di sollievo: nulla è più rassicurante, di fronte al crimine abbietto, che la salvezza di una vastissima congiura. Può darsi che la grande congiura ci sia, che questi sbirri fascisti siano figli addirittura di una organizzazione segreta. Ma potrebbe anche darsi (e oggi molti elementi lo lasciano pensare) che costoro siano dei mascalzoni incistati come tanti altri mascalzoni nei corpi dello Stato, dove hanno sempre allignato perpetrando prepotenze e sopraffazioni, abusi e violenze fino a debordare nel crimine: la letteratura è abbondantissima e la filmografia anche (si pensi a Orson Welles nei panni dell'«Infernale Quisling»), ma non in Italia, patria dei tabù più provinciali. Un elemento che gioca a favore della tesi non dietrista, ma ancora più grave e volgare e scandalosa, quella cioè che prevede e dimostra una sordida tolleranza e di fatto una certa inconfessata normalità dei comportamenti criminali all'interno di certi corpi e apparati, sta nel fatto che questa accolita di mascalzoni appena ha visto le manette sbraca e confessa tutto, accusa tutti. Ieri sono state raccolte centinaia di pagine di verbali con particolari, indecenze, am¬ missioni e delazioni. E poi ci sono i tipi umani. Chi ha visto il film francese «Nikita» forse ricorda il genere di durezza, di grandioso e perfido addestramento cui vengono sottopo- sti, in Francia, quegli agenti coperti dal servizio dello Stato, cui sono delegati compiti di provocazione, eliminazione, spionaggio illegale. Il loro istruttore era rappresentato dalla maschera implacabile e ferma di Philippe Leroy. Sentite invece che cosa racconta la signora Antonella, moglie di Alberto Savi, quello che veniva presentato come il buono, e che ha preso in queste ore, voce che corre, un sacco di botte dagli ex colleghi schifati. Ebbene, Antonella dice: «Alberto è un uomo dolce, sempre calmo, disponibile e premuroso. Però, è un mostro. Un vero mostro che mi fa paura e che mi ha fatto sempre paura, un mentitore nato che ha sempre piagnucolato dichiarandosi innocente e comportandosi da vigliacchetto opportunista. Quando gli ha telefonato Fabio, suo fratello già nei guai, ha fatto una scena! Oh, ma che cosa hai combinato? Ma dove sei? Ma cosa hai fatto, ma lo sai che tutti ti cercano, e possibile che ti sei messo in questi guai, oh Dio mio di qua e Dio mio di là». Il quadretto è perfetto: opportunismo e sadismo, solidarietà tra fratelli assassini, violenza come mestiere da esercitare fuori delle pareti domestiche per il piacere di perseguitare e di de¬ linquere abusando dei privilegi di casta. Certo, c'è da dire che questi signori che adesso sono finiti dentro le galere e sulle primo pagine di ogni giornale, rappresentano la quintessenza del fascismo allo stato sorgivo, del razzismo nascente e immediato, di quanto di peggio e di eterno la natura umana spurga non appena può ristagnare nelle sacche dei corpi armati, delle solidarietà tra vigliacchi, delle omertà - come in questo caso - tra fratelli. La vecchia signora Roberta, con cui non ho potuto parlare che due secondi, è forse quella che fa più pena: come donna di casa era e resta un soggetto mar ginale e periferico, una che avrà certamente imparato a lucidare, insieme agli ottoni e agli argenti, anche le canne dei fucili a pompa e a lubrificare le Beretta come la macchina da cucire. C'era una volta il comico vizio di classificare l'inclassificabile sempre come un derivato della società capitalista e delle sue immancabili «contraddizioni». Oggi non si sa francamente a chi mettere a debito la banda della «Uno bianca» e dei suoi feroci delitti, dei suoi soprusi e più di tutto delle innegabili e schifose coperture di cui ha goduto: coperture che probabilmente si sono consumate all'interno di un microcosmo di gerarchie solide nel reciproco sostegno. E' anche probabile, per non dire certo, che brodini di coltura come questo non sono casi isolati, anche se non troppo frequenti, e che nelle loro componenti limacciose qualcuno abbia interesse a conservare per eventuali e possibili usi e abusi, come dimostra il fatto che anche gli squinternati e dannosi servizi segreti interni, bontà loro, sospettavano ma si astenevano dall'andare oltre il sospetto per non incorrere nel delitto di indagare senza averne titolo. Che delicatezza. Paolo frizzanti La moglie di Alberto «Un uomo che mi ha fatto sempre paura» A sinistra Giuliano Savi, a destra il figlio Roberto. Sopra un'immagine di Rimini e a destra Eva, fidanzata di Fabio Savi

Persone citate: Alberto Savi, Beretta, Fabio Savi, Giuliano Savi, Hitchcock, Orson Welles, Philippe Leroy, Quisling, Renata Carabini, Savi

Luoghi citati: America, Francia, Italia, Milwaukee, Rimini