«Signor giudice, riconosca l'errore»

Bologna, al processo i difensori degli imputati ottengono l'audizione di Eva: li scagionerà Bologna, al processo i difensori degli imputati ottengono l'audizione di Eva: li scagionerà «Signor giudice, riconosca l'errore» Strage al Pilastro, in cella 4 innocenti» «, BOLOGNA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Su venti verità che raccontano i pentiti, quindici sono quelle che vogliono le procure». Non ha mezze parole Marco Medrìa. E soprattutto non ha nulla da perdere. E' già stato condannato due volte all'ergastolo. Comunque finisca il processo per la strage del Pilastro (tre giovani carabinieri uccisi), non avrà vita sufficiente per pagare il suo debito con la giustizia. Ma oggi è giornata di riscossa. Dalla gabbia, dov'è rinchiuso con i fratelli William e Peter Santagata e Massimiliano Motta, tutti imputati per pluriomicidio, parla con i giornalisti: «E' vero che non sono uno stinco di santo, ma non voglio fare neppure cinque minuti di carcere da innocente». Da spietato camorrista a vittima di un errore giudiziario o, peggio, di un depistaggio delle indagini: è uno dei tanti paradossi della nuova verità sulla banda della Uno. Una verità che ha invertito i ruoli: tre poliziotti scoperti criminali. Per l'agguato ai tre militari, Medda è in carcere dal luglio del '91. Gli altri tre imputati, tutti pilastrini, con piccoli precedenti penali, si sono fatti oltre due anni dietro le sbarre. «Siamo innocenti», hanno sempre detto, non creduti Oggi per loro è giornata di grandi speranze. Nell'aula della corte d'assise di Bologna la tensione è alta. Aumenta dopo l'annuncio a sorpresa del procuratore aggiunto della procura di Bologna, Luigi Persico: le procure di Bologna e Rimini hanno deciso la segretazione di tutti gli atti che riguardano l'inchiesta, fino al 20 dicembre. E' un'esigenza degli inquirenti, spiega il p.m.: «Le indagini riguardano persone colpite da ordine di custodia cautelare, ma anche ulteriori correi ancora ignoti». I difensori degli imputati si scontrano più volte con la pubblica accusa. S'inalbera Alessandro Cristofori, avvocato di William Santagata: «Le novità sul coinvolgimento dei fratelli Savi le abbiamo apprese dai giornali, non dagli alti processuali, né dai magistrati. Eva Mikula deve venire in quest'aula a testimoniare». Gli fa eco Roberto D'Errico, difensore di Medda: «Qui si fronteggiano due esigenze. Chi vuole continuare ad indagare nel segreto; chi invece vuole che il processo vada avanti con l'acquisizione di tutti i nuovi atti. In ballo c'è la vita di quattro innocenti». L'attesa è snervante. Finisce alle 17, quando la corte d'assise, presieduta da Sergio Cornìa, rientra in aula. La decisione è tutta a favore delle richieste della difesa: Eva Mikula, la giovane romena convivente di Fabio Savi, sarà interrogata a Bologna, nell'aula-bunker della Dozza, il 9 dicembre; Martino Farneti, l'esperto della polizia scientifica che sta passando ai raggi X l'arsenale dei fratelli poliziotti, sarà probabilmente sentito allo scadere dei termini di segretazione sugli atti, dopo il 20; l'AR- 70, il fucile che sparò al Pilastro, trovato nell'arsenale dei Savi, sarà formalmente sequestrato in quanto «corpo di reato di omicidio pluriaggravato» dei tre militari. La tensione si stempera. «Siamo soddisfatti», è il commento dei difensori. Dentro la gabbia, gli imputati tirano un sospiro di sollievo. William Santagata è stremato: «Forse questo incubo sta finendo». Suo fratello Peter tace. Ciò che aveva da dire, l'aveva detto in aula all'inizio dell'udienza del pomeriggio. La voce rotta dall'emozione: «A noi è stala tolta la serenità, è stata tolta la famiglia, è stato tolto tutto, lo mi sento già morto. Adesso noi vogliamo che sia provata la nostra estraneità». Il timbro della voce sale, lo sguardo di Peter è rivolto ai rappresentanti della pubblica accusa: «Ammettete che questa volta vi siete sbagliati. E' un segno di umiltà». Annuisce Marco Medda. Ai giornalisti dice di essersi commosso, perfino. Poi affonda: «Questa vicenda dovrebbe far riflettere su certi teoremi che vengono dalla procura e sulle testimonianze dei pentiti». Non li nomina, ma parla di loro: Carlo Geirola e Giuseppe Alboino, due personaggi che hanno fatto la storia del crimine a Bologna. Mesi fa hanno cominciato a collaborare con la giustizia e le loro testimonianze sono state decisive per l'accusa del Pilastro. La nuova verità sulla banda della Uno bianca le rimette in discussione. E tutto il quadro accusatorio s'incrina. La conclusione è sconsolante: questo processo è lutto da rifare. Marisa Ostolani NEL MIRINO DELLA FALANGE a ARMATA A, POLITICI umberto bossi, bettino craxi, oscar luigi scalfaro GIUDICI antonio di pietro POLITICI umberto bossi, giovanni conso, massimo d'alema, libero gualt'eri, carmine mancuso, achille occhetto, mario segni, luigi pagano, ugo pecchiou, oscar luigi scalfaro, giovanni spadolini GIUDICI francesco di maggio INDUSTRIALI luigi abete FUNZIONARI CARCERI adalberto capriotti POLITICI giuseppe ayala, nicola mancino, claudio martelli, leoluca orlando, vincenzo scotti GIUDICI antonio caponnetto, agostino cordova, vincenzo macrp, francesco neri FUNZIONARI CARCERI paolo quattrone, giovanni salomone, carmelo scalone [poi arrestato con l'accusa di essere L'anonimo telefonista dell'organizzazione], domenico zotola GIORNALISTI giovanni maria bellu, eugenio scalfari AVVOCATI niccolo amato Eva Mikula: l'ex donna di Fabio Savi, uno dei killer della Uno bianca

Luoghi citati: Bologna, Rimini