«Niente trucchi sulle pensioni»

Costa a Dini: no all'una tantum pro-alluvionati, tagliamo nei ministeri Costa a Dini: no all'una tantum pro-alluvionati, tagliamo nei ministeri «Niente trucchi sulle pensioni» Larizza: accordo o guerra ROMA. Finanziaria, round finale. I sindacati mercoledì a Palazzo Chigi si troveranno di fronte a un aut-aut del governo: sì allo «stralcio» delle pensioni se ci mettiamo subito d'accordo sulla riforma della previdenza. E mentre il governo mette a punto le proposte che Berlusconi farà a Cgil, Cisl e Uil, il ministro del Tesoro, Lamberto Dini, in una intervista a «La Stampa», ha posto due condizioni pregiudiziali: 1) i conti della manovra (50 mila miliardil non possono essere stravolti: 2) il blocco del pensionamento deve restare nel '95. Poi, in vista, ci sono nuove tasse. Il ministro della Sanità, Raffaele Costa, è d'accordo con Dini: prima di varare una «una tantum» per gli alluvionati, dice, rivediamo le spese, «si possono reperire almeno 5000 miliardi». Che cosa dicono di tutto questo i sindacati? Lo abbiamo chiesto al leader della Uil, Pietro Larizza. Allora Larizza, che cosa risponde a Dini? <Anzitutto dico che l'intervista mi sembra ancora molto ferma nei toni, ma disponibile nella sostanza. E mercoledì andremo a vedere se è così». Dini, però, dice delle cose. Dice ad esempio che c'è un problema irrinunciabile di compensazione, che 50 mila miliardi sono 50 mila, non quaranta o trenta... «Ma questo lo diciamo anche noi e non da oggi. E' da tempo che in questo quadro c'è la possibilità di andare a fare una riforma-lam- po, due o tre mesi al massimo, del sistema previdenza. Ma a bocce ferme». Cioè? «Uno: che tutta la materia relativa alla previdenza deve essere stralciata dalla finanziaria. Due: che mentre si discute si congela tutto, anche il blocco, finché non si conclude, sapendo che ci sono due-tre mesi al massimo per chiudere. Solo a quel punto potremo conoscere la vera entità delle compensazioni, quale deve essere la fuoruscita graduale di tutte quelle centinaia di migliaia di cittadini che sono state congelati, esclusi naturalmente quelli che dal blocco erano già fuori. E su questa strada seria nessuno di noi vuole fare melina». E dopo aver stabilito questo, che cosa succede? «Si entra nel vivo della riforma, a trovare compensazioni che abbiano una qualità diversa, che si riferiscano a tutti e non solo a una parte dei cittadini. Tutto dipende dalla fuoriuscita che si riuscirà a fare, ma anche dal percorso per la previdenza integrativa che sarà individuato». E se il governo mercoledì dovesse cambiare le carte in tavola? «Sarebbe un ritorno al passato. 11 governo si assumerebbe una responsabilità gravissima, perché noi, mercoledì, andiamo al confronto sula base di un impegno scritto del presidente del Consiglio. E poi questa non è una partita di calcio, che si può anche recupe¬ rare, ma un confronto decisivo per il Paese, che coinvolge generazioni intere». Quindi niente giochi delle tre carte... «Spero proprio di no, perché al di là dello sciopero generale, la cui revoca o riconferma sarà decisa soltanto mercoledì sera dopo l'incontro, si va inevitabilmente verso uno scontro sociale durissimo, e tutto quello che si è fatto in questi due anni, dall'accordo sul costo del lavoro in poi, rischia di diventare materiale d'archivio». E cosa può accadere? «Che, a partire dai contratti aziendali, si va inevitabilmente verso una stagione sindacale dura, che metterà anche in discussione gli stessi fondi integrativi, per la cui gestione banche e assicurazioni stanno litigando, e che in un clima di scontro sociale non possono certo decollare come dovrebbero». Poi c'è un'altra incognita, quella delle tasse. In questi due giorni ne hanno parlato tanto Dini quanto Pagliarini... «Ma questo è un problema che riguarda il '95. Certo la situazione non è delle più facili. La lira è alle corde, e non per colpa nostra. Poi c'è la questione fiscale, e nessuno è in grado di dire quanto frutteranno i condoni, ai quali non credo. Insomma, rischiano di aprirsi grosse falle, che vanno coperte da tutti, e non solo dai più deboli, come si è fatto finora». Cesare Roccati

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