«Riciclato a me? Badi a come parla» di Filippo Ceccarelli

=1 IL PALAZZO «Riciclato a me? Badi a come parla» della , rico- ICICLATO»: ò un'offesa o no? E se è un'offesa: come, dove, quando e perché uno può essere considerato - disgraziatamente - «riciclato»? In base a quale codice ci si «ricicla» o si viene (magari inconsapevolmente) «riciclati»? E comunque: come esprimere altrimenti, senza offesa, quella particolarissima condizione cui la lingua italiana, al massimo sua intensità evocativa nosce da sempre tanto assortimento? «Riciclati» quindi, ma anche «banderuole», «voltagabbana», «camaleonti», «gattopardi», «sugheri», «navigatori», «naufraghi», «ripescati», «convertiti», «replicanti» e perfino, come da recentissima definizione del Craxi tunisino, «travestiti». Classico dilemma da fine (o inizio) regime. Dilemma storico, politico, lessicale ma ora, grazie alla sensibilità ferita di Maurizio Bertucci, già collaboratore del portavoce di Forlani Carra e attuale deputato di Forza Italia, dilemma anche giurisprudenziale. A differenza, infatti, di Giuliano Ferrara, che rivendica orgogliosamente il titolo di «riciclato» (essendo «il riciclaggio una nobile tecnica ecologica»), a tutela della sua onorabilità Bertucci ha messo in campo il proprio legale. Perciò su Repubblica è uscita una lettera: in nome e per conto del suo cliente, l'avvocato Pietro Schifone ne ha vigorosamente contestato l'inserimento nell'ormai sempre sempre più affollata categoria. E' certo, a questo punto, che la questione va ben oltre l'enorme opportunità professionale che in tal modo si apre agli avvocati. Cosi come trascende dalla stessa collaborazione fornita dal futuro «azzurro» Bertucci all'ufficio stampa della de del Caf. Collaborazione, d'altra parte, che in un Consiglio nazionale si estese fino all'ingratissimo compito di negoziare l'afflusso dei più scalmanati giornalisti nella sala della riunione. Il punto cruciale della lettera sembra piuttosto quello cui l'avvocato Schifone scrive: «La candidatura di Bertucci in Forza Italia non è e non può essere in alcun modo considerata un 'riciclaggio'». Ah, no? E allora, pur senza rievocare l'etimologia del termine (entrato in circolo nel 1959 dalla chimica industriale), né la mirabile immagine di tanti «ex» pronti a correre, secondo Flaiano, «in soccorso dei vincitori», grazie agli avvocati bisognerà trovare un qualche locuzione sinteticamente neutrale che indichi certi percorsi tipici dei periodi, diciamo, di transizione. Qualcosa di rispettosamente alternativo a «riciclaggio» per richiamare il tragitto, invero tortuoso, che ha portato l'ex pidiessino Scalpelli, Giusy La Ganga e l'ex sottosegretario socialista demichelisiano Sacconi in un nuovo gruppo della maggioranza che si chiama - ma guarda un po' - «Sinistra liberale». Una qualche asettica paroletta aliena da ogni sia pur lontano riferimento all'opportunismo o al trasformismo, per significare la conversione verde di Ripa di Meana, il travaglio del moroteo Pisanu, la pensosa coerenza dei boiardi legati al ministro di an Fiori, il tormento dei La Loggia e di altre dinastie siciliane, la folgorazione di tanti professori baresi sulla strada di Tatarella, il gioioso ritorno degli sbardelliani sotto la fiammella... Per non dire della Rai, dove l'ineluttabilità delle acrobazie nulla toglie al virtuosismo dei numeri, e alla più spontanea serenità con cui vengono effettuati. Ma non chiamateli «riciclati». Perché potrebbero offendersi e chiamare a loro volta l'avvocato, anche a costo di offrire così un altro pezzetto di politica alla giustizia. Filippo Ceccarelli emj

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