Venezia, i professori del potere

Venezia, i professori del potere La popolazione si è dimezzata negli ultimi 20 anni, il reddito è il più basso del Veneto Venezia, i professori del potere Cacciari «naviga» nella laguna in decadenza VENEZIA FA quasi tenerezza mister Henry Lovett di Save Varice, il comitato dei mecenati privati americani, quando incede festoso nella hall del Monaco, lambita appena dall'acqua alta. Ha visto procedere finalmente lo scavo dei rii, un investimento da 150 miliardi, e - concretezza americana ne ricava che evidentemente le cose si mettono di lusso, che presto decolleranno, giocoforza, le ormai mitiche bocche di porto. Ma forse mister Lovett non ha mai letto Kafka, che il sindaco Massimo Cacciari aveva divorato tutto già all'età di tredici anni, prima di attaccare Nietzsche, e la marchesa Berlingieri dovrà faticare alquanto per fargli capire quanto sia kafkianamente impossibile la ricerca della verità in una città imprendibile e dai segnali ambigui, com'è Venezia. Sì, sono proprio gli stranieri - anche i più volenterosi e i più smaliziati - a darti la misura dell'arcano lagunare. Prendete Allister McAlpine, grande costruttore britannico ed ex tesoriere della Thatcher. L'Ira gli ha fatto saltare la casa a Londra e anche quella in campagna, così lui, senza esitare, ha deciso di venire con la famiglia a vivere a Venezia. Allister è l'autore di un aureo saggetto: «Il nuovo Machiavelli - Ovvero l'arte di sopravvivere in politica». Ma chissà se la passione per Machiavelli lo aiuterà a capire perche almeno una dozzina di leggi nell'arco di un trentennio non è stata sufficiente a salvare Venezia. Daremmo chissà che per sentire in proposito anche il parere di Woody Alien - tanto più che Arrigo Cipriani si lanciai in un ardito paragone tra la Lguna e Manhattan come centri di servizi -, ma Ca' Dario è lì, chiusa e pendente, dopo il suicidio di Raul Gardini, e la trattativa per la vendita è fallita perché anche Woody, forse uno dei pochi che può scherzare col malocchio, ci ha ripensato e ha deciso di non comprare il non rassicurante palazzo. E' tornata Eleonora Gardini, nominata da pochi giorni presidente della Venini, ma casa sua è a Parigi. E pensare che suo padre metteva in croce Picco e Garofano - ma non Sama - perché si comprassero casa a Venezia, città ineluttabilmente destinata - diceva - al ruolo di capitale della ricerca e della cultura. Utopie gardiniane, perché non solo nessuno viene, ma anche chi c'era continua ad andarsene. Son volati via Mediocredito e Cassa di Risparmio, colonizzati da Padova e Verona; s'è eclissata la Ciga e si attende adesso di vedere come la sostituirà l'Itt-Sheraton; minaccia di dare forfait la Sip-Telecom, che non riesce a ottenere un cambio di destinazione d'uso al Tronchetto; persino la Fininvest ha fatto un buco nell'acqua con la Società Grandi Eventi, e Davide Rampello s'è defilato mestamente. Dall'Arsenale, che era capace di costruire una nave in un giorno, l'ultimo bastimento prese il mare nel 1920; gli addetti all'industria son quasi dimezzati, da 58 mila nel 1971 a 34 mila di oggi; la disoccupazione è la più alta del Veneto e il reddito il più basso, mentre intorno prospera la California d'Italia, con i Benetton, gli Stefanel, i De Longhi, sempre più ricchi e potenti, con gli scarpai del Brenta, con l'impresa diffusa. Son duecento anni che Venezia decade, ripete sempre Bruno Visentini, uno degli ultimi grandi veneziani. Ma l'abbrivo sembra essersi moltiplicato dopo la scomparsa dei Cini e dei Volpi. Saranno pure stati 3 com più finanzieri che altro, ma finché a palazzo Balbi c'erano loro e la Sade, a Piazza Affari si diceva: aspettiamo di vedere che fanno i veneziani. E soprattutto - poiché se c'è una verità acquisita è che, per vivere, Venezia ha bisogno di attività produttive - si deve a loro la scelta petrolchimica di Marghera che, quando fu compiuta, con la sponda a sinistra di Vladimiro Dorigo, era il massimo del progresso: chi pensava allora al rischio ambientale? Capite adesso la difficoltà di tracciare la mappa del nuovo potere - dov'è poi il potere? - in una città che in quarant'anni ha perduto quasi i due terzi della popolazione e gran parte delle attività? I 70 mila superstiti sembrano guardare al nuovo con abissale scetticismo, mentre Mestre - che è parte del Comune di Venezia si gonfia incessantemente (più di 200 mila abitanti) senza riuscire a svegliarsi e a esprimere uno straccio di classe dirigente. E i veneziani acquisiti, come Vittorio Gregotti e Guido Rossi, s'estraneano come se avessero soltanto la casa al mare. A onor del vero, Cacciari ce la mette tutta, riproponendo giorno dopo giorno a tutti noi l'interrogativo tòpico: come fa un fine intellettuale come lui autore, tra l'altro, di un dottissimo saggio sugli angeli, compreso il loro sesso - a incanaglirsi quotidianamente col trasporto dei fanghi, gli ambulanti e le cacche dei cani? Ma tant'è, lo scavo dei rii è partito e il primo anno del sindaco filosofo, tutto sommato, è una lezione di buona amministrazione per tutti quei managerini brianzoli che pensano di poter governare addirittura il Paese con la testa piena di fuffa e di deteriore cultura aziendale. E poi che differenza, rispetto alle vecchie giunte, ai democristiani, ai socialisti, quando Cacciari esclamava: Io socialista? No grazie, sono già ricco di famiglia! Oggi, chi se li ricorda, pensa al conte Grimani e alla giunta Selvatico, ma correvano gli ultimi anni dell'Ottocento. Il più moderato tra i progressisti sta dunque mostrando che si può governare anche con Rifondazione comunista nella pancia? E' qui che le opinioni divergono. C'è chi dice che il sindaco può fare come gli pare, che - colto Berlusconi di sinistra - stringerebbe patti con chiunque, pur di raggiungere lo scopo, e chi, invece, giura che suo fratello Paolo, leader di Rifondazione, ma soprattutto Stefano Boato dei Verdi (insieme hanno 9 voti), sono una terribile palla al piede. Ci sono i progetti, ci sono i soldi, ma quando le cose stanno per partire spunta il fattore-Boato. Prendiamo i Magazzini Stucky: li ha comprati Francesco Caltagirone, della celebre dinastia dei palazzinari romani, probabilmente con un'infima parte degli 800 miliardi, o giù di lì, che l'Imi ha restituito alla sua signora, erede di Rovelli, e vuol farci un centro commerciale con un albergo, ma il progetto langue tra le indecisioni. Gilberto Benetton si è preso dalle Generali un intero isolato che va dall'hotel Monaco al cinema San Marco, ha progettato un centro commerciale, sale multifunzionali e una sala congressi da mille posti, ma i permessi tardano. Giusto, giustissimo, valutare bene le operazioni speculative, ma perché negare i Magazzini del Sale al Museo Guggenheim? Cacciari - anche se non dubitiamo che preferirebbe passare le serate col suo amico scrittore Daniele Del Giudice - ascolta tutti, ma, anche quando dice di sì, spesso le decisioni tardano. E Marina Salamon, sua portavoce, non ha niente da portare, poverina, ammesso che la voce di Cacciari possa essere portata. Qualche giorno fa, al sindaco è toccato a pranzo Giulio Malgara, intimo di Berlusconi, candidato mancato alla Rai e adesso aspirante al Coni. E' un uomo molto ricco, ma a Venezia non ha il ruolo cui aspirerebbe: con Cacciari ha parlato, tra l'altro, di Hàagen-Dazs, quei gelati da cinquemila calorie che vorrebbe vendere a Campo Santo Stefano. Cosa piccola, se volete, ma, si sa. dalle piccole cose... A parte Boato, sapete qual è l'impressione? E' come se la città si compiacesse un po' della sua decadenza, lasciando marcire situazioni paradossali. Pensate, ad esempio, alla Camera di Commercio di una città con quattromila negozi: Oreste Fracasso, democristiano, titolare di un'azienda che fabbrica guard rail, è lì congelato da mesi con i suoi problemi giudiziari. Ivano Beggio, presidente dell'Unione Industriali e proprietario dell'Aprilia, ha da occuparsi invece dei suoi problemi finanziari e non ha molto tempo per l'Unione o per il Premio Campiello, che sta morendo di consunzione, ad opera sua e un po' anche del patriarca Marco Cè, che, con un gioco di parole che ci vergogniamo persino a riferire, viene giudicato nei fatti l'opposto del suo cognome. Al porto, il presidente Di Ciò è stato ucciso a coltellate un anno fa daUsuo direttore amministrativo ed è stato sostituito non con un manager, ma con un ammiraglio. Alla Biennale rimane assiso, immarcescibile, l'andreottiano Rondi e alla Fenice il socialista Pontel. L'unica isola di dinamismo la scoviamo - miracolo - all'aeroporto, dove è stato nominato presidente non un manager di Francoforte, ma l'ex vicesindaco comunista Gianni Pellicani che, fatti due conti, ha visto che quello di Venezia, servendo tutto il Nord-Est industrialo in pieno boom, è il terzo scalo nazionale, oltre che un ottimo business, nonostante le defatiganti pratiche amministrative: dodici-enti-dodici con cui trattare per spostare anche uno spillo. Forse il casinò è un affare ancora più cospicuo, ma sui suoi destini s'annunciano risse. Cacciari pensa che ci si debba poter arrivare in macchina e vorrebbe spostarlo al Tronchetto, ma naturalmente al Lido l'idea non piace per niente. Passeggiate un po' per Venezia in questi giorni, mentre mezza Italia esce dall'alluvione, magari chiedete una camera in un hotel decente o da Fiore, la trattoria che YHerald Tribune ha messo al quinto posto tra i migliori ristoranti del mondo, e capirete perché è così difficile mettere un palo in Laguna. L'annata turistica è stata straordinaria, paragonabile soltanto a quella del 1985, quando il dollaro si cambiava a duemila lire. Gli abitanti del centro se ne vanno? Marghera muore? L'acqua alta viene sempre più spesso? Embè?! A Tokyo, Venezia viene pubblicizzata con lo slogan: «Venite a vedere la città che affoga». Naturalmente, se chiedete a Ugo Samueli notizie della potentissima lobby degli albergatori, che lui rappresenta, vi risponderà che non sa cosa sia. Ma sentite invece quel che racconta Enzo Figus, un commercialista allievo del vecchio Tito Carnelutti, naturalizzato veneziano, che è l'esecutore testamentario dell'immenso patrimonio di Vittorio Cini. Con i capitali della famiglia, che controllano anche un bel pezzo della Techint, sta mettendo su un centro congressi alle Zitelle. Ma dove mettere i congressisti, se in città non si contano più di 1500 camere decenti e se gli albergatori e Boato non ne fanno costruire di nuove? Così, un po' per bisogno e un po' per provocazione, ha deciso di prendere in affitto una nave croata e di metterla in porto per alloggiarvi i congressisti. Di qui al Duemilacinque le stime dell'Organizzazione mondiale del turismo fanno prevedere per Venezia un flusso annuo di più di venti milioni di turisti. Le alternative, perciò, sono tre: o si cacciano, o li si tiene per la giornata, come a Disneyland, oppure da qualche parte bisogna pur metterli a dormire. Qual è l'opzione di Cacciari? Ha già deciso, o, travolto dall'ordinaria amministrazione e facendo torto al suo animus, sta trascurando le grandi scelte? Giancarlo Ligabue, re del catering e grande archeologo, incorniciato dalle vetrate del suo palazzo in Volta di Canài, pensa che il sindaco si scontrerà e cadrà, se non andrà a ricoprire ruoli nazionali. Ma vai a sapere se Ligabue lo dice per contratto, visto che è lui il leader cittadino del berlusconismo. E' stato elotto a Strasburgo, dove da presidente del gruppo - racconta - tocca a lui amministrare personaggi come Ombretta Colli e Giampiero Boniperti. Ma figurarsi se dimentica la sua città: ha chiesto a Berlusconi di proclamarla bene universale. Sempre sul Canal Grande, Vittorio e Pier Giorgio Coin si mantengono più defilati politicamente, come i Bastianello dei supermercati Pam, ma mai quanto Luigino Rossi, l'industriale delle scarpe che ha sulle spalle l'onere e l'onore del «Gazzettino)!. Del resto, Forza Italia a Venezia ufficialmente non esiste, come non esiste il msi, mentre la Lega è rappresentata in municipio - ironia della sorte - dal vecchio, piccolo e garbatissimo conte Da Mosto, presidente del circolo dei nobili veneziani. Non vi sarà sfuggito che nel nostro itinerario abbiamo fin qui trascurato palazzo Morosini, in Campo Santo Stefano. Dovreste metterci piede una volta, non soltanto per vedere la qualità del restauro e la potenzialità del centro elettronico, che simula le maree, ma per capire che cosa potrebbe diventare Venezia come sede di grandi organizzazioni di ricerca, e, soprattutto, i termini della vera querelle che percorre la città. Chiudere le bocche di porto per fermare l'acqua aita, con un investimento di 7 mila miliardi (un decimo di quelli spesi chissà come nell'Irpinia), o lasciare tutto com'è, limitandosi a una buona manutenzione, visto che Venezia sta in piedi da qualche secolo? Luigi Zanda, presidente del Consorzio Venezia nuova, che ha pronti gli interventi, ha dietro di sé intellettuali, imprenditori e grandi veneziani, come Bruno Visentini. Ma l'opzione zero - quella che dice: svuotiamo i piani bassi e alziamo le linee elettriche, perché con l'acqua si può convivere cattura i commercianti e addirittura ammalia Arrigo Cipriani, il quale identifica il drago nella Snam che, da Chioggia, pomperebbe gas dal sottosuolo di Venezia, accelerandone la discesa. Ma - questo è quel che conta - con chi sta Cacciari? Ecco, il sindaco moderato di sinistra - chissà come lo vede Teresa Foscari, soprannominata negli anni mitici la contessa rossa? - tarda assai ad esprimersi con compiutezza n, per dirla tutta, sembra più propenso all'opzione zero. Forse perché tira a campare? O perché preferisce distribuire a pioggia petini, come si dice a Venezia? Ma no - correggono i più furbi, quelli che fanno i politologi, perché più della partita locale gli interessa quella nazionale. Ma via! Data la personalità di Cacciari, alle malignità senza prove non possiamo dare alcun credito, come peraltro non ne dà Zanda, che lo considera sinceramente il miglior sindaco possibile. Delle calamità - Dio ce ne scampi - abbiamo avuto un test doloroso pochi giorni fa in Piemonte, ma come si fa ad evitarle in un luogo dove, a chi le chiedeva da quanti anni vi abitasse, la contessina Tiepolo rispondeva: «Da mille anni»? In crescita soltanto il turismo: da Tokyo partono tour verso «la città che affonda» Ca' Dario è deserta Neppure Woody Alien ha voluto la reggia di Gardini Ligabue, leader di Forza Italia «Va proclamata bene universale» Un centro congressi dove mancano gli hotel così una nave accoglierà gli ospiti y 3 comanda nelle citta