«Sono come unto dal Signore»

m «Sono come unto dal Signore» «C'è del divino in chi sceglie il leader» L'INVESTITURA DEL CAVALIERE ROMA OPO aver bevuto l'«amaro calice», dopo aver invocato un nuovo «miracolo» italiano, dopo aver invitato i seguaci a rendere grazie per il «nuovo, magico presente», dopo aver voluto, fortissimamente voluto che nell'inno di Forza Italia si declamasse che «abbiamo tutti un fuoco dentro il cuore», oggi Silvio Berlusconi non indugia a indossare i panni del nuovo Messia: «Chi è scelto dalla gente è come un Unto dal Signore». Un uomo scelto in nome di Dio, che però almeno in questo caso si chiama Popolo: «C'è del divino nel cittadino che sceglie il suo leader». Pensare che la democrazia ha mobilitato legioni di detrattori proprio in ragione della sua mediocrità simbolica, del suo carattere scialbo, estenuato, scolorito, anonimo, specialmente se messo a confronto della pompa fastosa con cui venivano benedetti i re che sedevano sul trono per «diritto divino». E pensare che, caso mai, la divinizzazione del Popolo unanime e indiviso, l'enfasi del Popolo che si sostituisce a Dio come fonte e origine della sovranità appartiene piuttosto alla sinistra, almeno a cominciare dalla mitizzazione della «volontà generale» operata da Rousseau. E invece no, si invoca un topos classico della moderna destra antirivoluzionaria che ha in Joseph De Maistre il suo maestro e interprete sommo, si richiama il ruolo del Signore nella storia umana, si rivendica il primato della legittimazione religiosa nella determinazione del destino storico, ma Berlusconi curiosamente trasferisce tutto questo sul terreno nientemeno che della democrazia, nell'appello al Cittadino equiparato alla divinità, trasportando la prosaica e laica realtà dei numeri, delle percentuali elettorali, della quantificazione del consenso nella sfera dell'Intoccabile e del Sacro. Ulteriore conferma dell'irriducibile ambiguità del ber- lusconismo. Fenomeno politico-culturale che situa il suo centro di irradiazione nella tv, veicolo primario della «scristianizzazione», dell'euforia consumistica, dell'edonismo di massa. E insieme venato di una fortissima inclinazione al misticismo politico, alla retorica del Salvatore, al carisma del Capo. Natura ambivalente che si esprime in comportamenti e modi di apparire tra di loro opposti: basta pensare che la stessa maggioranza ha prodotto in Senato un presidente come Carlo Scognamiglio che fa mostra di spigliatezza moderna e declama il suo primo discorso con la mano in tasca, e alla Camera un presidente come Irene Pivetti che nel discorso d'investitura affida la sua «opera alla volontà di Dio, a cui appartengono i destini di tutti gli Stati e della Storia». Carattere contraddittorio di un leader che da una parte sceglie la «Libertà» (De Maistre non avrebbe approvato) come motto di auto-identificazione, dall'altra esibisce la sua devozione cattolica con studiata ripetitività, dall'appello alle zie monache fino alla cappella di famiglia nella villa di Arcore. E che evidentemente viene cordialmente ricompensato per i suoi sforzi, se ieri L'Osservatore Romano (e prima ancora il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana) ha proposto un perentorio alt alle manovre di avvicinamento tra l'ex democrazia cristiana e i progressisti. Con una differenza scaturita in questi giorni. Se nei giorni dell'ascesa il bcrlusconismo si presentava corno una religione trionfante, scandita dal ritmo dell'inno cantato dai fedeli all'unisono, oggi si mostra come una religione della sofferenza e, appunto, della croce. L'anatema scagliato contro i «Giuda» che vorrebbero tradirlo sta ad indicare che Berlusconi ritiene di poter creare attorno a sé l'atmosfera tragica e sovraccarica di significati di una crocifissione annunciata, dove il ruolo del Giuda è essenziale come imitazione del percorso evangelico. E il richiamo al leader come «unto del Signore» vuole oltrepassare il carattere puramente umano del gioco democratico per sottolineare la natura sacra della legittimazione. Il tutto attraverso un cortocircuito logico e ideologico che mette paradossalmente insieme la democrazia - per sua natura esposta alla volubilità delle opinioni e delle scelte, talmente precaria che appunto si va alle elezioni per verificare che la maggioranza non abbia nel frattempo mutato opinioni e gusti - e il sacro, che allude all'immutabilità, all'imperscrutabilità dei decreti divini. Quanto può assomigliare il mandato popolare a Berlusconi all'incoronazione di Carlomagno che si inginocchia davanti al Papa e ne riconosco la superiore autorità? O allo Zar che viene unto con l'olio sacro per mondarlo dai suoi peccati mentre, raccontano le cronache, tutt'intorno i metropoliti lo «benedicono con le icone» e i boiari offrono «dei pani, del velluto, della seta marezzata, del raso, dei tessuti d'oro, delle pelli di zibellino e dei piatti d'argento» per celebrare le «nozze con la Russia»? Forse il paragone meno improprio è con Napoleone, che cinge la corona ma in nome dei principi che hanno distrutto l'Ancion Regime e hanno consentito al Còrso di salirò fino alla sommità tutti i gradini della scala sociale e soltanto in virtù di quel principio squisitamente democratico che è il merito. «Silvio, illuminaci», gridò un ignoto pololiberista durante la prima convention ci Forza Italia. E lui rispose: «Al massimo posso accendere la luce elettrica». Si poteva permettere puro l'ironia. E 1 autoironia. Questi invoce sono i giorni dol dolore in cui si arriva a «giurare» sulla tosta dei figli per proclamare la propria innocenza o l'assedio dogli infedeli porta l'offensiva più in¬ sidiosa. Solo contro tutti, Berlusconi accentua il suo legame con l'unica forza che sembra sostenerlo: la legittimazione dol voto popolare. Fino a descrivere il corpo elettorale corno un Olimpo di dei («c'è del divino nel cittadino»). Fino a paragonarsi ai sovrani per diritto divino il cui corpo mistico era inviolabile: ma loro orano assoluti Ueyibus solutus), mentre lui è sottoposto alla maestà della Legge. Fino a comparare la sua opera a quella dt;ll'«Unto del Signoro» che nella religione della Chiesa Romana è appunto il Messia Gesù Cristo. Ci manca soltanto la resurrezione. Pierluigi Battista L'idea del sacro trasferita in democrazia Un confronto che oscilla tra Carlo Magno, gli zar di Russia e Napoleone In alto: Silvio Berlusconi Sopra: l'incoronazione di Caterina I A destra: Joseph De Maistre Sotto: l'incoronazione di Carlo Magno, Jean-Jacques Rousseau e Napoleone Bonaparte

Luoghi citati: Arcore, Roma, Russia