La piazza le aziende e il «partito pesante»

Economia DIBATTITO La piazza, le aziende e il «partito pesante» NEGLI anni verdi della Prima Repubblica Aldo Moro colse l'occasione di un voto incautamente differenziato su di un finanziamento di 90 miliardi alla scuola privata per regolare i rapporti con gli alleati socialisti, promuovendo una crisi della prima coalizione organica di centro-sinistra. L'episodio sarà venuto in mente a tanti italiani di mezza età nel momento in cui assistevano, nei giorni scorsi, allo scollamento dell'attuale maggioranza sul tema delle pensioni, alle contorsioni politiche e alle intese trasversali che ne sono derivate. Nessuno di buon senso può augurarsi che il governo in carica si faccia da parte nel bel mezzo di una travagliata sessione di bilancio. E' certo però che ogni pronostico rimane improntato al pessimismo in attesa dell'annunciato incontro tra Berlusconi e i leader sindacali, i quali sono i veri «azionisti di riferimento» di un'opposizione che in questi mesi ha saputo solamente fare il verso a Cofferati, D'Antoni e Larizza e partecipare (creando anche qualche imbarazzo) ai cortei e alle manifestazioni che hanno invaso le piazze d'Italia. Sono tanti che, in queste ore, si ingegnano a dare suggerimenti, a proporre soluzioni risolutive di un «muro contro muro» che può produrre solo vincitori e vinti. Nei momenti di difficoltà grave, invece, le indicazioni per il futuro si trovano riflettendo sugli errori del passato. Errori che ambedue le parti in causa hanno commesso se hanno rischiato di trovarsi nella condizione disperata di chi non può ritornare indietro perché ha bruciato i vascelli alle proprie spalle. Governo e sindacati non avevano intenzione, ciascuno per suo conto, di litigare di proposito. Berlusconi si era affrettato a riconoscere il Protocollo triangolare del 23 luglio 1993 a cui Cgil, Cisl e Uil tenevano molto in quanto rappresentava il salvacondotto per disporre, nella Seconda Repubblica, dello stesso potere consociativo avuto nella Prima. La coalizione di Centro-Destra (che aveva incassato la cortesia di un rinnovo contrattuale dei bellicosi metalmeccanici realizzato senza una sola ora di sciopero) era però attesa alla prova della Finanziaria. Un appuntamento con il rigore a cui Berlusconi si era preI sentato malvolentieri dando ai I propri mterlocutori-avversari la netta sensazione di non voler fare sul serio ed inducendoli, così, nella tentazione di ricercare ed acquisire un successo a buon mercato sul terreno delicato e popolare delle pensioni. Per tutta l'estate il governo, incurante delle tempeste che coinvolgevano la lira, ha lasciato credere che al dunque avrebbe abbozzato (ricordate le assicurazioni date alle nonne e alle zie d'Italia?). I dirigenti sindacali hanno così ritenuto possibile alzare la voce ed avanzare delle vere e proprie pregiudiziali su aspetti essenziali del sistema pensionistico che nessun governo responsabile avrebbe potuto eludere. Grossolani errori di sottovaluzione, dunque: delle confederazioni sindacali che speravano di mostrare lo scalpo del governo nelle piazze e che invece hanno costretto una controparte riottosa a salvare almeno la faccia; del governo, indotto dalla scarsa dimestichezza con il proprio interlocutore e dalla visione multimediale della lotta politica a non considerare la forza aggregante dell'ultimo «partito pesante» sopravvissuto (appunto Cgil, Cisl e Uil). Non è saggio sfidare con un'Annata Brancaleone soggetti collettivi in grado di mettere in campo risorse economiche ingenti, un apparato di decine di migliaia di funzionari a tempo pieno, di centinaia di migliaia di attivisti che hanno a disposizione milioni di ore di permesso sindacale retribuito per svolgere il proprio ruolo. Il fatto è che l'esasperata conflittualità in tema di pensioni rischia di vanificare una ripresa economica attesa come il cielo sereno dopo l'alluvione. E ciò, sia se prevarranno le istanze delle confederazioni imponendo al governo una retromarcia esiziale per la credibilità dell'azienda-Italia, sia se i sindacati, con raffinato luddismo, continueranno a massacrare le aziende. Il «tormentone» deve finire, con uno sforzo comune di responsabilità e di saggezza. Dopo il voto della Camera e le modifiche apportate, insistendo, come continuano a fare sindacati e opposizioni, sullo stralcio delle norme in tema di pensioni in cambio di un impegno di riforma «a babbo morto» non si reca alcun positivo contributo. E' giunto il momento delle proposte di merito in sede di legge finanziaria. Chi ne ha, parli ora o taccia per sempre. Giuliano Cazzola ola | Il ministro del Lavoro Clemente Mastella

Persone citate: Aldo Moro, Berlusconi, Clemente Mastella, Cofferati, D'antoni, Giuliano Cazzola, Larizza

Luoghi citati: Italia