OSSERVATORIO di Aldo Rizzo
r r OSSERVATORIO Gli ultimi giorni della diplomazia A tragedia bosniaca non accenna a chiudersi, anzi conosce nuove puntate, che allontanano la conclusione. Bombe e napalm, addirittura, sulla disperata sacca musulmana di Bihac, da aerei serbi, partiti dalla Croazia occupata (la Krajina). Ma, per i jet della Nato, il mandato dell'Onu non prevedeva lo sconfinamento dai cieli della Bosnia. Dall'alba di ieri, questo limite non esiste più. Decisione tardiva, che lascia impuniti i due raid assassini, e che tuttavia dovrebbe dissuadere i serbo-bosniaci dal compierne altri. Resta la questione generale: come impedire che, pur senza bombardamenti dal cielo, Bihac diventi una nuova Sarajevo, cioè una città assediata, esposta ai colpi di mano e allo stillicidio delle granate da terra. Come impedire che la guerra continui all'infinito, lasciando ai serbi il diritto, chiamiamolo così, alla prima mossa, e alla comunità internazionale solo la possibilità di rappresaglie postume. Cerchiamo di orientarci, in questo tragico, convulso susseguirsi di mosse e contromosse. Esiste un «piano di pace», accettato dai cinque Paesi del «Gruppo di contatto» (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Russia) e anche dai diretti interessati, compresa la federazione serbo-montenegrina (la SerbiaSerbia, quella di Belgrado e di Milosevic), ma esclusi i serbobosniaci. Non è un gran piano, ma è quanto di meglio, o di meno peggio, la diplomazia mondiale sia riuscita ad esprimere. In pratica, una spartizione della Bosnia (51 per cento ai croato-musulmani, il resto ai serbi, che controllano il 70), lasciando nel vago i possibili legami confederali. Per convincere i serbobosniaci a dire anch'essi sì, si è puntato su una doppia azione: il blocco dei rifornimenti di Belgrado (ricompensato da un alleggerimento delle sanzioni sulla federazione) e la minaccia dei raid aerei della Nato. In questo quadro sono intervenuti due fatti nuovi: l'improvvisa controffensiva musulmana e la decisione di Clinton di tirar fuori l'America dal controllo dell'embargo delle armi, di quelle destinate al governo di Sarajevo. Quanto alla disperata conI troffensiva musulmana, è I chiaro che essa ha avuto l'ap¬ poggio morale di tutta o quasi l'opinione pubblica occideni tale. Come negare a chi è stato | aggredito il diritto di tentare il recupero di quanto ha peri duto? Ma altra è la logica strettamente politica. Non j era difficile prevedere che, alj lo stato attuale dei rapporti di i forza, ci sarebbe stato un ri] torno serbo: se necessario, | con l'aiuto dei «connazionali» | della Krajina e, al limite, di i quelli di Belgrado (vanificando quel tanto di realismo che I aveva indotto Milosevic a più miti consigli). Quanto agli Stati Uniti, una I certa confusione anche li. I Clinton ha preso la sua deciI sione sull'embargo credendo | di compiacere un Congresso I più duro dopo lo elezioni dell'8 novembre. Ma il vero vincitore di quelle elezioni, il | futuro «speaker» della Camera, Newt Gingrich, ha buttato tutto per aria dicendo che la Bosnia «ò un problema europeo» e che spetta a tedeschi, inglesi, francesi e italiani pagare eventualmente le armi ai musulmani. Ma gli europei sono contrari all'abolizione dell'embargo, perché prolungherebbe e allargherebbe la guerra, e metterebbe in pericolo la vita dei «caschi blu». In conclusione, la tragedia a puntate della Bosnia offre i due soliti «scenari». Una soluzione militare, capace di rovesciare quella ottenuta sul campo dai serbi: e quindi armi pesanti, e anche o soprattutto la copertura aerea, in senso offensivo, ai bosniaci che ne sono totalmente sprovvisti (preludio possibile di un intervento diretto e globale dell'Occidente, in un quadro bellico esteso prima o poi alla Russia). Oppure una pressione politica, e anche militare, sui serbo-bosniaci, perché dicano finalmente sì al piano di pace. Razionalmente, il secondo scenario è il solo praticabile. Ma a condizione di essere perseguito con tenacia e con forza. E' l'ultima scommessa, prima della «débàcle». Aldo Rizzo ao^J
Persone citate: Clinton, Milosevic, Newt Gingrich
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