Cgil Cisl e Uil «L'industria scelga»

F LETTERA Cgil, Cisl e Uil <<Lindustria scelga» LA lettera inviata dal presidente dell'Unione Industriale di Torino, Bruno Rambaudi, e pubblicata su «La Stampa» del 17 novembre si presta, secondo noi, ad alcune considerazioni. In primo luogo crediamo debba essere riconosciuto che in un conflitto ognuno usa gli strumenti che legittimamente ha a disposizione e che ai lavoratori, tolto lo sciopero, non restano molte altre cose da fare per evidenziare le loro proposte o il loro dissenso rispetto alle proposte di altri, in questo caso del governo. Nonostante ciò vorremmo ricordare che, dopo lo sciopero generale del 14 ottobre, Cgil, Cisl, Uil hanno creduto opportuno organizzare la seconda grande risposta al governo attraverso una manifestazione effettuata di sabato e quindi senza la dichiarazione di ulteriori ore di ferma: una manifestazione pacifica a cui hanno partecipato moltissime persone che hanno deciso di utilizzare in questo modo una parte del loro tempo libero. Discernere gli atti dalle intezioni è sempre difficile, ma ci sembra che in questa occasione sia ben chiaro chi non ha fatto nulla per evitare che si dovesse ricorrere ad un altro sciopero generale: in primo luogo facendo trascorrere due mesi senza cercare di riaprire il dialogo col sindacato; poi commentando in modo sprezzante, improprio e, ci permettiamo di dire, anche politicamente miope, iniziative sindacali che avevano coinvolto milioni di persone; infine ponendo la questione di fiducia: si tratta, è chiaro, di questo governo. Il movimento sindacale ha dimostrato coi fatti, cioè con la firma sotto accordi anche difficili e innovativi, di volere la concertazione e di voler contare per una seria politica dei redditi. Ora questo governo vorrebbe prendere I decisioni in merito alla previI denza e ad argomenti, come le pensioni integrative, che riguardano il salario differito dei lavoratori, senza discuterne: ciò è inaccettabile. Cgil, Cisl, Uil credono però che anche gli industriali devono fare la loro scelta, almeno sul versante della politica economica: devono cioè dire se vogliono la concertazione cioè il rispetto integrale delle regole scritte negli accordi del 31 luglio 1992 e del 23 luglio 1993 di cui tanto bene hanno detto e continuano a dire -, o se con i loro comportamenti mirano a farla scomparire: ad oggi questo ci sembra un dubbio da sciogliere. In quanto alle uscite, a cui fa riferimento anche il presidente Rambaudi, vorremo solo ricordare che nel 1991 circa 18 mila miliardi, la metà della cifra stanziata dal governo per le misure sul lavoro e l'occupazione, sono stati spesi per la fiscalizzazione di oneri sociali; che successivamente questa operazione è stata ripetuta e che gli ammortizzatori sociali, sino ai prepensionamenti usati dalle imprese per far fronte anche alla recente fase di recessione, vanno anch'essi iscritti nella colonna delle uscite previdenziali. Una soluzione, quindi, va trovata ragionando sulle necessità di tutti e certamente anche avendo il coraggio di mettere in discussione regole che le parti sociali si sono date in passato. Per concludere ricordiamo solo che il sindacato, da tempo, ha denunciato la necessità di una riforma previdenziale: oggi più che mai è pronto a discuterla avanzando le sue proposte e dimostrando, ancora una volta, senso di responsabilità: il suo «no» continuerà ad arrivare solo finché invece di riforma si vorrà parlare di tagli. Vincenzo Scudiere Tom Dealessandri Amedeo Croce Segretari generali Cgil, Cisl e Uil, Torino ice arali I rino