Ora volano le «colombe»

Finanziaria, passano tre emendamenti. Grandi manovre al Centro Finanziaria, passano tre emendamenti. Grandi manovre al Centro Ora volano le «colombe» Berlusconi: mai voluto la crisi ROMA. Per tre volte il governo è stato battuto alla Camera su emendamenti sul tema pensioni, proposti dalla Lega. Senza la copertura del voto di fiducia la maggioranza ha votato in libera uscita assieme alle opposizioni, tra equivoci ed espliciti dissensi. E mai come ieri Berlusconi deve essersi sentito solo a Palazzo Chigi e incerto sulle scelte da fare. Appena l'altro ieri il presidente del Consiglio era parso ben deciso, assieme a Fini, ad accelerare la crisi latente del suo governo per puntare ad elezioni anticipate al più presto per non farsi «logorare». Ieri è stato costretto a fare marcia indietro dalla mobilitazione generale delle «colombe» della maggioranza, che hanno freneticamente lavorato per evitare lo scontro frontale con i sindacati e la crisi. Già in mattinata, visto il nuovo ! tonfo della lira dopo il preannun! zio di crisi, il presidente del Consiglio si era corretto: «Se il governo cadesse sarebbe un disastro. Non evoco elezioni». Poi, a sera, decideva di incassare le sconfitte alla Camera definendole «correzioni che non ledono l'integrità della Finanziaria». Concludendo che «quella di oggi è stata una buona giornata, all'insegna della ragionevolezza». Parole dolci per i moderati della maggioranza che avversano il patto Berlusconi-Fini. Casini, del Centro Cattolico democratico: «Finalmente i falchi sono stati ingabbiati». Il ministro Giuliano Ferrara: «E' importante che la situazione si sia fluidificata». Sono loro gli artefici della manovra che ha messo Gianfranco Fini in un angolo, ha allontanato per il momento la crisi e spostato la manovra politica al centro. Tutto è potuto cominciare perché lo scontro sociale ha permesso al sindacato (che prima di queste ultime settimane sembrava in grave crisi) di tornare con forza sulla scena politica. Un attore che Berlusconi non aveva messo nel conto. Addirittura la Cisnal, il sindacato di destra, per la prima volta nella sua storia parteciperà allo sciopero generale proclamato dalle odiate Cgil-Cisl-Uil, dimostrando che la protesta contro il governo va da destra a sinistra passando per il centro. Ora l'iniziativa è dei «centristi» che sono sia nella maggioranza (Lega, Ccd, «colombe» di Forza Italia) sia all'opposizione (Popolari con Ad, Segni, ex psi) con alle spalle l'appoggio del segretario della Cisl, D'Antoni. Il quale può dire, da una posizione di forza, che «lo sciopero resta confermato, ma può essere revocato se verranno risultati concreti». E dietro tutti si intravede la fermezza del Presidente della Repubblica nel non dare per scontate le elezioni anticipate in caso di crisi. L'incontro e il documento comune concordato da Bossi e Buttiglione è stato il punto di svolta, anche se non è ancora chiaro l'obbiettivo finale che il segretario del Partito popolare si propone. Due sono le ipotesi aperte: un governo Berlusconi-bis senza Fini, con la Lega e l'aggiunta dei Popolari, Segni, l'Ad di Adornato, i socialisti di Boselli. Sarebbe una maggioranza puramente centrista assai risica¬ ta. L'altra ipotesi è un governo Berlusconi con Lega, Popolari e l'Alleanza nazionale di Fini, depurata, dopo il congresso del 20 gennaio, di una trentina di nostagici del vecchio msi neofascista. In questo gioco che lo ha intrappolato a sorpresa, Fini si agita indeciso tra dichiarazioni di guerra («Se la Finaziaria sarà stravolta al Senato si può fare la crisi», dice Maceratimi e rassegnazione («Al Senato sarà necessario accettare alcune richieste dei Popolari», dice Fini). Ed è il turno di Bossi di fare ironie sul suo nemico in difficoltà, quando risponde alla richiesta di Fini di una «verifica immediata», con le sue stesse parole di pochi giorni fa: «La verifica è in atto, è quotidiana». E se ieri Fini diceva che il problema del governo è la Lega, oggi Bossi risponde: «E sì, il problema è proprio An». Infieriscono i popolari sul Popolo: «Fini non ha ancora capito, o finge di non capire, che la maggioranza è sparigliata. Non regge». Il seguito della storia è rinviato a dopo le elezioni amministrative di domenica, con la Finanziaria ormai al Senato. Alberto Rapi sarda

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