«Presidente non ci lasci soli»

«Presidente/ non ci lasci soli» «Presidente/ non ci lasci soli» «Ma non abbiamo bisogno di elemosine» VIAGGIO NEI. DOLORE ALBA DAL NOSTRO INVIATO Reverendo, lo chiama la Nina. '«Reverendo, ha visto che roba?». Lui si volta sorridendo, la mano tesa. Non l'hanno riconosciuto, l'improvvisata è riuscita, proprio come voleva. Nina Gerbi ha 81 anni, le spesse lenti sporche di fango e da una settimana, con un gruppo di militari che potrebbero essere i suoi pronipoti, lavora per rimettere in vita l'azienda, tendaggi e affini. Nina, è il presidente Scalfaro! «Bene. Ha visto che roba?». Poi stringe quella mano. Finalmente lo hanno riconosciuto. Il blitz nel fango di Oscar Luigi Scalfaro comincia così, fra ìa nebbia, il freddo e le tante ferite di Borgo Tanaro ad Asti. La gente non lo sapeva che sarebbe arrivato, nessun comitato di ricevimento, nessuna folla plaudente, niente di preconfezionato. Poco alla volta squadre di spalatori vincono la battaglia col fango in corso Savona, quello spaccato in due da una voragine. Presidente, ha visto? Non si dimentichi di noi!, implora un falegname che ha «perso tutto. Ma grazie di esser fra noi». «Ho visto e sono qui». Dice Rossana Cameroso: «Siamo disperati, abbiamo la casa distrutta». Come rispondere a tanta disperazione? Scalfaro sceglie la via della semplicità: «Coraggio, voi siete bravi. Coraggio, le cose si aggiusteranno». A volte un sorriso franco equivale a un grande aiuto. Presidente, la fa una foto con me?, chiede la signora Letizia. «Prego». E ci sono quei militari che scavano e neppure si fermano. «Ragazzi, dice Scalfaro, conto su di voi. So che lavorate e vi ringrazio». Sono timidi soldatini e pochi riescono a rispon- dere «Grazie a lei», solo i più audaci allungano la mano. In prefettura, poco prima, gli incontri ufficiali: sindaco, prefetto e vescovo. C'è tanto da lavorare, dice la gente e nessuno si tira indietro ma in questa corsa contro il tempo l'arrivo è ancora lontano. Non è il tempo delle polemiche, la gente si aspetta altro. Un blitz a tappe: Alba, Alessandria, Ceva e poi, via Genova, ritorno a Roma. La foschia gelida entra nelle ossa della gente che aspetta nella piazza del comune di Alba. Perché ormai lo sanno che oggi arriva il Presidente. Settantotto persone, allineate di fronte al municipio, intimidite dalla presenza di carabinieri e poliziotti e da quegli al¬ tri, in borghese, quelli con l'auricolare e lo sguardo da duri. E' Scalfaro che va incontro a questa gente che ha troppo pudore per dire ora quello che si era preparata. «Io lo aspetto dal 1948, il Presidente, da quell'alluvione», avrebbe voluto dire Palmina Milvo vedova De Michelis, 65 anni. «Non mi hanno dato niente, ho finito per non chiedere neppure più». Un applauso, per il Presidente, un applauso timido o forse educato. Quando da un'auto col fungo acceso sul tetto scende Ombretta Fumagalli Carulli, sottosegretario alla Protezione civile, gran foulard verde sulle spalle, impermeabile grigio, e rosse decolleté ai piedi, un giovanotto sui settanta esclama: «Ombretta, che figura!». Ma è tutto, non è lei il problema. E il sindaco Enzo De Maria ha appena ricordato: «L'alluvione comincia adesso, è inutile ricordare ora che due potabilizzatori partiti la domenica da Roma sono arrivati solo martedì». L'acqua potabile manca ancora: Monica Romagnosi e Salvatore Spottile, volontari della Cri, riprendono a distribuire i pacchetti di plastica da un litro, massimo 5 per famiglia. Il letto del Tanaro sembra ancora una lunga, ferita oscena. Le case di corso Bra, laggiù in basso, hanno preso in pieno la tremenda frustata dell'acqua. E c'è ancora fango, tanto fango dappertutto, anche se la gente spala dall'alba a notte. «Qui non si è visto un vigile del fuoco», lamenta Giovanni Zinola, 50 anni. Il presidente fa segno di sì, col capo, sì, capisce quella disperazione sorda. Si aggira per le vie ancora coperte di melma e sua figlia Marianna segue il drappello «ufficiale» a distanza, quasi fosse la retroguardia. Osserva tutto, ascolta tutto. Accoglienza differente, per Scalfaro: sorrisi e qualche applauso, ma per Berlusconi furono fischi, fra questi mucchi di fango. Franco Bardino stringe la mano al presidente e, quasi a scusare un gesto che ritiene maleducato, dice: «Chi fischiò non era gente che lavorava qui e forse non era neppure alluvionata». Scalfaro gli risponde che non tutti sono saggi, equilibrati e sensibili. Ma Bardino non ha finito: «Presidente, nessuna congratulazione, per noi. Non siamo gente abituata a chiedere l'elemosina, dal governo non vogliamo regalie. Ma qui abbiamo avuto danni per centinaia di milioni. Aspettiamo aiuto. Anche se non vogliono dirlo, abbiamo sempre pagato le tasse: noi non ce l'abbiamo né con Roma né con Napoli né con Torino». Sì^ia con il capo il Presidente, sì ho capito. Lo portano, quasi lo spingono nel cortile dell'officina meccanica Cavallotto dove lavorano 20 persone: l'acqua è arrivata lassù, dove c'è quella linea scura e il fango è ormai ricacciato. «Questa azienda è un salotto», commenta Scalfaro e i venti sorridono, forse per la prima volta da chissà quanto, felici. Alba la conoscono nel mondo soprattutto per la Ferrerò. E la fabbrica è stata colpita duro. Gli opeT rai aspettano Scalfaro allineati davanti all'ingresso principale, sono mischiati ai volontari e agli uomini della Protezione civile. «Grazie, presidente». E nel gruppo, appena arrivato da Roma, c'è Raffaele Costa, ministro della Sanità: «Questa gente chiede solo parità di trattamento con le altre regioni italiane dice - ma c'è molta volontà di ripresa. Certo, il momento peggiore sarà quando si tornerà alla cosiddetta normalità». Le telecamere frugano impudiche ogni volto, i microfoni sono cacciati sotto al naso della gente per registrare una parola, anche una sola, per rubare un sospiro. Edoardo Sobrino volta le spalle a quelli di Rai3, ma non per scortesia, perché proprio non se la sente. «Non mi mostro», dice. Lì in mezzo al cortile dell'azienda di ceramiche, proprio lì, dove l'acqua quel giorno fece scempio il Presidente parla con suo padre, Gino, 63 anni. Edoardo ne ha 31, e fino a quel giorno era felice. L'acqua gli ha ucciso il figlio, Riccardo, 5 anni, e la madre, Anna Maria, 57. E lui ripete che non ha niente da dire. Agli Orti,-ad Alessandria, c'è un piccolo comitato improvvisato e in piazza della Divina provvidenza, dove hanno montato cinque tende' di fronte all' istituto per anziani Teresa Michel, la gente alza appena lo sguardo. Vincenzo Faccia ha 55 anni, è spalatore volontario. «Non voghamo colpevoli, ma non vogliamo nemmeno che questa cosa si ripeta», dice. Poi si volta verso Ombretta Fumagalli Carulli, intervistata da una tv. «Mi scusi, lei è il sottosegretario?» «Sì». ((Abbiamo bisogno di pile, nelle cantine non c'è luce e sono piene di nafta». «Certo, le pile, subito», ordina Ombretta all'aiutante di campo, che prende nota. Ancora nebbia e ancora freddo: Ceva sembra un avamposto, così incassato nella gola. Raccontano a Scalfaro i guasti che ha provocato l'acqua e la grande paura perché la Uvex-Cagi, industria di scarpe, che è in mano ai tedeschi, potrebbe traslocare se non arrivassero aiuti concreti. «Ci lavorano 100 persone, per noi è come la Ferrerò per Alba o la Fiat per Torino», sottolinea il sindaco Giovanni Taramasso. E Scalfaro promette che chiederà all'ambasciatore di intervenire per far cambiare idea ai signori d'Oltralpe. Son venuto senza doni, ha detto il Presidente, ma anche la speranza è un dono. Vincenzo lessandoti La gente in coda per salutarlo mentre la figlia Marianna segue il gruppo a distanza Il presidente Scalfaro insieme ad alcuni militari Due sindaci di comuni alluvionati: Francesca Calvo (Alessandria) ed Enrico De Maria (Alba)