E' rissa su Sherlock Holmes di Fabio Galvano

E' rissa su Sherlock Holmes Banca e museo litigano per essere il numero 221 bis di Baker Street E' rissa su Sherlock Holmes La casa del detective divide Londra LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una banca e un museo litigano per una casa che non è mai esistita, quella di Sherlock Holmes; e lo scontro, che coinvolge anche la figlia di Sir Arthur Conan Doyle, potrebbe finire davanti ai Comuni o all'esame del governo. Gli inglesi si divertono anche di queste cose. E tutto perché quella mitica targhetta «22 lb Baker Street», qualsiasi negozio di souvenir ne vende a centinaia - non ha per ora diritto di cittadinanza. Per dirla in linguaggio holmesiano, questo è il «caso del numero mancante». Dove dovrebbe esserci il numero 22lb, infatti, c'è la Abbey House, palazzone di uffici della Abbey National (una delle maggiori banche britanniche specializzata in mutui immobiliari) che occupa in blocco i numeri dal 215 al 229. Poco distante c'è lo Sherlock Holmes Museum, aperto cinque anni fa in una casa del 1815 completamente ristrutturata e in cui passano 100 mila turisti l'anno; ma con un numero «sbagliato», il 239. Ora il museo ha chiesto di avere il 22lb, ma la Abbey National si è opposta e la commissione urbanistica del muni¬ cipio di Westminster le ha dato ragione. E' vero che quel numero potrebbe essere sacrificato sull'altare del turismo; ma i regolamenti sono regolamenti: cambiare il numero al museo, dicono quelli di Westminster, altererebbe la sequenza dei numeri civici. «Il 22lb non esiste ha precisato il presidente della commissione urbanistica - ma se esistesse sarebbe dove c'è la Abbey House». Gli fa eco la figlia dello scrittore, Jean Conan Doyle, Dama dell'Impero ed erede dei diritti d'autore. Assegnare quel celebre ma immaginario numero a qualcuno, spiega, «potrebbe ingannare i turisti facendo credere loro che Sherlock Holmes sia davvero esistito e sia vissuto in quella casa». E' un grattacapo. Anche perché la sentenza del comune di Westminster non è piaciuta a Nigel Griffiths, deputato eletto dal collegio elettorale di Edimburgo (quello, appunto, di Conan Doyle). Egli intende presentare un progetto di legge per rovesciare la decisione comunale. «Spero - dice - che il governo ci anticipi, ma sono pronto alla battaglia. Sherlock Holmes è noto in tutto il mondo, e tutti i turisti che arrivano sono profondamente delusi quando al posto della sua casa trovano quel palazzone d'uffici». Insiste Grace Riley, direttrice del Museo: «Se fosse esistito, Sherlock Holmes si sarebbe rivoltato nella tomba al pensiero che dei banchieri leggano la sua posta». E lo fanno. Alla Abbey National arrivano ogni settimana una trentina di lettere indirizzate al detective più celebre. E l'ufficio stampa della banca - «è una questione d'immagine», spiegano - risponde a tutte. Un'impiegata si firma come «segretaria» di Sherlock Holmes e spiega che l'inimitabile segugio non abita più in quella casa - come scrisse Conan Doyle - «graziosamente arredata e in ogni senso desiderabile»; che è andato in pensione, stalker hat in testa e grande pipa ricurva fra i denti, per occuparsi - in campagna - dei suoi fiori e delle sue api. E' una situazione che va benissimo a Dama Jean Conan Doyle. «Mio padre - ricorda - era inflessibile su questo punto: la casa non è mai esistita. E s'irritava con tutti coloro che a Sherlock Holmes non volevano riconoscere la patente di personaggio completamente immaginario». Fabio Galvano Sherlock Holmes in un disegno

Luoghi citati: Edimburgo, Londra