Elogio del comunismo al Bundestag di Emanuele Novazio

Discorso d'apertura di Heym, sotto accusa per rapporti con la Stasi: l'Ovest impari dall'ex Ddr Discorso d'apertura di Heym, sotto accusa per rapporti con la Stasi: l'Ovest impari dall'ex Ddr Elogio del comunismo al Bundestag Berlino, gelo tra i deputati BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nessun applauso e molto nervosismo sui banchi Cdu, grande freddezza sul volto di un Helmut Kohl impassibile e accigliato: l'apertura della tredicesima legislatura al «Reichstag» di Berlino ha sfiorato l'incidente, ma il discorso del «presidente anziano» Stefan Heym - la stessa presenza, sullo scranno che fu di Willy Brandt, dello scrittore comunista ottantunenne accusato di aver collaborato con la «Stasi», la polizia segreta di Honecker - riassumeva meglio di ogni analisi politica le contraddizioni della Germania d'oggi. Riunificata ma divisa, e soprattutto lacerata su un passato ancora segnato di sospetti e frustrazioni dirompenti. Come Heym ha avuto cura di sottolineare più volte nel suo discorso di mezz'ora: invitando l'Occidente a imparare dall'Est comunista, «dove il denaro non era essenziale e il lavoro era un diritto per tutti». Per la prima volta è infatti toccato a un uomo «arrivato dall'altra parte», dalla ex Ddr, inaugurare il Parlamento appena eletto: un uomo dal passato contraddittorio e controverso, entrato nella Berlino appena liberata con la divisa americana dopo essere fuggito alle persecuzioni del nazismo; diventato in seguito un entusiasta del regime comunista e poi un suo critico «interno». Per la prima volta dalla rinascita della democrazia in Germania, è stato il rappresentante di una cultura politica estranea alle tradizioni federali, ad avviare i lavori dell'assemblea legislativa. Ma i timori di chi, alla vigilia, s'immaginava pesanti provocazioni al Cancelliere si sono subito sbiaditi: il discorso di Stefan Heym non è stato una dichiarazione di guerra alla democrazia liberale, e neppure una sfida velenosa ai partiti di governo. Lo scrittore non si è paragonato, come qualcuno a Bonn temeva, a Clara Zetkin, il deputato comunista che inaugurò il «Rei¬ chstag» nel 1932, alla vigilia dell'ascesa al potere di Adolf Hitler: con un accostamento fra tempi storici che - di per sé - sarebbe stato considerato un'insolenza da Helmut Kohl e da quanti condividono con lui il potere, nella Germania risorta dal nazismo e dalla guerra. Pur con i vistosi richiami al passato comunista, invece, Heym ha voluto soltanto legittimare il suo partito. Presentare la Pds - erede della Sed di Honecker - come una formazione politica uguale ad ogni altra in Parlamento: ma, meglio di ogni altra, capace di cogliere le delusioni del «popolo dell'Est», di rappresentare al meglio le frustrazioni dell'unità. Questo ruolo Heym l'ha svolto fino in fondo, con appelli intensi alla solidarietà e ad «esperienze di vita della Ddr che possono essere utili al futuro comune dei tedeschi», per esempio il lavoro garantito e «un tetto sulla testa per tutti». Ma l'ha svolto anche con un eccesso di ottimismo (o con «esagerazioni romantiche», secondo il leader socialdemocratico Scharping): senza ricordare che l'Est era anche dittatura, come alcuni colleghi orientali gli hanno subito rimproverato. Vera Lengsfeld per esempio, una ex dissidente eletta nelle liste dei Verdi, gli ha obiettato di essere stata bandita dal Paese e costretta a rifugiarsi in Inghilterra: «Per me il lavoro non c'era», ha denunciato. Dai banchi della Cdu nessuna replica. Soltanto Rita Suessmuth, rieletta presidente del Parlamento, gli ha risposto: «I comunisti sfruttavano le visioni idealistiche di molti cittadini orientali per conservare il potere», ha detto. Ma a sera - mentre nuovi documenti aggravavano le accuse ad Heym come «collaboratore della Stasi» scegliendo i componenti del presidium il Parlamento sembrava impegnato nella prova generale di battaglie alle quali, probabilmente, il Paese dovrà abituarsi. Risultato del duro scontro fra Cdu e Spd, il consi¬ glio di presidenza è un'inedita coalizione rosso-nero-gialloverde: ci sono tutti i partiti, per la prima volta anche i Verdi. Un caso, o il segnale di un'evoluzione imposta dagli eventi, in un «Bundestag» dove Helmut Kohl dispone di una maggioranza risicata, dieci seggi appena? Una prima verifica arriverà presto: martedì, à Bonn, il Parlamento eleggerà il nuovo Cancelliere. Kohl ce la farà al primo turno o - come sembra probabile per le defezioni liberali dovrà aspettare la maggioranza semplice? E se così accadrà, quanto durerà il Cancelliere indebolito di una coalizione instabile? Emanuele Novazio Kohl ascolta il discorso di Heym a fianco di Rita Suessmuth presidente del Bundestag