SULL'ISOLA DI ECO GLI INTELLETTUALI HAN PERSO IL SENSO DELLE PROPORZIONI di Giulio Ferroni

LETTERA LETTERA SULL'ISOLA DI ECO, GLI INTELLETTUALI HAN PERSO IL SENSO DELLE PROPORZIONI quei segni di valore che di solito si riconoscono nelle cose che «contano» davvero nella storia della cultura (dai poemi omerici a Joyce, magari fino a Pirandello o a Celine). Gianmatteo sa che ci vuole un certo tempo per misurare davvero la più 0 meno gigantesca statura di uno scrittore; sa che i grandi libri divengono tali solo a distanza, se e quando arrivano ad assestarsi e a resistere nella mente dei lettori. Col suo spigolare tra le troppe e vane recensioni e interviste sull'isola echiana, il villano machiavellico vorrebbe solo richiamare critici ed editori a quella misura razionale che è andata perduta nella cultura dell'effetto, dell'apparenza, della promozione a tutti i costi: richiamarli al semplice ed elementare dovere democratico e civile di collocare ogni esperienza (ogni libro) al posto che è sensato assegnarle. E vorrebbe esprimere una certa preoccupazione per il fatto che perfino persone intelligenti come Eco e 1 suoi critici ed amici si trovino a collaborare a quella generale perdita delle gerarchie tra i valori, tra le esperienze, tra le pràtiche, che minaccia non solo la nostra cultura, ma la nostra stessa vita democratica. Ma forse proprio per questo abbiamo la possibilità di ricominciare: possiamo ora liberarci di tanti modi spettacolari, di tante consuetudini di micropotere, di tante retoriche (letterarie, giornalistiche e di numerosi altri tipi) che si sono incancrenite, e che, se continuano, sono solo retaggio di vecchie fasulle «egemonie», di immotivate illusioni. Possiamo ritrovare il senso delle proporzioni, possiamo chiedere anche alla letteratura di fare qualcosa per quella civile e «decente» razionalità, di cui ha bisogno questo Paese piombato nell'indecenza. Proprio oggi, che sembra così umiliata e disgregata, la cultura di sinistra ha un urgente compito di elaborazione teorica e di azione concreta: e prima di tutto deve saper inventare o ritrovare la capacità di andare al di là di questi giochi di effetti esteriori in cui siamo tutti presi. Mettiamoci insieme al lavoro e non parliamone più. Però non ripetetemi che L'isola del giorno prima è un capolavoro della letteratura universale: voi stessi, del resto (come mostrano i vostri stessi eccessi di recensori e laudatori), sapete bene che non lo è. Non è responsabile anche la nostra cultura di tanti atteggiamenti assurdi e incongrui, di tante ostentazioni a vuoto, di tanti effetti esteriori, che hanno finito per ridar la parola ai fascisti, per offrire loro argomenti e pretesti, per «legittimarli» (come oggi si dice)? E non vi pare sia giunto il momento di riconsiderare certe politiche e politichette culturali, certe forme di rapporto e di aggregazione di potere, certi modi illusori di controllo dell'opinione, che ci hanno condotto dove ci troviamo adesso? nisotti in un'intervista al Corriere della Sera del 13 agosto, che non ha avuto l'eco che meritava: gli intellettuali italiani «hanno attivamente partecipato alla distrazione del regime esistente, del sistema dei partiti, senza preoccuparsi di quello che sarebbe venuto dopo. Hanno applaudito al grande crollo, senza ammettere di essere stati partecipi di quel sistema»: insomma hanno addirittura creduto di dirigere il «nuovo», dopo aver contribuito da protagonisti alla degenerazione del vecchio sistema. Proprio qui vanno ricercate alcune delle ragioni della '(sconfìtta» della sinistra e degli intellettuali che hanno guidato le danze negli anni passati. E ora che le cose si sono svolte in una direzione che nessuno tra gli intellettuali abituati a calcare la scena è stato in grado di prevedere, nuovi ben più indegni guitti si fanno avanti, dando calci da tutte le parti, impadronendosi di quella stessa cultura dell'effetto e dell'apparenza che proprio gli intellettuali di sinistra hanno contribuito a costruire (in fondo sembra proprio che la destra attuale aspiri a darci un'aggressiva e degradata fotocopia di tutte le peggiori degenerazioni della cultura di sinistra). I guitti del «nuovo» Non vi tocca il sospetto che anche quella cultura apparentemente vittoriosa nel corso degli Anni 80, subalterna a modelli astrattamente «prestigiosi», attenta più alla «scena» che ai contenuti concreti, pronta ad escludere chi non accettava le regole di quella «scena», abbia un po' contribuito a portarci all'indecente rissa attuale, a rimettere in circolo voci che sembravano per sempre sepolte dalla storia? L'ha detto l'estate scorsa, come solo lui sa fare, il vecchio Carlo Dio- Giulio Ferroni

Persone citate: Celine, Eco, Lettera, Pirandello