MUSSOLINI MODISTA CORREGGEVA GARACENI

MUSSOLINI MODISTA CORREGGEVA GARACENI MUSSOLINI MODISTA CORREGGEVA GARACENI battimento dei fascisti. L'uniforme da combattimento ispira poesie di cui poi ci si vergognerà. «Ora sei la gloriosa, decente veste dell'Italia nuova. / Beato chi sia degno di portarti / a capo scoperto, lungo le vie soleggiate», termina la poesia intitolata «Camicia Nera» di Vincenzo Cardarelli, «una brutta poesia, un passo falso di un poeta altrimenti grande». E siccome al ridicolo non c'è limite, un altro poeta, il futurista Fortunato Depero, definisce la camicia nera: «A prova superchimica e superguerriera, elastica nella casa, rigida nella cerimonia, imperforabile nella mitraglia, cucita con i pugnali, abbottonata con i bulloni». Di tanto in tanto si viene a sapere dai giornali che un fascista in fin di vita ha chiesto di essere sepolto con la camicia nera. «Le donne non ci vogliono più bene / perché portiamo la camicia nera...», canteranno come per sfida gli ultimi fascisti di Salò. Per Achille Starace la camicia nera è una categoria dello spirito: la indossa idealmente anche quando, per un motivo o per l'altro, ha dovuto togliersela. Nei Fogli di disposizione fissa le norme relative a questo indumento: «Non è concesso nelle parate sganciare il colletto della camicia nera»; «E' fatto assoluto divieto di rimboccarne le maniche»; «E' fatto assoluto divieto di portare il collo della camicia nera inamidato». Ed è sconcertante che il segretario di un partito si occupi di queste cose, e che lo lascino fare. Dopo aver fatto della camicia nera la divisa del movimento fascista, Mussolini la indossò poche volte. «La portava sotto la giacca e con la cravatta, e soltanto nelle occasioni in cui gli pareva necessario dare l'esempio o adattarsi al look dei camerati». Nei primi tempi, una volta fu visto con la fatidica camicia e con le ghette da Hemingway, che scrisse: «C'è qualcosa che non va, anche sul piano dell'istrionismo in un uomo che porta le ghette bianche con la camicia nera». In abiti civili Mussolini non faceva bella figura. Indossava capi di ve¬ MOLTI sostengono che la prima uscita pubblica dei fascisti con la camicia nera indossata come uniforme è avvenuta a Bologna nel 1921. Nel settembre di quell'anno, infatti, ci fu la marcia su Ravenna delle squadre di Balbo e di Grandi che, in un magazzino bolognese di via Mentana, vide uno stock di camicie nere: pensò di usarle «per conferire ai marciatori qualcosa che ne avrebbe accresciuto l'aspetto marziale», scrive Silvio Bertoldi in Camicia nera, ora edito da Rizzoli. Così fu fatto. E presto la camicia nera (indossata dagli Arditi nella Grande Guerra, scelta da contadini e da meccanici perché «regge lo sporco») diventa un simbolo, un indumento che caratterizza l'ideologia del nuovo partito. Un po' ovunque gli squadristi vanno alle spedizioni punitive in camicia nera, definita da Mussolini l'uniforme da com¬ edizioni dellautore pp. 190. L 18.000 Una donna nell'Iran Anni 60, un reportage tra Teheran e il deserto del Baluchistan subito dopo la caduta dello Scià, prima della rivoluzione khomeinista: un'italiana, un'occidentale, una straniera, insieme partecipe e conflittuale, fra sottosviluppo e integralismo. Contro la schiavitù del velo, anche in Occidente. Ricordando i versi di Khayyam: «Dedica il tuo tempo a togliere la polvere / che offusca lo specchio del tuo cuore». stiario insoliti e con accostamenti bizzarri: oltre alle ghette, il colletto rigido con le punte rivoltate, la bombetta con i calzoni alla cavallerizza. Il diplomatico Mario Pansa, maestro d'eleganza, tentò di insegnargli a vestire, se non con stile, almeno con un minimo di proprietà. Faticosamente riuscì a fargli rinunciare alle ghette, sia bianche che in tinta. Fallì con la bombetta. Scherzando, ma mica tanto, Mussolini diceva che erano rimasti in tre a portarla, «Stanlio, Ollio ed io». E' stato nel 1933, con la definitiva rinuncia del colletto duro a punte rivoltate, che è cominciata la trasformazione di Mussolini da dittatore borghese a dittatore militare. Voleva dare agli italiani e al mondo un'immagine guerresca di sé, e gli armadi di Villa Torlonia andarono riempiendosi di uniformi militari via via modificate o abbandonate. Molte sono entrate nell'iconografia del regime, come l'uniforme di caporale d'onore della Milizia con stivaloni e pugnale, quella di primo Maresciallo dell'Impero con il berrettone a triplice greca, giacche d'orbace e sahariane. Si sa dal suo cameriere Navarra

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