Berlusconi non vi abbandoneremo

Berlusconi: non vi abbandoneremo Il presidente del Consiglio nel Cuneese: «Siete gente forte, saprete risollevarvi da questo disastro» Berlusconi: non vi abbandoneremo «Bastapolemiche, rimbocchiamoci le maniche» CUNEO DAL NOSTRO INVIATO Trema dal freddo, Silvio Berlusconi. E' appena sceso dal bianco DC9 militare che lo ha calato nel cupo pomerìggio cuneese, per un sopralluogo nelle zone più colpite dal «furioso scatenarsi delle acque», come definisce lui l'alluvione. Sotto le nuvole ancora gonfie di pioggia il presidente del Consiglio appare minuto, in tuta blu e scarpe da ginnastica. Si stringe nel giubbottino, il volto segnato, lo sguardo fisso. Non tenta neanche di sorridere, parla fitto fitto con Ombretta Fumagalli Carulli, sottosegretario alla Protezione Civile, impeccabile nel fango con scarponcini e collant rosa, e chiede informazioni ai due ministri «piemontesi» Raffaele Costa e Domenico Cornino. «Faremo il possibile dice, e continuerà a ripetere per tutto il giorno - la gente di qui è forte, l'importante è lavorare uniti». Una sorta di ritornello volto a tranquillizzare innanzitutto se stesso, poi le persone che durante il convulso pomeriggio gli si affolleranno intorno, in disperata, furente ricerca di punti di riferimento. Voleranno anche i fischi, ad Alba, e questi forse proprio il Cavaliere non se li aspettava. «Smettetela con la storia dei ritardi - esordisce il premier all'areoporto di Levaldigi -. E' stato fatto tutto in modo encomiabile, dai volontari e dalle forze dell'ordine. Non è il momento di polemiche, ma di tirarsi su le maniche e lavorare. I fondi per l'alluvione ci saranno. Lo ripelo, quello che si potrà fare, lo faremo». Sembra tranquillo, il Presidente, ma la tensione è a livelli altissimi, rompe gli argini quando un incauto giornalista gli fa una domanda calcistica. «Ma si vergogni!» sbotta lui. «C'ò ben altro a cui pensare oggi». L'elicottero è già pronto, chiesto espressamente da Berlusconi «per vedere dall'alto e rendermi conto bene dello stato delle cose». Si sorvola l'Albese, in uno spettacolo impressionante di strade interrotte, ponti mozzati, campi allagati, case distrutte. L'idea di correre subito sul luogo del disastro è stata sua, del Cavaliere, «e chi doveva venire se non il Presidente del Consiglio?», chiede con una punta di polemica, pronto a rintuzzare eventuali accuse di protagonismo. Ma quando atterra ad Alba, e nella piazza del Duomo piena di fango la popolazione, tradizionalmente tranquilla, lo fischia e urla «Buffoni!», il Cavaliere alza le spalle in uy gesto involontario di difesa, e sembra dire «Perché proprio io?». Più tardi commenterà «E' facile e naturale lamentarsi, purtroppo sono accadimenti che l'uomo non può prevedere né pienamente controllare». Alba è una città in ginocchio, piena di rabbia perché non c'è stato coordinamento delle notizie, né collegamenti di emergenza: gli aiuti della protezione civile sono arrivati tardi e fino alla sera di domenica hanno fatto tutto i volontari. Il sindaco Enzo Demaria, amministratori locali e imprenditori, fra cui il direttore dello stabilimento tessile Miraglio, aspettano con ansia il presidente nella sala municipale. E aspettano con ansia la fine del discorso del premier, che sbircia i dati sulla cartellina ed elegia gli «interventi tempestivi, la dedizione delle forze dell'ordine e dei quasi duemila volontari. Una risposta davvero generosa». Che lancia un messaggio agli imprenditori perché «forniscano tutti i mezzi che la pubblica amministrazione non può fornire. Adesso stiamo col fiato sospeso per la nuova ondata di maltempo». E che tenta una puntata di ottimismo: «L'emergenza e totale ma non più per le vile umane. Questo è un l'atto positivo, che ci tranquillizza». Aspettano con ansia, gli albesi, ma poi sbottano, gli si stringono intorno, lo assalgono quasi fisicamente. «Presidente, siamo disperati. Abbiamo bisogno di aiuto. Manca l'acqua, mancano le strade, le imprese sono a pezzi, non sappiamo a chi rivolgerci, non c'è nulla che funzioni». Toccato in questioni pratiche, l'animo dell'imprenditore si risolleva: «Avete fatto un calcolo di quello di cui avete bisogno? Acqua minerale? Una ventina di autobotti? Va bene, me ne occuperò. Basta, voglio l'unità di crisi subito qui ad Alba, con un funzionario della prefettura per aiutare il sindaco. E manderò prefetti nelle province colpite per seguire singoli settori di intervento. I privati? Possono segnalare a Palazzo Chigi l'offerta di autobotti e ruspe». Berlusconi strappa così l'unico battimani della giornata, e subito torna sul terreno politico: «Mi raccomando, però, evitiamo i contrasti e le divisioni. Non cerchiamo responsabilità o colpe, dedichiamoci alle cose che si possono fare. Mettiamoci una pezza e poi si vedrà». E' scomodo, sentire sulla propria pelle la rabbia collettiva. Berlusconi sceglie la strada dell'elogio, cerca di suscitare l'orgoglio della riscossa. Ripete ancora: «In Piemonte ci sono uomini forti, che sunno affrontare le difficoltà. Gente generosa, che si è guadagnata la prosperità in cui vive, e che saprà risollevarsi da queste difficoltà. A questa gente io ribadisco tutta la nostra vicinanza, l'attenzione e il desiderio di sanare le loro ferite». Poi salta in macchina mentre i ragazzini per strada lo indicano, «Guarda il Berlusca», e via alla Ferrerò, la grande industria dolciaria piegata dall'alluvione. Sulla porta lo aspettano il titolare Michele Ferrerò in stivaloni, accanto a lui i figli Pietro e Giovanni. Si abbracciano, poi Berlusconi, pratico, «Quanti sono i danni?» «Non so, forse più di 100 miliardi», risponde commosso Ferrerò. Intorno i dipendenti cercano di organizzare il ripristino degli impianti, nelle sale abbandonate spuntano dal fango gli ovetti Kinder. Si toma in elicottero, la destinazione è Ceva, ma alla fine i militari devono rinunciare perché la neb- bia ò bassa e comincia a far buio. Si riesce a sorvolare però il fondo valle del Tanaro. Davanti al presidente del Consiglio, sempre più provato, uno spettacolo desolante. Lembi di ferrovia e di strada divorati, ponti abbattuti, con binari sospesi nel vuoto senza sostegno, case, campi e tralicci distrutti. «Prima, mentre volavamo su Alba commenta Berlusconi con il coordinatore regionale di Forza Italia Enzo Ghigo - i danni peggiori sembravano a livello industriale, qui ò impressionante lo stato della viabilità». Non si parla di cifre «anche perché e prematuro quantificare i danni, che sono ingentissimi». 11 premier assicura comunque provvedimenti speciali per le zone più disastrate, stamattina proporrà ai Consiglio dei ministri lo stato di emergenza nazionale. Provvedimento già annunciato ieri sera dalla Fumagalli Carulli, che ha riferito alla Camera sul sopralluogo in Piemonte. L'elicottero atterra a Levaldigi poco dopo le cinque. «Devo dire che sono sollevato, mi aspettavo una situazione ancora peggiore dice Berlusconi, prima di riprendere l'aereo per Roma -. Penso che tutto sia rimediabile, salvo le vite umane. Certo, il problema geologico è grave. Le cause dell'alluvione vanno cercate, oltre che nella fatalità, nel disboscamento e nel proliferare del cemento, del territorio urbano. I governi di prima hanno fatto poco. Ma oggi non è l'ora dei processi, è l'ora del pragmatismo». Il ritornello è sempre più stanco. «Complimenti a tutti per quanto hanno lavoralo. Hanno rivelalo doti eccezionali di generosità e altruismo, speriamo che sia un'avventura che ci si lasci presto alle spalle. Quello che noi come governo possiamo fare, prometto, lo faremo. Meno male che la gente è forte». Già. Raffaella Siiipo Ma Alba lo fischia e lui: non ho colpe sono cose impossibili da prevedere 9 o e n e ':Wk ifiL I : ™ Silvio Berlusconi ad Alba Sopra Gloria, nata a Ceva

Luoghi citati: Alba, Ceva, Piemonte, Roma